Joker, il film di Todd Phillips con protagonista Joaquin Phoenix che ha vinto il Leone d'Oro a Venezia e sta avendo un grande successo anche nelle sale, è un'opera inquietante ma anche uno dei pochi film politici che si possano guardare senza annoiarsi. Il cinema sarà anche finito, come con snobismo si dice anche ai festival di cinema, ma quando coglie lo spirito del tempo può ancora essere un'arte devastante.
Va subito chiarito, per chi ancora non ha visto il film, che Batman non c'entra niente se non nel gioco delle citazioni, e che il Joker di Phillips ha poche parentele con le sue altre trasposizioni al cinema. Quanto alla Gotham City di questo film, è simile, guardando anche alle auto, ai televisori e ai riferimenti, alla New York sporca e in declino di fine anni Settanta, inizio Ottanta. Quella in cui divenne sindaco il democratico Ed Koch, rilanciandola e saldandosi quasi involontariamente al reaganismo, certo non l'ideale di Koch.
Una città nettamente divisa fra super-ricchi e piccolo borghesi lobotomizzati dagli show televisivi, come quello condotto da Murray Franklin (un centratissimo Robert De Niro), inevitabilmente affetti da turbe mentali che senza welfare diventano ingestibili.
Il protagonista, Arthur Fleck, è un Joaquin Phoenix (che ha da poco avuto un incidente) non più Commodo o fratello di River, ma totalmente nella parte. Dimagrito, con i capelli lungi vagamente somigliante a Federer, Phoenix vuole esibirsi nella prova da Oscar e nella leziosità si spinge troppo avanti, ma il personaggio è comunque centrato. Adesso come al solito niente recensione e distribuzione di stellette, ma qualche spunto per parlare del film con chi lo ha visto, invitando a non spoilerare.