L’interruttore di Scavolini

Categorie: Vuoti a perdere
Oscar Eleni, bruciato come il più stupido dei turisti che si avventurano sul mare, triste come quando senti che stai per dare l’addio a qualcosa di speciale, di tuo, di sentito. Mare di Pesaro, città  tornata in amore per il grande basket. Baia Flaminia chiedendo frescura per i piedi camminando sulla stuoia dei ricchi, prendendo acqua al bagno dei vigili del fuoco, scoprendo storie di un cammello comprato in Egitto dal Leonardo Iannacci che è una delle tante penne fini perdute dal basket, una penna arguta come quella di Lorenzo Sani cacciato dal loro tempio molto prima che arrivassero questi nuovi cantori da mare oscuro capaci di essere anche più spietati perché tanto possono vivere nella santa  lega impunita  che finge di essere una sacra unità nel nome inconfessato della passione che non hanno.
Vedi Valter Scavolini vestito in bianco e rosso e capisci la differenza con tutto il resto e anche con la sua stessa famiglia che al basket va senza la sua passione ed è quello che farà staccare gli interrutori come a Treviso. Vedi i suoi occhi che sembrano felici, ma nascondono tristezza perché la Scavo arrivata in semifinale attraverso le rocce delle incomprensioni societarie, delle divisioni e degli abbandoni, potrebbe anche essere l’ultima a questo livello. Certo qualcosa di bello potrebbe succedere adesso, dopo i quasi 20 mila spettatori portati all’Adriatic Arena, sarebbero stati anche di più se il timor panico di chi governa la sicurezza in città non avesse bloccato la tribuna ospiti che in gara uno aveva 50 tifosi di  Milano e in gara due ne ha ospitati 16, ammesso che i due anziani seduti sotto il bandierone 'I love Milano' fossero del gruppo, ma restiamo scettici come per tante altre società, avviliti per  quello che accade a Montegranaro da dove se ne è andato Crovetti  che poi non meritava di essere anche preso in giro da chi provoca e non capisce. Siamo comunque scettici sulel squadre in crisi, anche perché gli agenti non stanno mai con la fiocina in mano. Vedono la cernia e colpiscono. Si sa bene che Siena, dovendo rifare una squadra vicina al record storico di scudetti consecutivi, punta diritto al cuore di Daniel Hackett, uscito gigante dei play off, uscito uomo, giocatore quasi completo, uscito in lacrime perché in gara quattro le gambe non facevano quello che voleva la testa e ogni tiro ripeteva ai giudici lo sdeng dell’amarezza. Ma lo cerca anche Milano che questo scudetto lo vuole contestare dalla prima palla a due, anche se ci sarà bufera, anche se si parte in casa della squadra favorita, pensa intensamente al figlio di Rudy caduto male nell’esperienza di Treviso perché ancora non aveva  capito di quale pasta doveva essere fatto un giocatore importante per il basket europeo, per una grande squadra, per una bella Nazionale. Pianigiani e Dalmonte, fratelli di un Azzurro sempre più tenebra dopo le rinunce dei  “ragazzi” NBA (ma voi ci eravate cascati nei giorni delle promesse dei nostri marinai che guardano Liliput  con sarcasmo?), hanno fatto un eccellente lavoro sulla testa e sulla tecnica e certo starebbero male se a goderne fosse, come sempre, il Sergio Scariolo che si è sempre servito nelle migliori oreficerie del basket bailado. Probabile che anche il deludente Hickman della serie contro Milano possa interessare a Siena se le voci dei movimenti futuri porteranno magari Zizis lontano, più Spagna che Grecia però. E' abbastanza sicuro che James White, arrivato sul cielo della semifinale come  Charles Lindbergh, il primo trasvolatore Atlantico, con  il serbatoio in riserva, faccia gola a chi può permettersi campi aperti e viaggi onirici. Danno anche Dalmonte in partenza, proprio adesso che ha trovato il suo mare, perché potrebbe interessare Roma. Ma Roma esiste ancora? E se esiste, con quali progetti seri? O magari seguire Pianigiani verso il prato verde che porta oltre il muro della tradizione e della casa dove si è nati, cresciuti bene, diventando allenatori di fama. Mosca, Istanbul, magari la Spagna precedendo o anticipando Messina. Voci di mercato messe in giro da chi ha tutti gli interessi per destabilizzare gli altri  e per questo i metereologi del bar vedono nubi sul Montepaschi, ma anche sulla gestione Proli- Pascucci a Milano, sono sicuri che Pianigiani cambierà cavallo e Scariolo potrebbe essere costretto a farlo se  nel gruppo di re Giorgio vinceranno quelli che non  considererebbero tanto positiva una stagione senza “tituli”. Boe minate, quinte colonne mandate ad esplorare, a suggerire, a fare diventare golosi cronisti che stanno rintanati nelle loro casette dove tutto è collegato all’’etere e dove quasi tutto è scollegato dal cuore, dall’anima delle squadre. Anche perché queste squadre vengono nascoste al colto e all’inclita, protette per evitare che si sappia quanta debolezza c’è ancora nei nostri Robinson che ormai parlano per messaggi telefonici e con i  Venerdì che hanno meno voce. Non sarà una finale Siena-Milano con baionette della grande guerra fra Bianchini e Peterson, fra Bologna e Milano, fra RubiniNikolic  e, ancora prima, Tracuzzi. Minacce preventive su accoglienze tremende al Palaestra e al Forum, tutte cose già viste e sentite, tutte cose che lasciano indifferenti se la produzione creativa dei tifosi si riduce a quello che ci perseguita  in questi ultimi anni: palazzi dove è impossibile anche parlarsi, come sui pullman delle squadre, perché la musica viene sparata a palla, arene vagamente confortevoli e moderne: Siena senza aria condizionata, Assago con aria forzata che ogni  tanto abbandona come il  “vuaifai”, eh sì lo pronuncio così, come chi corre a sentire il verbo dei capi e dimentica le tormentate cronache dei cronisti perduti nella notte. Vedremo se il campo offrirà qualcosa di speciale,  stando lontani dalle faide greche dove l’Olympiakos ha battuto il Panathinaikos in quasi tutto: nella corsa europea, nella corsa al titolo nazionale,  perdendo soltanto quella delle multe per le finali turche visto che alla squadra di Obradovic verranno portati via 100 mila euro e a quella di Ivkovic “ soltanto” 15 mila. Lasciamo in lacrime la tagliatella della Maria a Novilara, le scaramanzie pesaresi,  sapendo che nessuno addetto stampa avrà la dolcezza, l’ironia, la competenza e la preparazione di Elio Giuliani amante dell’arte e delle discese ardite nel mondo dello sport che fa soffrire, sempre. Ce ne andiamo con l’anatema di Elisabetta Ferri, Pentiselea che vede benissimo nel cuore dei giocatori, sapendolo poi riportare bene ai suoi lettori, che ha adottato la storia Scavolini e il figlioccio Daniel, sapendo che dice la verità: ”Dite a quelli di Milano che  per battere Siena dovranno giocare molto meglio”. Sicuro. Sarebbe bastata una pedina in più a Pesaro per arrivare alla quinta, una pedina vera, però. Ma così non è stato. Lasciamo la cagna pastora di Massimo Carboni anconetano venuto in visita pastorale con i cognati per gara quattro  anche se torneremo sulla storia della belva incinta che ha una sua poltrona per vedere programmi televisivi  soltanto sui suoi simili, pronta a raggiungere il padrone dopo la sigla di chiusura. Abbandoniamo il club Nautico dopo aver ritrovato il decoder per intepretare  quello che dice Alceo aruspice inascoltato dai suoi dei che prevedeva una 3-2 Scavolini. Ce ne andiamo nella notte degli zombie e della luna piena lasciando Pea nelle spire di Artiglio Caja e  al pesciolino del Cozza Amara che garantiscono superiore a quello del nuovo Alceo. Cattiverie, ma forse è anche vero. Quando sei campione, molto spesso, ti adagi sullo scampone bollito e il riso con spumante Zonin. Noi crediamo ai cani campioni del nostro ristoratore di colle Ardizio, anche se ha sbagliato pronostico. Adesso andiamo dentro la finale d’amianto leggendo di un 4-2 per Milano su Repubblica secondo la previsione  del sciur Gamba, l’ottantenne del volli fortissimanente volli, l’uomo che  nel suo ultimo libro scritto con Vanni Spinella, il Chandler italiano, secondo lui, ha fatto un grande regalo al mondo basket che, naturalmente lo sottovaluterà ancora una volta. Noi facciamo finta di non essere mai stati a bordo ring, anche se dal primo giorno di professione gli schizzi di sangue dei pugili dilettanti del teatro Principe arrivavano in tribuna stampa, e ci teniamo qualche idea aspettando la prova di verità per due colossi che, finalmente, si affrontano senza intermediari, avvocaticchi, minacce, pagnotte rancide, finte recite dettate dal super io dei protagonisti. Sono il meglio perché hanno tutto. Non potevano, almeno in Italia, fare di meno che arrivare a giocarsi il titolo. Siena che punta al sei superperfetto ha tutto da perdere e non la squadra completa che sognava all’inizio. Milano ha le spalle più leggere dopo aver vinto contro chi non poteva non vincere,  garantendosi ceri votivi anche da chi l’aveva vista girare raminga nel periodo senza Hairston, da quelli che hanno digerito male la recita da Vispa Teresa in Eurolega dove rientrerà dalla finestra grande al posto della Roma solatia strano paese. Questo stato d’animo diverso ci farà capira chi è Muhammad Alì e chi si accontenta di essere Frazier. La folla griderà “bumaié’” agli eroi di casa, ma non basterà, Servirà anche l’arte. Voti di congedo per le due semifinaliste eliminate. SASSARI: una stagione da 7.5, play off incantatori fino a Bologna, molto deludenti contro i più forti. SACCHETTI merita il nove e il premio di allenatore dell’anno, ma per il salto di qualità deve garantire una squadra con americani che portano anche scarpe di piombo quando serve soffrire. 10  alla società, soprattutto adesso che  potrebbe perdere aiuti regionali importanti perché, nelle crisi, la gente dimentica. Come a Cantù, anche in Sardegna credono che lo sport non serva per aiutare le aziende di una città, di una Regione ad espandersi a presentarsi con un biglietto da visita che conta come quello della buona qualità sul lavoro. PESARO: una stagione da 7, un play off da 8.5 con il colpo di Cantù. Dalmonte promosso master e commander da 8 in pagella, eccellente allenatore, paziente domatore anche davanti a giocatori che nei momenti chiave pensavano più al loro biglietto da visita per il domani. 7 al Del Moro sarto di situazioni difficili, 10 al Valter Scavolini che ha detto subito le verità che servivano per avere una grande Pesaro anche il prossimo anno. 10 al  Giuliani che non si piega al destino, all’incompetenza di amici e rivali, e non soltanto per colpa della sciatica. Consigli  ai legaioli e ai loro portavoce nelle società: non vergognatevi di arricchire l’informazione cartacea che resta. Messaggini e pannoloni sul sito sono davvero uno snobismo da gente che non si unge mai pantaloni e camicia allo stesso desco. E si vede. Complimenti a Facchini per la sua gara 700 in serie A, per quella mimica da Tatì, il vignaiolo del grande film di Ridley Sco sulla Provenza, il vino, che ci ha deliziato a Pesaro, ma chieda  Zancanella di mandargli per le probabili finali, lui ci sarà ? ecco dove comincia la grande guerra, dalle designazioni, gente che non si mette il fischio in tasca  o ragazzi che volendo fare come i grandi confondono l’aria del mondo con le flatulenze da tagliatelle con fagioli. Oscar Eleni. 6 giugno 2012