Non volevamo Micov la luna

Categorie: Cantucky
La inescusabile sconfitta della Bennet Cantù contro la Scavolini Pesaro, che da questa sera incrocerà le spade con l’Armani Milano a caccia della finale scudetto del campionato di basket, porta le stimmate della grandezza. Meglio la nobiltà della sconfitta che la vergogna di non aver neppure lottato. Ma le energie, sabato sera, se n’erano andate da un pezzo; le assenze di Shermadini e Micov (quest’ultimo tristemente in panca senza neppure togliersi la tuta: segno evidente della resa) erano diventate fardelli troppo pesanti. Negli occhi di coach Andrea Trinchieri, e di molti giocatori di Cantucky,  ci è parso di scorgere lo stesso scoramento di William Wallace-Mel Gibson in Braveheart, quando durante la durissima battaglia di Falkirk, contro il terribile Edoardo I d’Inghilterra, il perfido Plantageneto, nel momento cruciale dello scontro - mentre l’eroe scozzese sventola la bandiera per chiedere l’intervento dei nobili, assoldati dal Plantageneto e pronti al tradimento - con un’occhiata d’intesa gli indegni nobili e le loro truppe abbandonano il campo di battaglia, e gli insorgenti scozzesi al comando di Wallace vengono soverchiati dal nemico. Cantucky è stata abbandonata dalla sorte, dai centimetri di Shermadini, dal talento di Micov, dalla stella principesca di Basile, dal vitalismo futurista di Doron Perkins, che si congeda dal Pianella (per sempre?) con un match incredibilmente al di sotto di aspettative e capacità del play americano. Il volto scuro e preoccupato di Trinchieri, durante la conferenza stampa del giorno prima, era stato rivelatore: il coach presagiva l’approssimarsi della fine. Ma adesso occorre ripartire: senza timori, anzi forti della riconquistata coscienza della grande squadra,  sia che la prossima stagione ci riservi ancora il luccicante palcoscenico dell’Eurolega o il meno sfavillante contesto dell’Eurocup. Assisteremo a semifinali e finali da semplici spettatori, e non da protagonisti come avremmo sperato e voluto. Giovedì scorso, in trasferta con gli Eagles, l’inviato di Indiscreto ha toccato con mano la squisita ospitalità pesarese, fatta di pizza, birra Pedavena e di uno Spritz fatto come si conviene. Un messaggio ai ‘cugini’ acerrimi di Milano: certo, il roster di Pesaro è molto più corto di quello ‘armanino’, la squadra di Scariolo non è la tremebonda e spaurita compagine di inizio stagione.. Ma se la trimurti White-Hickman-Jones viene supportata da Hackett e compagni, se Lydeka e Cusin decidono di diventare dei fattori importanti sotto le plance, allora saranno scintille come ai tempi della grande Pesaro di Larry Drew, Darwin Cook, Walter Magnifico e Andrea Gracis. Ci è bastato andare a Pesaro per renderci conto cosa significa vivere di pane e pallacanestro. Sarà una semifinale avvincente, su questo non c’è dubbio. Gli Eagles Cantù tiferanno per Pesaro, avviso ai naviganti.. In mancanza della semifinale, per una volta ci siamo persino cimentati nel pagellone della stagione canturina. Vlado Micov: 7.5. Il conte di Belgrado, che legge le dinamiche di gioco ‘un secondo e mezzo prima degli altri’ (copyright Trinchieri), è mancato nei momenti cruciali: contro il Barcellona e contro Pesaro. Ma come si può negare il suo impatto sui match più importanti, che trascende ogni dato statistico, anche se quando Micov ha centrato una prestazione difficilmente la Bennet è uscita sconfitta? I continui fastidi al ginocchio sono un problema, speriamo presente e non anche futuro. Ciò detto, per la prossima stagione il contributo di Micov sarà determinante, pur non conoscendo affatto i dettagli del mercato canturino. Marco Scekic: senza voto. E tanti rimpianti.. Un vero peccato il suo infortunio, che lo ha escluso dopo poche settimane. Manuchar Markoishvili: 8-. Ha giocato da 1, 2, 3 e 4. Se necessario, si adegua anche a guidare i pullman (copyright Trinchieri). Scherzi a parte, la dimensione totale di Manu è emersa più volte nel corso dell’anno: ha saputo dare punti e consistenza offensiva, coraggio e presenza difensiva, ha saputo attaccare il ferro con generosa continuità o mettersi al servizio del collettivo. Voto alto per l’elevata caratura, agonistica ed umana. Maarten Leunen: 7.5. Una quercia, una presenza forte ma nel contempo discreta. Forse meno luccicante dello scorso anno, ma nei momenti che contano il contributo del biondo dell’Oregon non è mai venuto meno. Rimarranno indelebili le immagini dell’infortunio alla caviglia contro Siena, al Paladesio, e la sua voglia di rimanere in campo zoppicante e ai limiti dell’immobilità. Un grande giocatore, spesso e volentieri anche per i cultori dei numeri e delle statistiche. Ma non solo. Denis Marconato: 6.5. Ha sempre risposto presente, specie nelle difficoltà (e non ne sono mancate affatto, sotto le plance canturine). Scampoli di grande gioco del campione che è stato, in Eurolega e in campionato, ne abbiamo visti parecchi. Denis Marconato ha vissuto, sta vivendo, la stagione del tramonto con grande dignità, e se necessario sacrificio. Nicolas Mazzarino: 7.5. Passano gli anni, calano i minuti di impiego (specie nei primi mesi), ma non  viene mai meno l’impegno sommato alla encomiabile dedizione, in allenamento e in gara. Un campione nel sapersi adattare, a ogni momento e a ogni assetto tattico. L’indice del suo gradimento, da parte del pubblico canturino, è il fragore che accompagna le sue triple. Onore al Capitano. Doron Perkins: senza voto. Non vogliamo che dell’ex play del Maccabi rimanga, a tutti noi villani canturini, l’immagine della brutta prestazione di gara 5 contro Pesaro: pertanto sospendiamo il giudizio, almeno quello numerico. Siamo partigiani, ossia di parte, e abbiamo salutato con grande favore l’arrivo di Doron, dall’esordio in coppa Italia contro Avellino passando per Eurolega e campionato. Il giudizio rimane sospeso, tra prestazioni maiuscole ed altre molto meno significanti (specie a livello offensivo), ma è come le migliori storie d’amore: rimpiangiamo quel che sarebbe potuto essere, e che forse non è stato. Buona vita, Doron… Ovunque tu sarai. Giorgi Shermadini: 7. Sì, a tratti è stato dominante, anche nelle partite dove i falli lo hanno limitato a 15-20 minuti di impiego. Il recupero sulla linea laterale d’attacco a Tel Aviv, con passaggio al principe Basile per tripla mortifera, deve aver convinto il potente ed opulento  Maccabi dell’eterno Shimon Mizrahi ad assicurarsene i servigi. Peccato. Non possiamo tuttavia dimenticare alcune prestazioni maiuscole, assieme a una continuità di rendimento indiscussa e indiscutibile. Vederlo inutilizzato, nei due mesi decisivi, ci ha fatto molto male. E ha pesato, tantissimo. Ne risentiremo presto parlare, ai piani alti dell’Eurolega. Andrea Cinciarini: 6.5. Alti e bassi, prestazioni importanti ed altre meno, speranze ben riposte ma anche vanificate (in parte). Accetta il delicato ruolo di play titolare affidatogli a inizio stagione, con determinata abnegazione. Non china il capo al cospetto di avversari molto più quotati, anche se a volte evidenzia i suoi limiti. Lo vogliamo ricordare nella bella prestazione di gara 2 contro Pesaro. Grazie Andrea. Greg Brunner: 6.5. L’esordio contro la Virtus Bologna, a gennaio, fu davvero rimarchevole. Ma non è stata l’unica prestazione da elogiare del roccioso svizzero di origine Usa; Brunner ha dato spesso sostanza e anche punti, senza mai limitarsi o rinunciare a lottare sottocanestro (l’occhio nero rimediato contro Pesaro ne è la dimostrazione). Certe critiche nei suoi confronti ci sono parse ingenerose. Sufficienza piena e meritata. Gianluca Basile: 7-. Media ponderale, più o meno, di prestazioni da incorniciare, specie in Eurolega (contro il Caja Laboral la migliore, a nostro modesto avviso),  e di altre meno brillanti. Ma dopo 1 anno di stop, e con 37 primavere sulle spalle, solo un pazzo avrebbe potuto chiedere molto di più al Baso. Che a Cantù ha portato in dote una saggezza acquisita nel tempo, un’attitudine carismatica, una dose massiccia di attributi e molto altro ancora. Davvero non sappiamo se passerà un altro anno in Brianza, ma noi non ce ne priveremmo. Mai. Andrea Trinchieri e Bruno Arrigoni: 8. Delle tre stagioni passate a Cantucy, con una semifinale raggiunta nel 2010 e una finale scudetto nel 2011, i quarti di finale del 2012 sono il piazzamento peggiore per il coach nei tre anni di permanenza alla Bennet. Ma quale ardito funambolo potrebbe negare il lavoro eccelso condotto fino a che la formazione è rimasta a ranghi completi? Cosa sarebbe accaduto con la squadra senza acciacchi, in Eurolega? Cosa in campionato, dove sicuramente saremmo partiti dalla seconda piazza e non dalla terza, quindi senza  il dannato accoppiamento con Pesaro? Tutto è possibile, ma anche nella pallacanestro contano i dati oggettivi: e pur considerando errori o partite forse non del tutto azzeccate, dal punto di vista tattico, noi terremmo Andrea Trinchieri (ed anche mister Arrigoni, of course) sino a quando i capelli non diverranno grigi, tutti e non solo alcuni. Dopodiché, accada quel che deve accadere. Anna Cremascoli: 9. Nella pallacanestro, come del resto nella vita, la gratitudine spesso non esiste. Ma noi siamo villani canturini, mica gente qualunque, perciò la passione e la dedizione (oltre agli schei, of course) messi dalla presidente della società rimarranno per sempre meritevoli di lode. Cantù che torna alla gloria europea, che riempie il Paladesio grazie alla coraggiosa e vincente scommessa societaria, Cantù tornata a pieno diritto tra le grandi: nella pallacanestro, come nella vita, contano i risultati. E questi risultati si devono alla pervicace tenacia della sciura Anna. Coraggio ingegnere, avanti così verso l’ingresso nella storia canturina. Eagles Cantù: 8.5. La curva biancoblù ha fatto ribollire il Pianella e il Paladesio come non accadeva da lunga pezza, contagiando col proprio entusiasmo professionisti attempati e giovincelli alla loro prima apparizione ai due palazzi. La tifoseria canturina dimostra la verità scientifica del nostro assunto: Cantù è storia, aristocrazia del cesto. Con tutto il rispetto che si deve agli altri, noi siamo una cosa diversa. ‘Noi siamo i bianco blu/ Cantù noi amiamo/ Noi siamo i bianco blu’. Nunc et semper. Fabrizio Provera, da Cantù (29 maggio 2012)