Campioni a chilometro zero

Categorie: Basket, Vuoti a perdere
Oscar Eleni dalla Brusada di via Caprilli, una delle cascine milanesi che il Comune, così distante da chi certe cose le brucia a prescindere, vuole salvare, ristrutturare, un centro agricolo nel cuore della città per vendita prodotti a chilometro zero. Un po’ la speranza ormai perduta del basket e di molti altri sport per  dare al pubblico campioni a chilometro zero, o quasi, insomma gente cresciuta con la biada del centro dove è stata istruita. Ottimismo di chi deve sorridere con il piombo nelle viscere come il grande Machado, ma non costa niente credere in qualcosa che ti darebbe comunque sollievo, poi, cara gente, non è sempre casta, non è sempre eredità benemerita mai meritata, ci sono anche cose che nascono da una passione interiore ed è di pochi giorni fa la delibera per intitolare, definitivamente, il campetto di via Dezza a Mario Borella maestro per generazioni. Suggerimento estemporaneo al Petrucci o a chi per lui: girando per campetti, di calcio, di basket, si vedono tanti ragazzini maleducati, parliamo di tecnica, perché non far girare allenatori volontari che abbiamo a cuore la cosa, gente capace di correggere, indirizzare, creare un’idea di squadra? Ma nei playground americani esiste questa figura? Esiste nella storia tramandata attraverso il racconto e l’esempio. Spesso i campioni tornano all’origine senza il codazzo degli sponsor che qui fanno passare per San Francesco anche Dracula. Ma torniamo al  Borella campo di via Dezza. Grazie zona 7. Grazie Lanzetta, grazie Cappellari. Grazie ha chi ci ha lavorato e chi ha creduto davvero, anche se eravamo arrivati al punto di travestirci, come i graffitari imbrattatori, per  andare nella notte ad inchiodare una targa sull’albero che sorride al campetto. C’è gente che ama davvero. Peccato che ci siano in giro cinici con il portafoglio del genio e le raccomandazioni di chi non li conosce, perché se così fosse, li eviterebbe, incapaci di capire come respira questa città crudele che si chiama Milano, crudele come tante altre, perché non c’è una pressione diversa dove devi confrontarti col passato, col presente, dove devi dimostrare che hai idee chiare sul futuro. Fine settimana, avete fretta. Pillole per togliere il bruciore di stomaco, per accompagnarvi verso la prima sfida dell’anno fra Siena e Milano che guardano all’orizzonte con l’utopia di essere ancora loro le  duellanti nel reame di cestolandia. Meglio che facciano attenzione, anche se il tempo è a loro favore perché  chi ha poche munizioni  e viveri scarsi, prima o poi, avrà  un calo degli zuccheri sapendo che lorsignore potranno correggere tutto perché sanno già dove bussare in caso di pericolo. Più Milano della Siena che ha dimezzato le spese nel bilancio. Infatti nel pensatoio del Lido, zona minigolf, stanno pensando di aver sbagliato a prendere Stipcevic, si domandano se la vita di Cook, in campo e fuori, sia da vero capitano, per cui caccia al regista che possa moltiplicare il pane e i pesci  ben oltre il talento del Langford dagli occhi di velluto e del principe Hairston. Per il Montepaschi le cose sono già andate male con la visitazione del santuario dei centri infelici: Eze andava male anche prima dell’infortunio, Kasun è alla ricerca del tatuaggio che gli faccia dimenticare di essere stato una controfigura NBA, un prospetto mai arrivato al paradiso anche se ne aveva tutti i mezzi, anche se Siena potrebbe almeno curare il suo ego spigoloso. Su Sanikidze eravamo perplessi perché esiste la componente misteriosa delle scuole dove gli uomini non sono mai decifrabili, su Kangur rivolgersi al popolo varesino del basket che su di lui ha cento storie interessanti da raccontare, storie che dovrebbero anche piacere al caro Massimo Carboni, l’arguto dal tweet sarcastico, che per amore di Recalcati ci ha fatto sapere che Varese vive sul lavoro del magico Charlie: ne è rimasto uno della sua squadra. Certo che ci sono le orme del micione sulla stella, sulla Varese ricostruita, ma non su questa squadra. Per la verità pensavamo che a Siena avessero sbagliato anche a scegliere il pilota in campo, ma poi Bobby Brown è andato oltre la cortina di ferro del pregiudizio, le risate velenose di chi non vedeva in lui nè Tmac  né McCalebb, per cui uno che salta a piedi uniti un filo spinato così alto, anche in società, quando dicevi che non ti piaceva il play, rispondevano sommessamente che pure loro cercavano verifiche, uno del genere, dicevamo, merita rispetto, a patto che non perda la bussola e torni il palleggiator scortese che ritarda ogni innesco. Per adesso è stato scelto come uomo della settimana in coppa, nel giorno della prima europea per Banchi e la sua Siena. Bene le ultime uscite di mister doppia B come lo chiama argutamente la voce trigorosa di Sport Italia canale televisivo benedetto per il basket, lo sarà per sempre, chiunque metta al microfono il Bogarelli che piace quando è se stesso, basta che trovino pasticche per la gola invecchiata del tipo che un tempo andava dove il sole spaccava le pietre e adesso sembra il fantastico Lionel Stander protagonista con Manfredi di Per Grazia ricevuta, uno che sfidava il mondo e i pregiudizi, che sapeva distinguere fra genio, anche malavitoso, e scimmie nasone, un mangiacristiani che  sentendo arrivare la fine divenne buono buono con tutti e chiamò persino il prete per confessare i suoi peccati. Meglio il Peterson sotto filtro magico, come dicevano McAdoo e D’Antoni, di quello buonista che  sorride persino alle bagatelle bigotte. Eurolega da sistemare. Non diremo niente su Cantù che a Madrid è stata pesata e misurata, collocata nella parte giusta di un girone dove, però, devono stare attenti alla Mapooro che impara certe lezioni, perché a Desio potrebbero poi soffrire tutti. Certo Cusin deve farne di strada per rendersi conto che non esistono i blocchi in movimento, che non passano inosservate le ricerche di essere più voluminoso. In nazionale lo pregavano di pensare. A  Cantù è la stessa cosa. Lui eccede per generosità, ma la tecnica e la testa contano ancora tanto. Ci ragioni sopra. Per Milano la semipurificazione nel bosco verde di Kaunas ha fatto venire il nervoso a troppa gente: eh sì, cari lanzichenecchi al servizio del nuovo Moro sforzesco, se potete fare partite come quella contro lo Zalgiris e poi, a turno, tutti, dite che non è possibile fare prestazioni come quelle di Avellino e Bologna, come la farsa in casa con Reggio Emilia che ha mandato al fosso chi ama scommettere con tutte le  consueguenze del caso. Allora chi può aiutarvi, chi vi riconosce? Non esiste la critica pietosa per vivere della luce riflessa. Idee  che possono nascere solo nella testa di chi pensa di essere diventato qualcuno. Milano in attacco ha quasi tutto. Funzionassero in cinque alla volta e non due a due, forse sarebbe gioco e partita come cantano nel giardino tranquillo  della televisione che sta per ricevere l’attacco dell’unione consumatori: pagavi tanto, paghi tantissimo per non avere pubblicità, per non sentire berci e invece è quasi peggio dei canali digitali cosiddetti gratuiti. Eh no, c’è sempre una bella differenza, berci a parte, aperture delle dirette  a parte. Su Siena si può tornare leggendo, ancora una volta, la favola del leone  ferito che veine preso a calci dagli asini. Sembrano maledetti perché se ci dite che Chalon gioca sempre come ha fatto al PalaEstra allora ci faremo curare con la medicina dei semplici: calici di rosso e cirrosi al vento. Contro il potere verde, gli esacampioni c’è un accanimento speciale, persino i buffi arbitri dell’eurolega, caro Bertomeu quando darzi un occhio all’isola che non c’è più, quella della onestà ben visibile dopo lo scempio dell’era fibaiola? Picchiano duro, non regalano quasi più niente e questo  ha sempre fatto capire a chi dominava, Milano e Bologna all’inizio del dopoguerra, ancora Milano, poi Varese, Cantù, Treviso, per un attimo Roma, poi la doppia Bologna del grande emiro e dell’avvocatone, del Cazzola fulminante, che le cose stavano cambiando nel borgo. Minucci ha mangiato tanto pane e cicoria ai tempi delle ribollite al Grattacielo, nei giorni in cui anche Siena perdeva, perché prima di vincere tanto ha perso spesso, questo va ricordato a chi pensa che tutto sia nato per caso, che certe idee siano venute dall’altro mondo, quando sono state invece le esperienze degli altri, tramandate senza spocchia, raccontate per quello che erano, filtrate da una mente raffinata, a farlo diventare quello che è oggi e se ascoltasse ancora l’eco del passato troverebbe nuovi alleati ora che l’offensiva del denaro lo sta facendo soffrire. Nel Montepaschi di Banchi e Crespi si nota una tensione innaturale, l’ansia di chi deve dimostrare che nulla è finito con il congedo a Pianigiani e Stonerook. Erroire grave, perché  i giocatori sentono. Questo Brown risorto non  fa testo, fa più testo lo Smith in crisi d’identità a Cantù. La testa, cara gente, più dei muscoli, ma non menatecela con l’allenatore della mente: il lavoro, il campo, la vita insieme, ascoltandosi, ascoltando. Certo devi essere credibile, dei avere qualcosa per farti ascoltare. La differenza fra i grandi e quelli soltanto bravi è spesso soltanto in questo. Abbiamo rivisto la faccia  da combattimento dell’Ettorre Messina che sverna a Mosca. Soffrirà tanto, anche perché il tenebroso Teodosic è un tipo che nel gelo moscovita sembra sempre il principe delle tenebre che ha paura del sole, del gioco semplice. Abbiamo scoperto che esiste uno spagnolo, il Plaza assunto a Kaunas, che ama davvero la difesa. Anche per lui tormenti fino a primavera perché lo Zalgiris è l’incarnazione della lituanità cestistica: dateli sfavoriti e  vi troverete fra le ortiche, presentatevi accompagnati dalle scuse più banali per omaggiarli e quelli vi regalano tutto, partite, coppe, medaglie, titoli. Siamo al gelo delle presenze. All’invidia per i 14mila di Kaunas, gli 11mila di Istanbul e Tel Aviv. Questione di prezzo? Sarà una politica ambientale diversa? Ah saperlo, intanto Milano gongola perché la prevendita per la partita contro l’Olympiakos fa pensare che si possano avere anche 6 mila persone al Forum. Accontentarsi e godere ? Cosa è questa bomba puzzolente delle indagini fiscali sulla stagione 2007-08. Cara Lega, cara Fip, care un cazzo per la verità, non fatevi sorprendere da altri dossier segreti. Dicono che molti americani del campionato voteranno Obama. Non Peterson. Al CSKA dopo aver avuto per due volte il giocatore della settimana adesso avranno il premio per la schiacciata sui propri testicoli del Vorontsevich che non ha resistito al dunk mentre gli altri  mostravano le armi del  fine battaglia all’Abdi Ipecki di Istanbul dove i tifosi Besiktas volevano impalarlo come ai tempi in cui i biondi erano merce prelibata per i giannizzeri. Ingenuo o disattento? Tutte e due le cose. Non antisportivo come sembra. Almeno speriamo. Della NBA vi parleranno i dotti, Certo questa cosa del barbuto Harden, lasciato dai  finalisti di Oklahoma per la gioza del Texas, che segna ancora 45 punti per Houston alla seconda partita ci fa pensare a cosa succederebbe  qui dove, per un paio di giorni, sono stati fatti funerali davanti alla sede interista per il passaggio al Milan del Pazzini non più rivisto sulla strada del gol dopo l’esordio. Pensiero debole: ci eccita più la reazione da uomo di Hackett dei minutini concessi a Belinelli nerl regno di Chicago. Ci piace molto di più lo spirito del Melli da combattimento di quello del Bargnani torontino. Gusti. Oscar Eleni, sabato 3 novembre 2012