Adidas Stan Smith, un classico che non se ne era mai andato

Categorie: Economia, Moda, Tennis
  Dai campi di tennis degli anni Sessanta alle terraces dei casuals negli stadi di tutta Europa negli Ottanta. Fino ai piedi dei clienti casuali di oggi, che non è la stessa cosa. Le Adidas Stan Smith sono tornate con furore, ma non se n’erano mai andate. Sono dappertutto come e più di prima, quando negli anni Ottanta diventarono un must per i casuals di tutta Europa. Da 53 anni icone del tennis, da 46 ai piedi di sportivi e non sportivi nei centri commerciali e nei negozi di sportswear più trendy del mondo. Le abbiamo incontrate allo stadio, sul tram e in diretta via satellite da Hollywood. Oggi le vediamo davanti alle scuole, ai concerti e sempre sul tram (resistono anche lì). C’è chi ci ha messo dentro due candelotti di esplosivo e le ha fatte saltare per aria su You Tube, e probabilmente ne abbiamo un paio in casa finite chissà dove. Se esiste un modello di scarpa sportiva che può ambire al titolo di Classico Definitivo, quel modello è l’Adidas Stan Smith. I motivi sono più di uno, e vengono tutti da lontano. L’ALTRO NOME - Le Adidas Stan Smith vedono la luce nel 1964 come Adidas Haillet, scarpe tennistiche realizzate in collaborazione col celebre tennista francese Robert Haillet. Caratteristica principale: sono il primo modello di scarpa da tennis interamente in pelle, in un periodo in cui la tela è ancora il materiale di riferimento. Dal punto di vista estetico si punta alla sobrietà: non ci sono le classiche tre strisce sulla tomaia, che vengono sostituite da tre file di fori per la ventilazione. La scarpa è completamente bianca, in ossequio alla legge non scritta che vuole il bianco come colore d’obbligo dei tennisti DOC (anni dopo Tacchini e Lacoste infrangeranno la regola). Rispetto al modello che conosciamo oggi, inizialmente la suola è leggermente più alta - specie di progenitrice delle suole antishock - e il caratteristico trifoglio sul tallone non c’è ancora. In una prima versione tuttora ricercatissima dagli appassionati del vintage, sul lato esterno è stampato il nome di Haillet. Protezione, morbidezza, efficacia: ai tempi, l’Adidas Haillet ha tutte le caratteristiche del classico istantaneo, ma poi cambia qualcosa. Il nome, innanzitutto. STAN SMITH - Nel 1965 inizia il rapporto di collaborazione tra Adidas e Stan Smith, tennista statunitense sulla rampa di lancio verso un futuro da star. Sul campo Smith mantiene le promesse: classe 1946, dopo avere conquistato per tre volte il titolo di All American, nel biennio 1967-68 è campione NCAA nel singolo e due volte nel doppio. Vince anche a Wimbledon e all’ Open USA: nel 1972, Stan Smith è il numero uno. Dopo avergli fornito un modello di Haillet che Smith usa in campo, nel 1971 l’Adidas - col tennista all’apice della carriera - lancia sul mercato il modello ribattezzandolo Stan Smith. Differenze: il nome sulla linguetta, il trifoglio sul tallone (su sfondo verde, poi blu, nero e infine anche rosa) e in seguito la scritta Adidas in rilievo sul fianco. Lo stesso modello che è arrivato senza troppe modifiche fino a oggi, con qualche variazione sul tema. DAGLI SPALTI - Le Stan Smith sono un instant hit in ambito strettamente sportivo. Negli anni Settanta la mania dello sportswear tecnico non ha ancora invaso strade e vetrine, e la scarpa sportiva - quella da tennis e/o basket - resta in tela: Converse All Star e Superga (in Italia) il prototipo. L’impulso iniziale, che si trasformerà in un’ondata imprevista, parte dall’Inghilterra intorno a fine 1978. Gruppi di ‘gente da stadio’ misti a fans della scena musicale post-new wave in primis nelle province delle Midlands e in città come Manchester e Liverpool (vedi l’essenziale film ‘Awaydays’) si fanno notare per un vestiario che abbina marchi di casual wear ad alto costo a vestiario e scarpe di estrazione tecnico-sportiva. Due regole tassative: 1) i marchi devono essere difficili da reperire, meglio se italiani (omaggio post-mod al concetto di eleganza biancorossoverde, dagli anni Sessanta un classico tutto british); 2) i capi vengono preferibilmente trafugati dai negozi: i casuals in genere hanno pochi soldi e l’acquistarli è segno di una disponibilità economica irrimediabilmente out negli ambienti che contano. Inizia la leggenda di Fila, Tacchini, Head e delle loro serie limitate abbinate a capi sportivi classici maschili come Pringle, Aquascutum, Burberry, Barbour e altri (la rivoluzione tecnologica inaugurata a inizio anni Ottanta da Massimo Osti con CP Company e Stone Island in seguito spariglierà le carte). In principio nelle sottoculture legate a doppio filo alla musica le Stan Smith hanno generalmente una valenza anti-rock (dal post mod all’elettronica, in contrapposizione alle Converse All Star, un classico dal frat rock al punk, ma le cose cambieranno in futuro) e sono predilette a causa della difficile reperibilità in Inghilterra. Dopo un iniziale periodo di adozione delle Adidas Samba, diventano le scarpe d’ordinanza per il loro aspetto semplice e sobrio: lo stile si spande a macchia d’olio in Europa, anche in contesto non da stadio. In Italia si trovano dappertutto, con tutti i marchi agognati a portata di mano: da noi e in Germania saranno decine gli inglesi in trasferta arrestati per furto nei negozi di sportswear. Le Stan Smith diventano uno dei primi veri casi di classico non imposto da campagne pubblicitarie a tappeto ma nato dalla strada, prassi in seguito inseguita e fagocitata con alterni risultati da pressochè tutti i marchi di sportswear. Per Adidas è una manna: a fine 2 le Stan Smith oltrepassano i 30 milioni di paia vendute nel mondo, record che viene celebrato con una t-shirt a tiratura limitata (omaggiatami all’epoca nel corso di una visita a un magazzino dell’azienda. La conservo tuttora). NUOVO E REMAKE, PRO & CONTRO - Le Stan Smith rimangono in produzione fino alla fine degli anni Novanta. Dopo uno stop di qualche anno, nel 2000 vengono riproposte nella serie Millennium e in decine di colori e varianti che fanno infuriare i puristi, per i quali il bianco dell’originale è sacro (“Dark shirt, white shoes”). Dopo l’insipida versione velcro d’inizio anni Novanta il susseguirsi di modelli di ogni tipo arriva a oggi: alte, a scarponcino, a punta all’insù, in mesh, tela e in nuove guise e colori che fanno inorridire i fondamentalisti. Anche di fronte alla riproposta della versione classica i fedelissimi storcono il naso: la pelle utilizzata è troppo rigida, la suola un po’ troppo bassa e la calzata troppo stretta. Da qui la frenetica ricerca di paia vintage, quelle degli anni d’oro 1971-0: il web pullula di specialisti. Tra i modelli più quotati le originali Robert Haillet, le Stan Smith con il volto del tennista stampato in oro e quelle con dicitura Made In France. Esagerazioni a parte, i pregi delle Stan Smith fabbricate almeno fino al 2005 superano probabilmente i difetti. Vero, il tipo di pelle utilizzato nella versione post-2000 è un po’ rigido, ma forse è più robusto. Vero, la suola è leggermente più bassa rispetto all’originale, ma si tratta di millimetri. Vero, la calzata è un po’ stretta (un numero in più è consigliato), ma almeno fino a un certo periodo si è trattato di una caratteristica Adidas in generale e non delle Stan Smith in particolare. Il prezzo non è di quelli inavvicinabili (intorno ai 70 euro, di solito), e a volte nell’outlet fortunato può capitare di trovarle a 30 e anche meno (mi è successo in due occasioni). Il fatto che si trovino facilmente e siano alla portata di tutti non detrae dallo status di vero classico, nonostante il no-no del reducista casual da medaglia sul petto, passato nel frattempo ad altri marchi e inorridito dall’accoppiata unisex Stan/pseudo parka moderno verde in voga negli ultimi tempi. LESS IS MORE - In negozio è la prima cosa che salta all’occhio: ogni marchio sportivo ha prodotto la sua versione di Stan Smith: da anni le griffe concorrenti hanno invaso il mercato (persino Hermés), e questo è il vero tributo. L’appeal imperituro del suo minimalismo fa pensare che in questo caso abbiano ragione i fautori delle teorie alla Jill Sander del Less Is More (meno è meglio). Di sicuro non hanno avuto torto gli ideatori del modello insieme lui, Stan Smith. Il quale a 71 anni vive felice e contento nel South Carolina dispensando consigli e incoraggiamenti ai giovani tennisti. E che forse dovrà precisare ogni tanto di essere una leggenda del tennis, e non un designer di sportswear.