I deludenti che ammazzano il basket

Categorie: Vuoti a perdere
Oscar Eleni dal Palazzo di Elia nella contrada di Bormio del balivo Diego Pini. Rimpatriata sentimentale in Valtellina per incontrare Boscia Tanjevic che ha battuto la chemio e adesso prova a batterci guidando la nazionale turca rinnovata nelle qualificazioni europee dove molti illusi dalle notti insonni davanti al video preparatorio pensano che avremo la folgorazione sulla strada per l’arena di Pamplona dove Padilla meravilla, torero rimasto senza un occhio a Saragozza, ha incantato il pueblo taurini di San Firmino. Seduti alla tavola di Elia per gustare i migliori pizzoccheri del mondo conosciuto oltre la cucina dell’Oldani che Virginio Bernardi chiama spesso a tenere conferenze quando raduna i suoi allenatori sotto contratto, indicando una via, una strada per la professione, per il gusto, per tutti quei parolai che agli associati propongono affari, ma non scuola, lezioni che servano nella vita di ogni giorno, in questa carneficina  sociale che porta alla depressione. Grande Virginio, ma super Diego tradito, non è il solo, da questa  federazione che con la vicenda Treviso ha lasciato il suo marchio infame sul nostro basket, andando dietro al povero Renzi, presidente di una Lega dove, per una partita in più, sgradita alle società più ricche, a quelle che sono potenti da tanto tempo, hanno preferito perdere una cattedrale  come il Palaverde seguendo l’idea di chi  era uscito dal gioco  pronto a regalare la divina creatura e poi, questo Meneghin dovrebbe saperlo, all’ultimo momento ha virato per blindare un vivaio che avrà sempre meno mercato. Già, se uno vuole andare avanti nel sociale che problema avrebbe a rifare tutti i tesseramenti, spiazzando chi faceva riunioni in piazza dei Signori per dimostrare che la città del basket era pronta, vigile, disposta al sacrificio senza ascoltare  quel fanfarone che col cappello d’alpino segava le panchine per non far riposare gli extra comunitari, senza andare dietro ai pennacchi dei politici indignati con la solita Roma ladrona, loro che per anni hanno foraggiato un allevamento di trote carnivore dotate di bancomat senza limiti alla faccia dei credenti. Sono giorni difficili per i credenti. Di qualsiasi fede o chiesa. Siamo nel girone dei depressi anche dopo aver mangiato mirtilli a Bormio, stupiti nel sapere che comunque  al corso allenatori erano iscritti il Poz e Gregor Fucka che, naturalmente, si sono seduti alla tavola del padre, più o  meno amato, del Boscia che aveva lasciato la nazionale turca al Rezia per vedere come vivevano i calciatori del Genoa prezioso che al Palace se ne stanno tranquilli, per evitare che arrivino zingari o imbroglioni vari, che a Bormio ci stanno bene e  il borgo impavesato con il vessillo del Grifone ci ha fatto venire il nervoso: per i calciatori bandiere e genuflessioni, mentre la storia vera  dello sport valtellinese è stata fatta dal balivo Pini prima a Sondrio, poi al Pentagono o nelle palestre costruite in numero tale che la spocchiosa Milano euroexposta neppure si sogna anche se l’assessora al benessere ha un consigliere che fingendo di non voler fare moneta fa tutto un altro tipo di danni e chi vive fra Naviglio ed Olona lo sa benissimo ,  una storia da leggere bene nel libro dove vola l’elicottero del Jordan che, giustamente, avendo sentito lo squittio di Kobe Bryant sulla nazionale USA di oggi che batterebbe quella del famoso Dream Team  nata nel 2, ha girato la testa dall’altra parte senza offendere il re del paese dove starnazzano gli Ibrahimovic, spiegando al mondo che forse avrebbe fatto meglio a tacere, così come tante volte altre volte avrebbe fatto meglio a passare la palla al compagno. Delusi da troppe cose. Prima di tutto dal numero incredibile di società  che hanno chiuso per mancanza di fondi. Qualcuno, anche su questo sito, dice chissenefrega, ma noi non riusciamo a farlo senza poi sputare allo specchio. Delusioni da zero in condotta. Per Meneghin. Ci ha tradito. Lui che ha sempre odiato i burocrati si è fatto incatenare come Gulliver dai lilipuziani guidati del maresciallo segretario federale, dai vice che già gli ridevano dietro un giorno prima che arrivasse a Roma. Renzi. Ci ha confermato il suo modo di essere presidente di un basket in perdita, non di quattrini, ma di idee per battere la crisi ricostruendo, senza  chiedere aiuto a chi nello sport ci ha messo soldi soltanto per non essere l’anonimo sotto i portici. Fate bene a brindare sulla sparizione di Treviso, della Fortitudo, magari anche di Pesaro e Roma, ma alla fine, cari pigmei che pensate di  essere alti soltanto perché vi hanno lasciato grufolare sulla collina, non avrete altro che le vostre riunioni importanti fatte davanti a sordomuti. Pianigiani che potrà farci mille discorsi sul mondo oscuro frequentato dai giovani giocatori italiani che non sanno allenarsi e vivere come si deve a livello internazionale perché lasciare a casa Polonara, rimasto, fra l’altro senza squadra, non ha davvero senso e dimostra che ci hanno soltanto preso in giro. Non esiste giustificazioine per lasciarlo fuori da allenamenti dove sono ammessi anche quelli che in stagione hanno fatto davvero ridere. Il Consiglio federale dei burocrati che fa tornare in pista squadre gestite da plurifalliti, da lestofanti dichiarati che vanno a piazzare le loro strisce antimosca un po’ dovunque  si possa trovare il gonzo da infilzare. Al Petrucci che, dopo la presentazione di Azzurra, dopo la ola per la Nazionale femminile reinventata e purificata dopo le bizze delle presunte stelline, se ne andrà a Bormio perché il posto gli piace, perché sapendo delle scelte del Tolomei meneghiniano ha forse deciso di far capire come la pensa su tutto questa baronda di scelte per “ottimizzare” l’aridità dei sentimenti. Allo Zancanella mangiato vivo, ce n’era di polpa, da arbitri riottosi che adesso avranno il commissario e con Petrucci non avranno neppure una sedia in sala d’aspetto se dovessero mettersi a piangere in corridoio. Al Bruno Arrigoni che se la prende con Basile anche dopo la lettera dell’ultimo dei giocatori eroici lanciati da allenatori che insegnavano  ad essere anche uomini, cosa che non fanno questi nuovi maghi alla ricerca della battuta storica, ma che spesso saltano le ore di lavoro vero sui fondamentali che partono dal cervello e arrivano all’alluce. Stia attento alle purghe, perché, prima o poi, arriverà e non sarà neppure tollerato in spogliatoio se in giro si andrà dicendo che la vera Cantù è quella del Brunetto e non del Trinchieri. Alla Nazionale che si ritrova per una giornata trionfale a Milano come se davvero andasse in mare un brigantino e non la barca per gli inchini al Giglio visto il numero altissimo di collaboratori del capo allenatore,  considerando certe scelte che lasciano davvero perplessi, ma ci sarà una spiegazione per tutto, salvo poi aspettare  i risultati del campo e far sapere che il campo darà quel poco che offre la botte né una scusa meschina. A Rimini che festeggia per avere avuto la supercoppa fra Siena e Cantù  e non piange per tutto quello che ha perduto. Per fortuna a Bormio abbiamo visto il figlio di Carasso, allenatore giovane di buone qualità, che ci ha  rassicurato sulla difesa dell’ultimo bastione. Al Toti che ancora non ha scelto l’allenatore per la sua Rometta, per averci raccontato che Roma non ama davvero il basket. Forse il suo. Quello dei Bianchini e degli Acciari lo amava, come direbbero i 13 mila dell’Eur. Quello della Stella Azzurra che per il sociale, la base di questo sport, ha fatto e sta facendo cose stupende, lo amerebbero tutti se la società che ha speso di più avesse accettato di camminare almeno al fianco della più gloriosa Stella. Alla solita Lega legaiola che ha fatto ancora una volta il calendario per finire la stagione  a metà giugno, allungando il brodo dei play off per tre palanche che dovrebbero far comodo a lorsignori, a quelli che non vedevano l’ora di poter gabbare la santa inquisizione federale sull’utilizzo del giocatore italiano. Poveri noi, poveri loro. Ancora da scegliere la sede per la coppa Italia. Speriamo che una stella illumini la RCS  stanca di ascoltare questi dirigenti del dopolavoro, non della mutua perché allora saprebbero cosa vuol dire soccorso, stanca di farsi prendere in giro da chi non predica bene e razola malissimo. Al nostro pessimismo sulla forza della nuova generazione di giornalisti dedicati al basket perché il Chiabotti roseo che ha stangato i veri colpevoli del Treviso flop, il Vanetti corrieroso che non le ha mandate a dire, sono stati almeno leali con l’idea che non ci si può  sempre inginocchiare davanti a chi crede di essere venuto al mondo per insegnare ai villici della palla al cesto che con un po’ di applicazione, magari con milioni buttati via che avrebbero tenuto in  vita società  di grande valore storico, sarebbero diventati i padroni del giochino. Per ora uno vince  e gli altri perdono. Aspettiamo notizie mentre chi ha il banco non lo molla, aspettando di capire dove sbaglieranno ancora i presunti rivali. Oscar Eleni, 15 aprile 2012