L’interruttore di Scavolini

5 Giugno 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni, bruciato come il più stupido dei turisti che si avventurano sul mare, triste come quando senti che stai per dare l’addio a qualcosa di speciale, di tuo, di sentito. Mare di Pesaro, città  tornata in amore per il grande basket. Baia Flaminia chiedendo frescura per i piedi camminando sulla stuoia dei ricchi, prendendo acqua al bagno dei vigili del fuoco, scoprendo storie di un cammello comprato in Egitto dal Leonardo Iannacci che è una delle tante penne fini perdute dal basket, una penna arguta come quella di Lorenzo Sani cacciato dal loro tempio molto prima che arrivassero questi nuovi cantori da mare oscuro capaci di essere anche più spietati perché tanto possono vivere nella santa  lega impunita  che finge di essere una sacra unità nel nome inconfessato della passione che non hanno.

Vedi Valter Scavolini vestito in bianco e rosso e capisci la differenza con tutto il resto e anche con la sua stessa famiglia che al basket va senza la sua passione ed è quello che farà staccare gli interrutori come a Treviso. Vedi i suoi occhi che sembrano felici, ma nascondono tristezza perché la Scavo arrivata in semifinale attraverso le rocce delle incomprensioni societarie, delle divisioni e degli abbandoni, potrebbe anche essere l’ultima a questo livello. Certo qualcosa di bello potrebbe succedere adesso, dopo i quasi 20 mila spettatori portati all’Adriatic Arena, sarebbero stati anche di più se il timor panico di chi governa la sicurezza in città non avesse bloccato la tribuna ospiti che in gara uno aveva 50 tifosi di  Milano e in gara due ne ha ospitati 16, ammesso che i due anziani seduti sotto il bandierone ‘I love Milano’ fossero del gruppo, ma restiamo scettici come per tante altre società, avviliti per  quello che accade a Montegranaro da dove se ne è andato Crovetti  che poi non meritava di essere anche preso in giro da chi provoca e non capisce.

Siamo comunque scettici sulel squadre in crisi, anche perché gli agenti non stanno mai con la fiocina in mano. Vedono la cernia e colpiscono. Si sa bene che Siena, dovendo rifare una squadra vicina al record storico di scudetti consecutivi, punta diritto al cuore di Daniel Hackett, uscito gigante dei play off, uscito uomo, giocatore quasi completo, uscito in lacrime perché in gara quattro le gambe non facevano quello che voleva la testa e ogni tiro ripeteva ai giudici lo sdeng dell’amarezza. Ma lo cerca anche Milano che questo scudetto lo vuole contestare dalla prima palla a due, anche se ci sarà bufera, anche se si parte in casa della squadra favorita, pensa intensamente al figlio di Rudy caduto male nell’esperienza di Treviso perché ancora non aveva  capito di quale pasta doveva essere fatto un giocatore importante per il basket europeo, per una grande squadra, per una bella Nazionale. Pianigiani e Dalmonte, fratelli di un Azzurro sempre più tenebra dopo le rinunce dei  “ragazzi” NBA (ma voi ci eravate cascati nei giorni delle promesse dei nostri marinai che guardano Liliput  con sarcasmo?), hanno fatto un eccellente lavoro sulla testa e sulla tecnica e certo starebbero male se a goderne fosse, come sempre, il Sergio Scariolo che si è sempre servito nelle migliori oreficerie del basket bailado.

Probabile che anche il deludente Hickman della serie contro Milano possa interessare a Siena se le voci dei movimenti futuri porteranno magari Zizis lontano, più Spagna che Grecia però. E’ abbastanza sicuro che James White, arrivato sul cielo della semifinale come  Charles Lindbergh, il primo trasvolatore Atlantico, con  il serbatoio in riserva, faccia gola a chi può permettersi campi aperti e viaggi onirici. Danno anche Dalmonte in partenza, proprio adesso che ha trovato il suo mare, perché potrebbe interessare Roma. Ma Roma esiste ancora? E se esiste, con quali progetti seri? O magari seguire Pianigiani verso il prato verde che porta oltre il muro della tradizione e della casa dove si è nati, cresciuti bene, diventando allenatori di fama. Mosca, Istanbul, magari la Spagna precedendo o anticipando Messina. Voci di mercato messe in giro da chi ha tutti gli interessi per destabilizzare gli altri  e per questo i metereologi del bar vedono nubi sul Montepaschi, ma anche sulla gestione Proli- Pascucci a Milano, sono sicuri che Pianigiani cambierà cavallo e Scariolo potrebbe essere costretto a farlo se  nel gruppo di re Giorgio vinceranno quelli che non  considererebbero tanto positiva una stagione senza “tituli”. Boe minate, quinte colonne mandate ad esplorare, a suggerire, a fare diventare golosi cronisti che stanno rintanati nelle loro casette dove tutto è collegato all’’etere e dove quasi tutto è scollegato dal cuore, dall’anima delle squadre. Anche perché queste squadre vengono nascoste al colto e all’inclita, protette per evitare che si sappia quanta debolezza c’è ancora nei nostri Robinson che ormai parlano per messaggi telefonici e con i  Venerdì che hanno meno voce.

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