I deludenti che ammazzano il basket

15 Luglio 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal Palazzo di Elia nella contrada di Bormio del balivo Diego Pini. Rimpatriata sentimentale in Valtellina per incontrare Boscia Tanjevic che ha battuto la chemio e adesso prova a batterci guidando la nazionale turca rinnovata nelle qualificazioni europee dove molti illusi dalle notti insonni davanti al video preparatorio pensano che avremo la folgorazione sulla strada per l’arena di Pamplona dove Padilla meravilla, torero rimasto senza un occhio a Saragozza, ha incantato il pueblo taurini di San Firmino.

Seduti alla tavola di Elia per gustare i migliori pizzoccheri del mondo conosciuto oltre la cucina dell’Oldani che Virginio Bernardi chiama spesso a tenere conferenze quando raduna i suoi allenatori sotto contratto, indicando una via, una strada per la professione, per il gusto, per tutti quei parolai che agli associati propongono affari, ma non scuola, lezioni che servano nella vita di ogni giorno, in questa carneficina  sociale che porta alla depressione. Grande Virginio, ma super Diego tradito, non è il solo, da questa  federazione che con la vicenda Treviso ha lasciato il suo marchio infame sul nostro basket, andando dietro al povero Renzi, presidente di una Lega dove, per una partita in più, sgradita alle società più ricche, a quelle che sono potenti da tanto tempo, hanno preferito perdere una cattedrale  come il Palaverde seguendo l’idea di chi  era uscito dal gioco  pronto a regalare la divina creatura e poi, questo Meneghin dovrebbe saperlo, all’ultimo momento ha virato per blindare un vivaio che avrà sempre meno mercato. Già, se uno vuole andare avanti nel sociale che problema avrebbe a rifare tutti i tesseramenti, spiazzando chi faceva riunioni in piazza dei Signori per dimostrare che la città del basket era pronta, vigile, disposta al sacrificio senza ascoltare  quel fanfarone che col cappello d’alpino segava le panchine per non far riposare gli extra comunitari, senza andare dietro ai pennacchi dei politici indignati con la solita Roma ladrona, loro che per anni hanno foraggiato un allevamento di trote carnivore dotate di bancomat senza limiti alla faccia dei credenti.

Sono giorni difficili per i credenti. Di qualsiasi fede o chiesa. Siamo nel girone dei depressi anche dopo aver mangiato mirtilli a Bormio, stupiti nel sapere che comunque  al corso allenatori erano iscritti il Poz e Gregor Fucka che, naturalmente, si sono seduti alla tavola del padre, più o  meno amato, del Boscia che aveva lasciato la nazionale turca al Rezia per vedere come vivevano i calciatori del Genoa prezioso che al Palace se ne stanno tranquilli, per evitare che arrivino zingari o imbroglioni vari, che a Bormio ci stanno bene e  il borgo impavesato con il vessillo del Grifone ci ha fatto venire il nervoso: per i calciatori bandiere e genuflessioni, mentre la storia vera  dello sport valtellinese è stata fatta dal balivo Pini prima a Sondrio, poi al Pentagono o nelle palestre costruite in numero tale che la spocchiosa Milano euroexposta neppure si sogna anche se l’assessora al benessere ha un consigliere che fingendo di non voler fare moneta fa tutto un altro tipo di danni e chi vive fra Naviglio ed Olona lo sa benissimo ,  una storia da leggere bene nel libro dove vola l’elicottero del Jordan che, giustamente, avendo sentito lo squittio di Kobe Bryant sulla nazionale USA di oggi che batterebbe quella del famoso Dream Team  nata nel 1992, ha girato la testa dall’altra parte senza offendere il re del paese dove starnazzano gli Ibrahimovic, spiegando al mondo che forse avrebbe fatto meglio a tacere, così come tante volte altre volte avrebbe fatto meglio a passare la palla al compagno.

Share this article