Sabermetrica e Chanel

Categorie: Basket, Vuoti a perdere
Oscar Eleni da Torre Pellice capitale dell’unica minoranza protestante autoctona italiana. Non è un fatto religioso, solo che siamo nati protestanti contro orpelli, presunzione, finti Alì che non saranno mai Babà. Portarsi dietro Brad Pitt per riuscire a capire la sabermetrica che ha rivoluzionato la costruzione di squadre professionistiche nel baseball, confondendo le idee a chi si è convinto che si possa costruire un gruppo ragionando sulle statistiche. Ragionando, appunto, non prendendole per oro colato dai proprietari. Lui come attore è stupendo in quel film inquietante che è l’Arte della vittoria, una pellicola sconsigliata ai dirigenti saccentoni, a quelli che costruiscono le squadre comprando figurine invece che uomini, un lavoro raffinato sulla psicologia che è alla base vera nel successo, non soltanto sportivo, come direbbe la professoressa Muzio, come urlerebbe il Sandro Gamba se soltanto non lo avessero sedato perché le sue anche hanno bisogno di nuovi restauri e per due settimane dovrà vedersela con lo stesso catetere che ha mandato fuori di testa il papa Parisini, furente con i medici osservatori così come capitava con quel tipo che, nella purificazione della Roma satrapica, non sapeva trovare tutti i telefonini costo azienda, costo nostro per la verità, distribuiti a Roma nell’impero gardiniano, abbastanza lucido per dimettersi da solo e lasciare il letto vuoto, bravo a capire subito perché la candidatura di Cappellari per un posto in consiglio federale, in rappresentanza della lega dilettanti che ora opta per frati del convento, quelli che sanno distinguere più un pennino da una gomma che un pallone a spicchi da uno ovale, non poteva durare che lo spazio di un mattino. Si chiama specchio per le allodole. Basta far girare un nome, magari anche sponsorizzato da molti, ed ecco scattare la  rete per mandare il candidato a contare fagioli, così non romperà i maroni, anche perché se tu chiedi permesso, se ti dicono, magari ci fosse in consiglio gente così propositiva,  allora vuol dire che hanno  fatto subito banda per eliminare il pericolo, tanto Petrucci è in una fase di stallo perché la presidenza federale già scontata, unico candidato, potrebbe diventare un problema se con le nuove elezioni politiche ci sarà bisogno di un uomo veramente competente per lo sport. Lui può permettersi, certo, un consiglio federale non figurato come  quello  che fingeva di appoggiare Meneghin a cui vorrebbero far credere che il consolato in via di scadenza è stato davvero brillante. E’ sempre così. Rane che si gonfiano e poi scoppiano. Dicevamo della passeggiata con Brad Pitt fino alla Val Angrogna dove speravamo di vedere, davanti alla Gheisa d’la tana, primo tempio dei valdesi clandestini, il Maurizio Benatti che un tempo fu regista  in Milano, con l’All’Onestà nelle giovanili e poi con l’Olimpia mai ripartita da zero, un ragazzo straordinario per una generazione di giovani che non hanno avuto tutti la stessa fortuna, come il povero Borlenghi, uno che Cesare Rubini chiuse a chiave nel suo ufficio, erano tempi di magra, la squadra era debole e aveva bisogno di tutti, perché aveva annunciato il ritiro per andare a fare il missionario in Africa dopo tante preghiere inginocchiato sul riso. Con lui e Pitt a mangiare la soupa barbetta e la ricotta  avvolta nel fieno. Fase medidativa pensando alla settiumana di eurolega che ci ha restituito la vera faccia di Siena,  dove sono stati messi a sedere  gli acquisti sbagliati, centellinati quelli che credevano davvero di essere grandi giocatori tipo il Sanikidze che si ricorda per tre super prestazioni e si tende a dimenticare che poi te ne fa quindici da incompreso e quindi insoddisfatto del ruolo, dei palloni che tocca , trovando un ruolo giusto per il Brown che ora avrebbe bisogno di un compagno di viaggio nei momenti in cui è troppo stanco per ricordarsi che gioca nella società dei 7 scudetti dove devi lavorare per gli altri e mai per te  stesso. Attenti al Montepaschi rabbioso. Non è forte come in passato, ma un Ress così non lo aveva neppure Pianigiani, o, meglio, non lo faceva rendere così nemmeno il principe delle volpi ora alle prese con i mammalucchi del Fenerbahce, certo un ritocchino sarebbe davvero il lampo nella notte e sai lo spavento di chi pensava di esserseli tolti dai corbelli questi mensanini di nuova generazione. Siena è in una posizione  buona per andare alla seconda fase. Con i  capelli dritti per la paura, ma migliore di come si era presentata all’avvio europeo. Strano davvero questo catastrofismo sulla Milano battuta ad Istanbul dall’ Efes, un muro del pianto. Parliamo di giornali non certo dei visir di casa che erano positivi anche dopo il bagno con Reggio Emilia e la Reyer, inadatti alla situazione: la serie di sconfitte si allunga, ma questa volta c’erano tante buone scuse, l’assenza di Bourousis, l’incidente che ha tolto Gentile dalla partita, l’influenza alla vigilia di Langford dagli occhi di velluto che non stregano tutti compagni, una cosa nota da Bologna  alla Russia, ma cadere e perdere anche il doppio confronto con  la squadraccia di Mahmuti che si diverte a regalare ai nemici un sesto ed inatteso uomo come quel presuntuosone di Erden, che devi sempre pregare di avere come presunto avversario, costa poco nella fase di eurolega che stiamo vivendo: basterà battere in casa Zagabria, anche se ha fermato quelli di Kaunas che, lo sapete, sono la più bella banda di babbi Natale dello sport come spiega la storia lituana, per andare oltre il primo muro. Era il minimo richiesto al los milionarios del Proli, ma per come si erano messe le cose ci siamo tutti spaventati e, ancora adesso, pur con un compitino facile facile da finire, restiamo sul cauto perché non è difficile dimostrare che si può persino difendere, soprattutto quando sei sul burrone della sfiducia di un pubblico mai conquistato, di una società spaventata e piena di dubbi su tutto, su tutti, figurarsi giocatori che a fine mese battono cifre da super campioni, pazienza se in campo, molto spesso, lo dimenticano. Certo non era un tormento difendere contro l’Efes cocciuta  che Farmar aveva abbandonato, preso a misurarsi gli attributi davanti allo specchio delle prime settimane felici, contro una squadra che dava ad Erden la possibilità di ardere come il più triste dei fuochi fatui. Comunque sia qualcosa si è mosso nell’animo in cachemire dei ragazzi in rosso,  in nero, in bianco, vedremo se all’esame di coppa Italia che avremo a febbraio,  sul campo “amico” del Forum, quello sarà il giorno dello sbarco sulla luna dei vincenti o del vagare per anni nello spazio come il Navarro di Alto Gradimento. Ragionare su altre cose non ha senso direbbe don Sergio. Concordiamo. Ha solide carte in mano per dire che lui arriva spesso dove vuole. Per Cantù, invece, il cammino europeo nel girone di ferro sta diventando troppo difficile anche se la corsa sul Panathinaikos non  è ancora chiusa. Passare sui greci nel prossimo turno potrebbe allungare i tempi del sogno, anche se nelle trasferte di  Mosca ed Istanbul ci sarà da mangiare  zuppe di rapa con panna e mandorle all’aceto. Lubiana era il crocevia. Un’avversaria orgogliosa, il Blazic che si è visto portare via dal bel Vujacic matamoros sui rossi di Livio il titolo di MVP di eurolega per il sesto turno, ha scavato nella ferita evidente dopo l’infortunio di Smith perché Tabu, da solo, non può farcela. Anche la Mapooro ha pagato debiti alla sorte dovendo fare a meno di Scekic e alla fatica digestiva dei nuovi, cominciando dal Brooks che non sa ancora di aver fatto un passo avanti nell’evoluzione come giocatore e, troppo spesso, torna a voler essere una prima punta con paraocchi come in A2, ma certo la sua vera colpa non è stata cadere a Lubiana sotto i colpi degli sloveni e degli arbitri quando comandavano Bianchini e il suo alter ego Moizo, ma quella dell’esordio quando la fatica  di una qualificazione sofferta aveva alterato tutto. Si torna al campionato, si brinda pechè adesso sembra quasi codificato il turno di mezzogiorno pro tv, la dual dei dispetti fra il parco Francica e quello di  Trigari su Sport Italia, con La7 che dovrà sostituire il Pozzecco pronto a stupirci come allenatore perché ha giurato che sarà un rompiglione nella culla di Capo d’Orlando. Insomma la grande metamorfosi che  un tempo fece diventare Dado Lombardi, livornese, fenomeno sul campo in gioventù, stella olimpica a Romna 1960. orco mangiapalloni in una carriera da capocannoniere senza mai uno scudetto, un  allenatore spietato con chi non difendeva, a lui per fargli seguire un avversario non bastava neppure cospargerlo di Chanel numero 5. Quello di Pitt, appunto. Siamo curiosi. Arrivederci.