L’eresia dell’Uleb

Categorie: Basket, Vuoti a perdere
Oscar Eleni al tavolo dell’osteria Utopia, Milano della nostra gioventù,angolo viale Lombardia e via Vallazze, fra le cianfrusaglie della libreria Baravaj (la Recherche di Proust a 100 euro), cercando un tavolo fra gli amici che hanno voluto festeggiare Arturo Kenney, il numero diciotto, il rosso vero dell’Olimpia ottantenne che deve avere perso la memoria se fra quei tavoli non c’era nessuno della società moderna. La beneamata dai ricchi e potenti che sembra l’unica in Italia quasi sicura di schivare gli strali infuocati di Petrucci, presidente federale, e Malagò, capo dello sport nazionale nel nome del Coni, per il bacio che durerà dieci anni con l’Uleb di Bertomeu che il Baumann, motore Fiba, vorrebbe mettere all’indice e, secondo una tradizione dittatoriale, mettere anche al rogo per aver colpevolmente dato una grande manifestazione al basket di club, gestendola bene per quindici anni, lavorando per dare alle società anche un guadagno che né la federazione mondiale, né i campionati nazionali daranno mai. Nel nome delle loro rose questi nuovi Bernardo Gui, ce ne sono di estrazione diversa, inquisitori dal feroce artiglio, si preparano a sanzioni esemplari nella comica fra bue ed asinello su chi è più cornuto. Siamo spaventati da tanta arroganza regolamentare pro domo loro, anche se bisogna sentirsi fieri perché questo basket che, voce televisiva, non fa quasi mai più dell’1 per cento di share, se questo sport da pagine interne, senza una prima pagina da anni, salvo che per fallimenti, arresti, condanne, è diventato così importante da poter condizionare il voto di Baumann, il nostro Pompeo dei canestri, per l’ammissione di Roma al ballottaggio che poi assegnerà le Olimpiadi del 2024. Sapendolo prima di avere queste carte in mano avremmo consigliato al piccolo basket de noantri di puntare tutto. Eh no, cara gente. Fino a ieri il basket italiano era da medio mondo, dietro a tantissime nazionali, bistrattato spesso, senza un arbitro a rappresentarlo nelle prossime olimpiadi a Rio. Adesso, ohibò, è diventato il famoso ago della bilancia demagnetizzato con questi fuggiaschi verso la piana dell’euro, come le ribelli Reggio Emilia, Trento e Sassari da ardere nell’orrendo foco dell’eresia. Milano? No, è ribelle ma soltanto un po’, come quella ragazza che voleva mascherare di essere gravida. Armani, cara gente, sostiene una grande idea, una società pluriscudettata, poi veste anche le rappresentative olimpiche. Vorremmo andare avanti, ma come con le notturne del tubo catodico dove non è bello ciò che dovrebbe essere bello, ma deve diventare bellissimo quello che ci raccontano i piazzisti del prodotto già venduto, queste decisioni dei prossimi giorni, mettendoci dentro anche la partita di ritorno fra Milano che dovrà rimontare 10 punti alle Aquile trentine in stato confusionale nel campionato dove non vincono da tanto tempo anche se hanno una squadra più forte di quella per la coppa che ha creato questo scisma europeo e minaccia di essere l’origine di un terremoto con anatemi, squalifiche, fustigazioni pubbliche, squadre costrette a portare la maschera dei soddisfatti anche se mai rimborsati, insomma in questa fase dove si gioca allo schiaffo del soldato dei Soliti Ignoti preferiamo rimandare giudizi quando vedremo le “pene”. Adesso preferiamo stare nel mondo che ci fa sembrare così freddo e metallico questo di oggi, anche se pure nel passato c’era chi non si presentava alle feste, alle cene, ai carnevali della vita fra i canestri, senza compenso, mai, di sicuro, dovendo tirare fuori un tallero. Per Arturo ci volevano 20 euro se ti fermavi a cena e il rosso ci ha messo 2 euro per ogni amico rimasto alla tavola. Non c’erano quelli di oggi. Meglio, tanto cosa avrebbero potuto dire se non commentare, vedendo le immagini del passato, che quel basket andava al rallentatore? E si sarebbero indignati se qualcuno avesse detto che l’arresto a tiro di Brumatti funzionerebbe anche adesso con difensori adesivi e salterini, se il partito di Basilio, sulla bilancia un dirigente di questa qualità, sensibilità, ironia e realismo, non trova nessuno che oggi pesi come ha pesato lui o un Cappellari, un Gualco, un Sarti, un Porelli, un Parisini, un Acciari, insomma c’è una lista lunga e urticante per questo piccolo esercito di Liliput che su certi personaggi ironizza per paura: "Bulgheroni chi?" Lo sice anche oggi chi teme che possa davvero essere il nuovo presidente di una Lega che dovrà scegliere fra lui e un Recalcati in rimonta. Alle salse vegane di Utopia scoprendo che per Jura c’era almeno il doppio dei nostalgici, un segnale che dice molto sullo stato del basket nella Milano di oggi, con le sue nostalgie anche se l’Olimpia 2016 è dominante, governata da un Repesa che sembra davvero il driver di Tornese o di Varenne, insomma capace di misurare ogni tipo di soggetto, magari facendosi sorprendere per i tempi amnesia, dopo i tempi del furore, tipo il 25-9 contro Cantù senza torre, puntando tutto sulle corse che contano davvero: certo gli è sfuggita la grande Europa, potrebbe rischiare anche in quella piccola dove restano soltanto Aito e il Gran Canaria a far più paura della Trento vagotonica di Buscaglia, ma intanto ha in tasca la coppa Italia e, per lo scudetto, servirebbe un miracolo degli altri anche se Reggio Emilia è proprio bella, per quello che sa proporre ogni settimana, se questa Avellino dovrebbe tenere tutti all’erta, forse più della bella Cremona. In sala scommesse siamo , per le sfidanti di Armani, sulle quote che davano in Inghilterra al Leicester di Ranieri. Tornare al venerdì fra le nostre cianfrusaglie, certo meno nobili dei tanti libri esposti fra le tisane e i la teina inglese del Baravaj, sogghignando quando pensiamo che il basket che fa tremare il Coni, incazzare Baumann, è quello che multa le società per mancanza di acqua calda negli spogliatoi, quasi sempre quelli degli arbitri, per guasti ai cronometri ai segnalatori, per il rosario degli insulti, una pallacanestro che non si vergogna quando la telecamera inquadra il “tifoso ospite” nella gabbia di palazzi mefitici per ordine dell’autorità che nessuno di questi dirigentoni riesce ad incontrare cercando di far capire come stanno le cose anche se non è facile cambiare la testa (sulla cultura sportiva basta andare a vedere i genitori in guerra per le partite giovanili) del tifoso oltre, quello che insulta tutto e tutti, che ti chiede cosa vai a fare al palazzo se non salti, insulti, ti agiti soltanto quando il gioco ti prende e ti esalta davvero. Serata di magia vedendo nascere davvero l’idea di un museo del basket milanese così come vorrebbe e sogna il dottor Papetti, come stanno cercando di fare i Gurioli e il gruppo che, per ora, ha un bel distintivo, non una sala per esporre, per incontri, per far vedere i filmati che stanno negli archivi della Rai. In onore di Arturo ne abbiamo visti volentieri tanti, non era sempre lui in scena, ma c’era luce anche su campi oscuri, parquet spesso con righe invisibili o confuse come quelle di oggi a Reggio Emilia. Per onorare Arturo vecchi compagni della zona: Cerioni in forma 1972 anche se ne ha passate tante, Paolo Bianchi e il suo stile inconfondibile anche quando non ha voglia di perdonare (noi sul libro nero per non aver risposto alle sue note sul libro per i 70 anni di una vita con poca aurora boreale pensato da figlie amici fin troppo carini, una grande idea a cui, però, non abbiamo dato e non daremo risposta perché stiamo ancora meditando sul vero e falso di chi ha scritto, come direbbe Nino Frassica, Longhi, Ongaro,il Fabbricatore opinionista pungente, il dottor Cavallini che ha sognato di vederci schiacciare saltando sulle spalle di Arrigoni. Il maestro Gamba, Faina, Cappellari, don Zaninelli col fratello. Il “nemico“ più simpatico di ieri, il Natale fisioterapista dell’anima per quelli che Rubini chiamava gli “straccioni”, ottant’anni con una battaglia finale che vuole vincere, a dir la verità sembravano più a pezzi tanti altri rispetto a lui che sulla chemio fa calare la mannaia come quando vendeva carne pregiata. Poi c’era Pierluigi Marzorati che al leone tirava la coda da ragazzino, unico rappresentante dei rivali di ieri. Nostalgia canaglia? No. Voglia di stare ancora insieme? Forse. Certo siamo stati bene e, come dicevamo alla Stella moglie del sciar Gamba che, facendo sorridere la figlia di Marco Cassani, rimproverava le troppe assenze, difficile sintonizzarsi con chi ha vita così facile nell’essere scortese adesso che bastano le trombe del loro carnevale tutto l’anno, dove te la spiegano senza farsi capire, dove vorrebbero essere saggi senza esserlo perché i fatti ci dicono che qualcosa non funziona se in questa meravigliosa ricostruzione della Versailles che ci fu davvero si cambiano, ogni anno, uomini. Probabilmente chi ha scelto non è poi stato così bravo. Rimandando tutto ai prossimi giorni, prima vogliamo vedere dove si spingerà chi, comicamente, davanti ad una difesa sulla libertà di imprenditoria sportiva dell’ULEB, che vorrebbe un giudizio dagli stessi che scombussolarono il mondo sportivo con la Bosman, pensa di fare lo stesso rivolgendosi alla giustizia. Reato? Ah saperlo, a meno che pretendere di avere una società senza rimetterci, sperando di guadagnare qualcosa, pianeti distanti anni luce dal Calcio e da Infront, non sia il nuovo reato. Certo si possono squalificare tutti, ma poi chi dovrebbe pagare gli stipendi ai giocatori nel periodo in cui questi sono convocati in Nazionale? Altro mistero che già faceva litigare ai tempi di Scuri 1960 e si viveva nel dilettantismo mascherato. Pagelle tanto per distrarci un po. 10 Al TAMBERI campione del mondo di salto in alto indoor che non dimentica mai di ricordare a tutti che se avesse trovato la gente giusta sarebbe stato un cestista. Al PASCUCCI pesarese che lo ha invitato a vedere le partite di Houston, dove lui lavora dopo le pareti lisce trovate in Italia, fra il salto d’oro e il rientro. Voto che dovrebbe calare se davvero il POLONARA corregionale dovesse tentare con il salto in alto per amicizia col campione proprio adesso che dovrebbe concentrarsi con quello che non fa più umilmente sul campo. 9 A Giorgio PAPETTI non tanto per aver riaperto il caso Sales dopo 40 anni, una congiura con tanti Bruto che ancora adesso fingono di non sapere perché il barone perse il posto alla Mobilquattro di Caspani, quanto per questa idea del Museo sul basket milanese. La speranza è che ci siano tanti volontari al suo fianco e tanta buona volontà in chi dovrebbe ascoltare, cominciando da chi governa e governerà la città. Ogni città un suo museo cestistico. Potrebbe ovviare a questa mancanza di fede e di fondi per la Casa della gloria del basket italiano che aspettiamo da tempo. Possibile che non si trovi un mecenate, uno che aiuti senza fini di lucro? 8 Ad Arturo KENNEY che non dimentica una parte importante della sua vita di atleta e di sportivo, che rappresenta il tipo campione che vorremmo sempre incontrare anche nello sport di oggi. Certo ti ossessiona se prende in mano il pallone e parla soltanto lui, ma questo entusiasmo contagia e la ricerca di amicizie, foto, ricordi ce lo renderà sempre caro come il barone Schull per i bolognesi, magari non soltanto della Fortitudo. Lui e i suoi amici pescatori, lui e le ricerche su Jim McGregor perché possa entrare nella Casa della gloria del nostro basket alla prossima elezione come si è raccomandato con Sandro Gamba. 7 A Roberto MALTINTI per lo stile, l’ironia con cui ha discusso pubblicamente quando l’assessore Bartolomei di Pistoia futura ha detto che il pala Carrara dovrebbe essere sistemato dai privati. Sempre a lui per la difesa di una squadra che ora sente la fatica e perde abbastanza perché il suo miracolo lo ha già fatto. Con la salute Esposito potrebbe rimetterla fra le otto finaliste, ma già così è tanto avanti e, per carità, non se la prenda troppo se qualcuno comincia borbottare. Non esistono isole felici dove la gente valuta per quello che vali realmente, qui al bar sport tutti vedono doppio. 6 A TORINO e VITUCCI che ci hanno ricordato che la loro corsa in serie A non è ancora finita anche se manca così poco e ci sono 4 punti da rimontare sulla penultima. Certo ha ragione Paolini di Pesaro quando dice che la retrocessione è “schifosa” a prescindere ed è quella che sembra stimolare la fantasia di chi, come monaci fustigatori della Fiba e della Fip difende campionati nazionali che hanno un senso diverso oggi che parliamo di Europa. Cambiare mai? Cercare soluzioni per la base e il vertice costa così tanto e brucia così tanto? 5 A PARIGI se davvero dovesse essere preferita dai Baumann e dai membri del Cio per la candidatura olimpica del 2024 soltanto perché la sua federazione di basket ha preso tempo nella questione che divide oggi ULEB e FIBA. Noi pensavamo che Roma, o Parigi, o le altre candidate, dovessero essere scelte per quello che propongono come impianti, progetti, organizzazione, non per la diaspora di piccole società cestistiche in perdita costante. 4 Al GERASIMENKO, nuova luce e nuova forza per il basket di Cantù, se continuerà a dividere questo piccolo mondo. Molti sorridono e criticano se, da ex giocatore e padrone, si avvicina ai giocatori prima della partita cercando di spiegare cosa vorrebbe vedere. Altri lo applaudono per questo calore e partecipazione. Insomma c’è una santa guerra che comunque lo tiene al centro del mirino più di una squadra che è vicina ai play off ma potrebbe anche mancarli. Vedremo cosa succederà il giorno dopo, dicono gli scettici, lo urla chi si aspetta che il Pianella venga finalmente rifatto mentre la nuova squadra proverà a cercare spazio in quel di Monza dove, e ti pareva, sembra che la pallavolo non voglia avere una vicina così invadente per le ore di lavoro in settimana. 3 Al CERVI di Avellino in crescita costante nel giardino del Pino Sacripanti se farà soltanto un passo indietro quando chiederemo a gran voce che Messina prenda in considerazione lui ed Abass, nella speranza che quando dovrà scegliere i registi non creda a chi dice che basta la simpatia. 2 A Paolo MORETTI che anche quest’anno metteremo personalmente nella lista degli allenatori da premio come Esposito, Pancotto, Sacripanti se dovesse mettersi a discutere con la dirigenza di Varese dove, soltanto adesso, dopo avergli affidato una squadra fra le più deboli, sembrano convinti che gli uomini che hanno lavorato davvero dentro il campo, di fianco ai giocatori, hanno fatto molto più di quello che meritava una società senza sostanza, non soltanto economica. 1 Alla FIBA per questa inspiegabile battaglia andando a cercare dove altri hanno dimostrato di saperci fare. Nel nome delle società e del basket. Ora perché occuparsi di questo con tutte le altre cose da fare, con la parte tecnica ancora da risistemare? Se ci dicono che l’Italia pagherà l’ammutinamento in sede di ballotttaggio olimpico come si potrà mai credere che chi ti sta davanti e dice di voler lavorare per il bene comune lo faccia davvero? 0 Al GALLIANI tifoso di basket, grande mogul del calcio, perché con tutto il suo potere non riesce davvero a sfalsare le partite teletrasmesse fra il suo Milan e quelle dell’amatissimo Emporio Armani nuova incarnazione di quello che era il Simminethal della famiglia Sada felicemente sposata ad Adolfo Bogoncelli. Alla fine dell’anno vi proporremo il dossier su questa gara masochistica a chi piscia più lungo, per una sfida impari imposta chissà da chi e chissà perché.