1994 Sky, l’anno di Berlusconi

25 Settembre 2019 di Indiscreto

1994 sarà trasmesso da Sky a partire da venerdì 4 ottobre. La terza e ultima stagione della serie con Stefano Accorsi-Leonardo Notte protagonista sarà da noi recensita non appena l’avremo vista: per il momento il voto è 10, vista la confermata presenza nel cast di Miriam Leone (ma non abbiamo visto il nome di Tea Falco, purtroppo). Di certo il protagonista assoluto, nel bene e nel male, sarà Silvio Berlusconi e non potrebbe essere altrimenti.

Dalla discesa in campo come leader di Forza Italia, con il leggendario video del 26 gennaio 1994 (“L’Italia è il paese che amo…”), alle travolgenti vittorie alla Politiche e alle Europee, passando per la doppietta scudetto-Champions del Milan di Capello, la presidenza del Consiglio, l’avviso di garanzia recapitatogli al G8 di Napoli e il ribaltone sul finire dell’anno, con il tradimento da parte di Bossi e le basi per il cosiddetto governo dei tecnici capeggiato da Lamberto Dini, che di Berlusconi era stato ministro del Tesoro e di Prodi sarebbe stato ministro degli Esteri.

Ma cosa volevamo dire? Ah sì, che secondo noi il 1994 è stato l’anno più importante di tutta la storia repubblicana. Non solo perché è stato quello della vera fine della Repubblica, con la quasi scomparsa elettorale del vecchio PSI e la totale scomparsa della vecchia DC (diventata, anzi ridiventata, Partito Popolare, con leader Martinazzoli, pochi giorni prima del discorso di Berlusconi), mentre il PDS ex PCI di Occhetto sopravviveva con l’alleanza progressista e con numeri molto simili a quelli del PD odierno.

Il 1994 è stato un anno dal peso specifico enorme perché ha dato il via alla personalizzazione della politica, con il leader ad avere un’immagine superiore a quella del suo stesso partito o coalizione: Berlusconi-Forza Italia, Bossi e poi Salvini con la Lega (che con Maroni era al 4%), Prodi-Ulivo, D’Alema, Veltroni e Renzi con PDS, DS e PD, Grillo-5 Stelle, Di Pietro-Italia dei Valori, Monti-Scelta Civica, Fini-AN, Meloni-Fratelli d’Italia, eccetera, fino alle vette toccate con Conte, leader di un non partito, e di Renzi con Italia Viva.

Parlare male di questi 25 anni è un po’ un birignao giornalistico, senza memoria di chi ha creato il debito pubblico (dai primi anni Novanta ad oggi l’Italia, di destra e di sinistra, è in super avanzo primario) e l’immobilismo di questo paese, mascherato da contrappesi democratici e paura dell’uomo forte. Con tutto il rispetto per chi rimpiange Andreotti e Berlinguer, a noi questa politica più diretta e comprensibile, paradossalmente più onesta nella sua ricerca del potere, è piaciuta più di quella vecchia e ipocrita arrivata male fino al 1994.

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