Il fallimento di Conte e Marotta

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L'Inter dopo lo 0-2 con il Real Madrid è di fatto fuori dalla Champions League e Antonio Conte sarebbe stato già esonerato se a San Siro ci fosse stato il pubblico, se la proprietà del club fosse italiana, se la squadra non fosse stata costruita, Eriksen a parte, per onorare il suo 3-5-2, se non ci fossero ancora una trentina di milioni lordi da dargli oltre ai soldi di Spalletti e di Allegri, se Marotta non si fosse a suo tempo speso così tanto per lui.



Cinque 'se' che non mettono in pericolo la panchina di Conte nell'immediato, anche perché la sua strategia di comunicazione è evidentemente cambiata ed il solo fatto di averlo notato ci ha attirato il vomito Twitter di alcuni interisti dodicenni (di cervello). Però dopo i primi 33 minuti di ieri non saremmo più così sicuri che Conte concluda la sua seconda stagione, sulle tre di contratto, con l'Inter. Ha perso carica, non trasmette più niente.

E questo non c'entra niente con la competenza: Conte è un ottimo allenatore (negli ultimi anni i media italioti ripetevano 'Uno dei primi due o tre del mondo': ma in base a cosa?), sicuramente più competente del pubblico che lo guarda e dei giornalisti che gli danno le pagelle, ma come tutti i suoi colleghi deve prima di tutto entrare nella testa dei giocatori. E in troppi, da Hakimi a Skriniar, da Lautaro Martinez ad Handanovic, sono sotto al loro standard.



E quindi? Soltanto un campionato di testa e convincente può tenere Conte all'Inter ancora per qualche mese, mentre più delicata è la situazione di Marotta. In due anni di Inter ha cercato di riproporre schemi manageriali da Juventus, riuscendoci soltanto con i media, quando invece sarebbe servito di più il direttore sportivo del Varese. Allegri l’ultimo treno per lui, se vuole scongiurare l’arrivo di qualche fighetto con l’occhialetto ed il master.