Lo schema del calciatore mercenario

Dopo le emozioni olimpiche è sempre difficile rituffarsi nell'attualità calcistica, a meno di essere pagati per farlo (e su Indiscreto non lo siamo). Per dire: ieri sera ci siamo totalmente dimenticati di Chelsea-Villarreal di Supercoppa, su Amazon, e del ritorno alle telecronache di Sandro Piccinini... E ci siamo anche dimenticati di rinnovare DAZN con i 10 euro di sconto. Proseguiamo quindi con lo schema dei Giochi, scrivendo di ciò che seguiamo e comunque di ciò che ci pare. A partire dal calcio. Da Donnarumma a Lukaku, passando per Messi ed altri (magari Insigne), la partenza eccellente viene venduta da dirigenti e giornalisti collegati in un modo solo, mediaticamente eterno: calciatore mercenario. E pazienza se quasi tutti sono andati o andranno in cerca di situazioni sportive migliori, per il tifoso e il giornalista-tifoso caprone sempre mercenari rimaranno e il grande club con i direttori sportivi superfighissimi non ha potuto trattenerli perché i tempi sono cambiati e via di supercazzola da commercialisti da università telematica, quando il calcio di alto livello anche nel 2021 è roba da ricchi (un minuto di silenzio per una delle ultime interpretazioni di Laura Antonelli). Se poi al CEPU le ricapitalizzazioni, i bond e i prestiti dei soci vengono definiti 'sviluppo' ci arrendiamo. In quale modo in cui gli eroi di Tokyo hanno gestito l'improvviso boom di popolarità, con risultati televisivi clamorosi (per i 100 di Jacobs 7 milioni di spettatori e quasi il 50% di share) e buoni riscontri anche sui giornali (il giorno dopo il doppio oro di Jacobs-Tamberi i quotidiani sportivi hanno venduto quasi come dopo una vittoria dell'Italia calcistica)? Bene, ognuno con la sua personalità ci sembra rimasto quello di prima e ci ha colpito in particolare l'approccio easy di Jacobs, bravo a surfare sulle invidie del clan Tortu, sulle polemiche politiche (cosa c'entra un italiano per sangue e formazione atletica con lo ius soli?), sulle mille offerte che accetterà senza snobismo perché la gloria è breve. Chiaramente diverso il post Tokyo di Tamberi, ma lui era su di giri così anche nei 5 anni in cui non ha saltato più di 2,33 mentre invece nella gara della vita ha fatto 2,37 al primo tentativo. Di Stano e della Palmisano si parlerà meno che dei presunti complotti contro Schwazer, su questo nemmeno si accettano scommesse. Bene Patta, ingiustamente considerato una specie di Forrest Gump (uno che fa i 100 in 10"13 fino a pochissimo tempo fa sarebbe stato in Italia una divinità), benissimo Desalu con una storia personale che gli ha dato la personalità per non farsi stritolare da Jacobs e Tortu, e onesto proprio Tortu nel non complimentarsi con la stella delle Olimpiadi oltre le doverose frasi di circostanza. Come ha osservato Jacobs in un'intervista alla Gazzetta, il loro rapporto è stato cambiato dall'inversione dei ruoli. Perché negli anni scorsi l'outsider Jacobs, da poco uscito dal salto in lungo, accettava di essere il numero due visto che come numero due era partito, ma adesso è cambiato tutto e la logica emigrazione di Tortu sui 200, auspicata da anni, ha quasi il sapore di una fuga. Cosa è saltato in mente a Nico Mannion quando ha firmato una biennale, peraltro con possibilità di uscita verso la NBA nel 2022, con la Virtus Bologna? Di guadagnare tanti soldi in più rispetto al suo two-way contract con i Golden State Warriors, di sicuro. Meno sicuro che per un ragazzo di cultura americana giocare nella squadra campione d'Italia, con ambizioni europee importanti, sia più stimolante del fare panchina con Steve Kerr, nei periodi in cui è stato richiamato da Santa Cruz (30 apparizioni NBA le ha comunque fatte). Giocatore che in Nazionale ci ha esaltato, pur spadellando contro la Francia: per la Serie A super-acquisto, per la Virtus di Scariolo, Teodosic, Belinelli, non vogliamo dire di Pajola e Ruzzier, l'ipotesi di small ball estremo e spettacolare. Ma per la carriera di Mannion? Jannik Sinner ha vinto a Washington il suo primo 500 in carriera, ma soprattutto ha raggiunto il suo miglior ranking ATP: adesso è numero 15 del mondo, il secondo italiano dopo Matteo Berrettini che è numero 8 e che con Sinner ha in comune davvero poche cose: fra queste la rinuncia alle Olimpiadi, anche se quella di Berrettini è stata in qualche suggerita dalle condizioni fisiche. Domanda scontata: Sinner ha fatto bene ha rinunciare a Tokyo pur stando benissimo ed avendo i Giochi la stessa superficie utile alla preparazione degli US Open? Risposta scontata: no, rimane una stupidaggine. Anche solo come marketing, senza tirare in ballo grandi ideali. Abbiamo ieri visto la sconfitta con Duckworth a Toronto, su cui non ci sono da fare grandi ragionamenti: alti e bassi di un ventenne che fra due o tre anni avrà uno Slam in canna proprio come ce l'ha Berrettini.