Il mito di Antonio Conte

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Tutti vogliono Antonio Conte, o almeno così sembra. L'ultimo ambiente ad essere caduto nella sua trappola è la Roma, dove adesso qualcuno ha addirittura paura che glielo portino via... Eppure portare via alla Roma uno che non ha ancora nemmeno fatto di sì con la testa non sarebbe una grande impresa.



Inter, Milan, Bayern, PSG, forse anche il Colo Colo. Non è difficile inventarsi una destinazione per un allenatore disoccupato, oltretutto scrivendo cose vere: che Marotta lo vorrebbe (ma certo non Zhang e nemmeno i principali sponsor dell'Inter), che Gazidis lo ha apprezzato in Premier League, che nonostante il contratto Tuchel è in bilico, eccetera.

Fatti i complimenti a Conte, ci risulta però incomprensibile l'attesa messianica per un allenatore di 50 anni che a livello internazionale ha combinato in generale poco e a volte ha fatto ridere, in rapporto ai mezzi a disposizione. Nella prima Champions League alla guida di una Juventus già da corsa (Buffon, Bonucci, Chiellini, Pogba, Vidal, Pirlo) ma senza grandi attaccanti, non eravamo ancora alla santificazione di Quagliarella, Conte fu letteralmente disintegrato da un Bayern Monaco che poi avrebbe vinto la coppa con Mandzukic e tutti gli altri.



Nella seconda Champions bianconera, nonostante l'arrivo in attacco di Tevez e Llorente, l'eliminazione ad opera del Galatasaray di Mancini già nel girone, peggior risultato europeo dei bianconeri nella loro storia moderna: per molto meno Allegri sarebbe stato linciato, ma Conte era già abile nella narrazione del 'come siamo poveri, per l'Europa ci vuole altro'. Poi in pratica quella stessa squadra, allenata da Allegri, l'anno seguente quasi avrebbe alzato la coppa in finale con il Barcellona di Messi e Neymar...

La sua Nazionale lacrime e sangue di Euro 2016 la ricordano tutti, con Pellé e Eder di punta, la difesa e lo spogliatoio blindati dalla BBBC e la creatività delegata a Giaccherini. Una grande vittoria contro la Spagna negli ottavi, una onorevole sconfitta ai rigori con la Germania nei quarti, niente per cui scendere in strada a festeggiare o da indicare come modello ai posteri. Peggio di Prandelli ma meglio di quanto avrebbe fatto Ventura, del resto la gestione Ventura permette a chiunque di essere rivalutato. Al Chelsea Conte ha fatto bene in Premier League, vincendo il titolo con una squadra da titolo, ma non più da titolo del Manchester United appena andato a Mourinho o del City appena assegnato a Guardiola: secondo noi la sua migliore stagione, paragonabile alla prima nella Juventus ma con giocatori nella media più forti. La seconda è stata invece di tutt'altro spessore: fuori negli ottavi in Champions contro un Barcellona minore, fuori dalla zona Champions in campionato, la FA Cup alzata prima dell'addio.


Stiamo parlando quindi di un bravo allenatore, di uno che quando ha avuto squadre da corsa a volte ha vinto e altre no, ma certo non di un guru o di un costruttore di squadre migliore di quanto siano Di Francesco o Spalletti (per tornare a Roma e Inter) che invece hanno tutt'altra stampa, soprattutto Spalletti mentre DiFra ha ancora un giro da emergente con l'occhialetto acchiappa-nerd. Per non parlare di Delneri, che già nella sua Juventus faceva giocare insieme Bonucci, Barzagli e Chiellini, sia pure in una difesa a quattro. E quindi? Conte bravo allenatore, ribadiamo, anche nello spronare i giocatori e nel far credere ai tifosi di avere rose modeste. Ma con un'immagine da Eziolino Capuano dei ricchi e un atteggiamento da indiscutibile che non gli giovano, soprattutto nei rapporti con i giocatori di maggiore personalità.