L’estate del 1985 sta finendo
L’estate del 1985 è stata musicalmente parlando una grande estate. E non solo musicalmente, se dobbiamo dirla tutta, soprattutto per chi come noi usciva dalla scuola media pronto ad annate scolasticamente e amichevolmente epiche. Ma veniamo al punto. Per cominciare, estate musicale voleva dire Festivalbar, la mai troppo compianta manifestazione ideata da Vittorio Salvetti, che quell’anno fu vinta dagli splendidi
Righeira con la storica
L’estate sta finendo, simbolo incontrastato di un anno che se ne va per diventare purtroppo più grandi. Impossibili da battere nei juke box così come nelle radio, i due ‘fratelli’ Michael & Johnson arrivati alla playa con un po’ di dinero si acconciarono per le feste con tanto di sax e languidi brividi abbandonando lo spagnolo dei successi precedenti e virando sulla lingua italiana per una hit perfetta e senza tempo. L’estate 1985 fu poi ancora una volta anche quella di
Vasco Rossi che con l’album
Cosa succede in città si confermò mito generazionale giocando la carta della dolcissima
Toffee (che all’epoca scegliemmo come nome per una gattina da record) ad accompagnare le notti tra falò, spiagge e praterie dei giovani italiani. Ben posizionata trenta anni fa era poi anche
Fiorella Mannoia che con il pop melodico firmato Mogol/Lavezzi di
L’aiuola riuscì a ritagliarsi una buona attenzione di pubblico prima della definitiva ‘virata autorale’ che la vedrà successiva protagonista acclamata dalla critica più pretenziosa. Ma per noi quell’estate fu anche
L’ultima poesia di
Marcella e Gianni Bella (celebrato di ricente su Indiscreto), splendido esempio di canzone italiana con aperture degne della migliore scuola e uscita dal Disco per l’estate (altra manifestazione storica, vinta quell’anno da
Tony Esposito con
As to as e la voce di Gianluigi Di Franco) e la classe di
Alice con la sua interpretazione di
Prospettiva Nevskij, mentre
Mango si affermava definitivamente buttando nella mischia l’originale e magnetica
Australia contenuta nell’omonimo album. Poi c’era tanta italo disco, capitanata nel 1985 da una pattuglia infinita di smash hits estivi. In ordine sparso
Camel by camel di
Sandy Marton, di cecchettiana produzione così come
I love my radio di
Taffy,
Why me dei
Novecento pre svolta fusion jazz e con la voce di Dora Carofiglio a svettare, l’irlandese
Baltimora con l’iconica
Tarzan Boy, fino a un altro simbolo e immagine di quella fase storica:
Den Harrow con
Future Brain. Solo ad elencarli vengono i brividi, consci o perlomeno timorosi che un periodo così florido non tornerà mai più. E non solo dal punto di vista delle produzioni italiane che sposavano ritmo, melodia e suoni sintetici, considerato che dall’estero l’etere estivo fu preso d’assalto da brani del calibro di
Don't you (Forget about me) dei
Simple Minds,
Money's too tight to mention dei
Simply Red e
Slave to love di
Brian Ferry. Se eravamo ovviamente in piena epoca duraniana (dominio assoluto di
A view to a kill) e paninara, e con una
Madonna in grande forma (
Into the groove girava alla grande, da Like a virgin), a vincere la palma di tormentone estivo fu secondo noi
You spin me round (like a record) dei
Dead or Alive, produzione Stock, Aitken & Waterman considerati poi dei maghi del genere, più ancora di 19 di Paul Hardcastle. Nel 1985 il vento non spirava tuttavia solo dai confini anglosassoni, se pensiamo a
Duel dei
Propaganda o a
Samurai di
Michael Cretu. E mentre vera meteora delle classifiche mondiali furono gli austriaci
Opus di
Life is life (in realtà tuttora attivi), per chiudere il ricordo di quella estate meravigliosa ci viene da intonare
Poco più di niente di
Enrico Ruggeri. “Non c’è più l’ombra di un sorriso...”. Proprio vero, a pensarci bene.