Other, con Alison Moyet un’altra musica
Amiamo
Alison Moyet da quasi quarant'anni... Artista di razza, voce inconfondibile, profonda e poderosa, e una personalità che le ha permesso di realizzare la musica che sente senza compromessi. Il suo nuovo album
Other, in uscita il prossimo 16 giugno (etichetta
Cooking Vinyl) e che abbiamo avuto la possibilità di ascoltare in anteprima e con grande anticipo, arriva
come il precedente The Minutes del 2013, dalla collaborazione con il produttore e autore
Guy Sigsworth e, se possibile, si presenta ancora meno mainstream. Intendiamo dire che non è certamente un disco radiofonico, anzi proprio per nulla, apparendo molto pensato e a tratti difficile al primo ascolto, addirittura sperimentale, ammesso che oggi si possa inventare ancora qualcosa. E di fatto in
Other Alison Moyet, scrive, crea, osa e plasma con la sua testa e voce qualcosa di diverso ed esterno alle logiche dominanti. Ecco che le prime tre tracce - I
Germinate, Lover, Go e The English U - sono tre brani dalle sonorità notturne. I primi due più netti e tirati e il terzo che culla invece l’ascolto e sembra uscire da un tavolo di un night o un giro in auto una sera che piove al ritmo dei tergicristalli. Non togliendosi dalla testa. La Moyet più sinfonica e drammatica è invece quella che plana in
The Rarest Birds, mentre la successiva
Beautiful Gun cambia drasticamente prospettiva, mettendoci dentro un andamento pulsante, rock acido, e... poi arriva, inevitabilmente, il tocco elettronico di
Reassuring Pinches (meraviglioso titolo e testo: "And we're big cats pacing fences, Wild cats counting inches, Hungry seeing hungry, Feed on Reassuring Pinches"). Che ancora una volta spiazza chi si attende (finalmente?) qualcosa di più pop.
10th April è dal canto suo un recitato, non una canzone, che dimostra come Alison Moyet non sia solo interprete e scrittrice di canzoni, ma anche di versi da recitare. Con il cantato che torna poi prepotente, cercando la massima espressione, nella title track
Other, finora il brano che ci ha maggiormente rapiti all’ascolto, arrivando a commuovere: “I am glad for open windows, I call for birds that do not come, You beacon dead eyed welcome”. La tensione ritmica si recupera poi in
Happy Giddy che scivola rapido, fino alla conclusione di
Alive. Un altro brano che chiude il cerchio senza fare nessuno concessione ai gusti da riempipista. Ecco, il catchy che anche noi non dispiace (se di qualità), è quello che non si trova in
Other. Il brano giocoso e divertito, il grande sorriso e la melodia che si fischietta. Alla
Is this love?, per fare un esempio. Ma quelli, va detto, non sono più da tempo ingredienti della musica di
Alison Moyet, sempre che lo siano stati nelle sue intenzioni. Su tale piano ha già dato tanto ai tempi del grande successo post
Yazoo. Quello di
Alf e
Raindancing, prima della svolta del meraviglioso
Hoodoo, che all’epoca spiazzò notevolmente critica e pubblico.
Other è, più semplicemente, un altro passo di una discografia fatta di lunghe pause, e ragionata per essere, se possibile, qualcosa d’altro. Arrivando in un momento della sua vita dove ‘l’osservazione nella maggior parte dei casi sostituisce l’emozione’.