Possesso palla e tanta bontà

Categorie: Calcio
di Antonio Cacopardi 
Nel tardo pomeriggio di ieri, ascoltando i vari opinionisti di Sky, stavo progressivamente prendendo sonno. Poi, all’improvviso, ci ha pensato Vialli a svegliarmi: “Oggi, vorrei vedere il Real Madrid fare un bel possesso palla!”. Non ci riescono! Non possono! Non ne sono capaci! Almeno nel momento in cui si trovano di fronte avversari che, senza indugiare tanto e con risoluta rapidità, la tanto desiderata palla gliela levano, gliela sottraggono, gliela rubano, gli impediscono di giocarla...
Come si può superare il Barcellona nell'aspetto del gioco in cui ridicolizza chiunque? Non so più come dirlo, ma forse mi sbaglio io: si vede che l'Europa è piena si squadroni che potrebbero battere la squadra di Guardiola usando le sue stesse armi ma che le partite di questi squadroni non vengono teletrasmesse. Non sarà un caso che dopo quella del Watford Vialli non abbia più trovato una panchina, se non quella della stazione milanese di Rogoredo. Fino a quando gli uomini di Murdoch, colti da un apprezzabile sussulto di umanità mentre passavano di lì per recarsi al lavoro, non gli hanno offerto un riparo, in compagnia di Sconcerti, Mauro e Rossi (l‘eroe del Mondiale dell‘82, oltre che del calcioscommesse dell’80.…). Un posto dove stare al caldo, mangiare qualcosa, berne qualche altra, e parlare di calcio.
In campo, anzi nel palco autorità, anzi in un box vip, anzi solo soletto nel pullman del Real Madrid, anzi su, nella piccionaia del Camp Nou, in mezzo a 1450 tifosi della squadra che allena, anzi, e pare definitivamente, dentro una lussuosa suite d’hotel da 1500 euro a notte, il fantomatico (o ubiquo?) Josè Mourinho ha messo in atto il suo, meditatissimo, piano. A proposito, divertente immaginare che piano sarebbe venuto fuori se quella camera d’hotel, invece del portoghese, avesse ospitato il “Petisso” Pesaola...Anche i più acerrimi detrattori dell’antipatico portoghese converranno che, al di là della sua presunzione, della superbia e dell’arroganza che lo caratterizzano insieme ad una buona dose di maleducazione, della scadente conoscenza che ha del calcio, della filosofia calcistica assolutamente sparagnina e speculativa che predica e dell’approssimativa preparazione tattica che lo limita, l’ex allenatore di Porto, Chelsea e Inter ha avuto l’umiltà e il buon senso di accogliere i suggerimenti di chi la pensava diversamente di lui.
Ha cambiato modulo e ha mandato in scena fin dal primo momento il bravo Higuain, comprensibilmente ancora all’inseguimento di se stesso, e quel fantasma che da un anno e più si aggira indossando la maglietta di Kakà. 64 a 36 il possesso palla, un pressing un po’ più alto da parte del Real, un gol annullato sullo 0 a 0 del quale si potrebbe parlare, e anche molto, ma meglio evitare, altrimenti qualcuno vorrà equilibrare la bilancia ricordando di quando Maicon si soffiò il naso sulla maglietta di Pedro. A proposito dell’arbitro, sorvolando sui singoli episodi, fra i quali, da ambo i lati, nessuno è parso macroscopico come alcuni di quelli del Bernabeu, bisogna dire che, se non
altro, ha avuto la lungimiranza di far svolgere e terminare la partita in undici contro undici e, a tal fine, di non sopravvalutare nessun episodio sull’onda di una componente emozionale che, in maggior o minor misura, avrà caratterizzato anche la sua prestazione.
Il Barcellona, favorito in maniera determinante da condizioni tattiche rese vantaggiosissime dal risultato dell’andata, ha fatto valere la propria, attuale, superiorità e, spero con buona pace di Vialli e seguaci, ha definitivamente chiarito che, anche qualora lo si volesse, fare possesso palla contro di loro è, oltre che terribilmente pericoloso, anche impossibile. Certo che, stando non solo e non tanto al
risultato finale, ma anche e soprattutto allo svolgimento della partita e al modo oggettivamente sfavorevole in cui i madrileni hanno dovuto impostarla, chissà che quella ignobile idea del “minestraro” di Setubal, di giocare per mantenere le reti bianche all’andata, non fosse quella giusta. Magari avrebbe permesso di offrire agli amanti del football una partita più intensa e emozionante di quella, comunque per niente disprezzabile, vista ieri sera…..
Il calcio, peraltro, come ogni altra attività della vita, è “fatto” anche delle opinioni che suscita
e, al giorno d’oggi, il condizionamento mediatico è talmente profondo che ormai è facile pensare che una libera opinione sia necessariamente frutto di una marchetta, o di qualcosa di simile. Marchette, fuor di dubbio, vengono staccate. Ancor di più, poi, sono le opinioni “offerte in dono” a qualche potente, o spesso pseudo-tale, che rimangono, per così dire, fatturate a vuoto. Io, sinceramente, subisco di più il fascino delle idee che sono frutto di una elucubrazione del proprio cervello, magari malato, ma libero
e indipendente.
Ciliegina sulla torta, la celebrazione pubblica della guarigione del bravo Abidal.
Complimenti sinceri a lui per il coraggio e per essere tornato alla vita, oltretutto in tempi inimmaginabilmente brevi. E perfettamente sintonizzati con l’esigenza mediatica di esaltare il successo dei buoni, o meglio, di coloro che buoni si autoproclamano ad alta voce. Sarà, forse, perché in questi ultimi giorni è tornato alla ribalta della cronaca, mi è venuto un po’ in mente Karol Wojtyla: scelto Papa per motivi politici e
beatificato per impellenti ragioni di marketing. Evviva la spiritualità!

Antonio Cacopardi
(in esclusiva per Indiscreto)