Rischiare grosso, il nemico è l’asimmetria

4 Gennaio 2019 di Stefano Olivari

Nassim Nicholas Taleb è probabilmente il saggista più coinvolgente del mondo e con Rischiare grosso – L’importanza di metterci la faccia nella vita di tutti i giorni ha ancora una volta centrato il bersaglio, ispirando riflessioni anche in chi raramente legge di economia, storia e filosofia (ecco, noi di filosofia proprio mai). Quinto libro di una imperdibile serie iniziata con Giocati dal caso e proseguita con Il Cigno Nero, Il Letto di Procuste e Antifragile, anche Rischiare grosso (Skin the game il titolo inglese) ha una tesi forte attorno a cui partono le ammalianti digressioni dello scrittore libanese che si è costruito un personaggio come nemico degli accademici (soprattutto gli economisti) e come creatore di espressioni di successo planetario, su tutte quella ormai abusata di Cigno Nero, titolo del più bello dei suoi libri (che si possono leggere anche non in ordine di pubblicazione). Ex trader di successo, in proprio o come gestore di hedge fund, ma anche spesso insegnante nelle odiate università, Taleb prova a mettere nelle sue opere divulgative la passione divorante per l’economia applicata alla vita, che poi dovrebbe essere la ragion d’essere dell’economia, e anche in quest’ultima regala pagine memorabili.

Il grande tema di Rischiare grosso è quello della simmetria nelle vicende umane, simmetria (o asimmetria, a seconda dei casi) intesa in senso etico. E cosa c’è di più etico della reciprocità? In altre parole, se vuoi o devi correre dei rischi non puoi scaricare i costi dei tuoi fallimenti sugli altri. Concetto scontato sui mercati finanziari, dove la ricerca del rendimento corrisponde all’aumento dei rischi presi, ma un po’ meno scontato in altri settori che il concetto di reciprocità lo mitigano o addirittura lo rifiutano: la politica, che i suoi errori li fa pagare ai cittadini virtuosi del presente e a tutti quelli del futuro, il mondo accademico, quello giornalistico e dei cosiddetti esperti. Per Taleb se tu dai un consiglio a una persona che poi questo consiglio lo segue, hai l’obbligo morale di subirne anche tu le conseguenze: “Non dirmi cosa pensi, ma solo come hai investito”. In altre parole, se l’impiegato di banca di consiglia di investire in obbligazioni congolesi ma poi non è partecipe dei tuoi successi (con un bonus datogli dalla banca o con una percentuale dei tuoi utili) o dei tuoi fallimenti (con il licenziamento o una qualche forma di indennizzo) allora dal punto di vista etico il suo consiglio vale zero. Non ci ha messo la faccia, il risultato gli è indifferente.

Chiaramente ci sono interi settori in cui si può tirare a campare senza mai pagare dazio: il giornalista sportivo può spiegarci per settimane perché Ibrahimovic tornerà di sicuro al Milan e perché sua moglie è innamorata di Milano, ma se Ibra poi rimane a Los Angeles si va avanti come prima fino alla prossima bufala. In una minoranza di ambienti, invece, l’errore è molto spesso condiviso: si può citare la medicina, per non andare sulla solita finanza. Anche lì l’accademia è onnipresente, ma ha un confronto costante con l’evidenza empirica. Cosa che non accade in economia, dove ricette fallimentari hanno rovinato intere nazioni ma non impedito di prendere premi Nobel, o in politica dove addirittura si può davvero sempre dire (e molti lo hanno detto, a giudiziosa distanza dai fatti) che l’idea era buona, nonostante milioni di morti e atrocità di ogni genere. E cosa che non accade, Taleb ne parla diffusamente, nel mondo indefinibile delle beneficenza, anche in quella in buona fede. Dove si ha la pretesa di disporre del tempo, dei soldi e delle vite del prossimo con la spiegazione tautologica del genere ‘È giusto perché è giusto’, senza pensare alle conseguenze a lungo termine.

Il tema centrale è quindi quello di simmetria e reciprocità, mentre quelli collaterali sono l’incertezza della conoscenza, la condivisione delle informazioni nelle transazioni e la razionalità in un sistema complesso come il mondo reale. Non anticipiamo le conclusioni di Taleb per non togliere il piacere di perdersi nella sua lettura e negli squarci controintuitivi che apre. La summa filosofica della simmetria sarebbe in realtà già contenuta nel codice di Hammurabi, più volte citato: “Se la casa crolla provocando la morte del proprietario, allora il costruttore della casa verrà messo a morte”. Ecco, se tutti pagassero le conseguenze dei loro ordini, dei loro consigli, delle loro sermoni ‘a fin di bene’ la vita degli individui sarebbe migliore o comunque meno esposta alle probabilità di un disastro. In quest’ottica il mitico consiglio disinteressato, da molti considerato un valore, è in realtà un grandissimo pericolo: se uno non è coinvolto nel rischio non può essere credibile. Magari dice una cosa giusta, ma non è credibile. Interessanti anche i ragionamenti sulle religioni, che non possono essere senza rischio per essere definite religioni. Una fiacca preghiera, senza mettersi in gioco, non può avere un valore e nel capitolo ‘Gli dei non amano i gesti a buon mercato’ Taleb spiega chiaramente perché. Eccezionali le pagine sui venditori della propria virtù, ma nonostante le mille parentesi aperte, con riferimenti alla tante culture che lo hanno formato, l’autore sa tenere la direzione con maestria e arriva al suo obbiettivo per così dire filosofico: secondo Taleb la vita senza rischio, che non è fare paracadutismo ma metterci la faccia in ogni cosa che si fa, non può essere definita vita. Come le quattro opere precedenti Rischiare grosso, in Italia edita da Il Saggiatoreè da leggere e rileggere, anche pescando a caso un paragrafo. Non crediamo alla retorica sui libri che cambiano la vita, anche se qualcuno in effetti ce l’ha cambiata (a noi è accaduto con Celine e Rino Tommasi), ma quelli di Taleb hanno il potere di farcela vivere.

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