I duri della Supercoppa

Categorie: Cantucky
Chiusa finalmente la parentesi del basket di settembre, che è un po’ come dire il calcio d’agosto, sabato a Rimini si gioca la Supercoppa Italiana. Finalmente si alzerà un trofeo. Le contendenti sono le stesse dello scorso anno e di molte disfide dell’ultimo settennato, con intrusioni di Milano e altre formazioni: la Mps Siena del post Pianigiani e la Cantucky targata Mapooro, l’integratore della famiglia Cremascoli, sempre in attesa che arrivi uno sponsor (potrebbe essere ancora una nota catena della grande distribuzione: purtroppo non l’Esselunga di Bernardo Caprotti, che a detta di chi scrive sarebbe lo sponsor più adatto). Il gioco si fa duro, verrebbe da dire. Quindi, tocca ai duri cominciare a giocare: When the going gets tough, the toughs get going!, esclama un assatanato John Belushi in un memorabile film, prima di essere stroncato da un’overdose letale e gargantuesca (siamo tutti devoti di Quentin Tarantino: citazione da Daryl Hannah in Kill Bill 2, mentre Michael Madsen rantola a terra dopo il morso di un Black Mamba. C’è sempre un pizzico di basket, nell’immaginario popolare e cinematografico..). Siena è stata letteralmente stravolta: in campo sono rimasti solo il nuovo capitano Marco Carraretto e Tomas Ress, in panchina Luca Banchi è un esordiente per modo di dire. L’astuto Minucci sembra aver estratto dal cilindro l’ennesima point-guard dall’avvenire radioso: Bobby Brown. Che, assieme a Daniel Hackett e Matt Janning, forma un bel trio di esterni. Cui presto potrebbe aggiungersi, raggiunta la piena forma, anche il temibile Kemp. La batteria dei nuovi lunghi - Eze (nuovo si fa per dire), Kasun e Rasic- è sulla carta di valore indiscusso; vedremo a conti fatti sul parquet.Cantucky ha cambiato molto, ma non come Siena. Jerry Smith, Jeff Brooks e Alex Tyus sembrano poter dare ai ragazzi di Anna Cremascoli atletismo, vigore, spumeggiante esuberanza fisica ma non solo. L’architrave canturina è però ancora rappresentata da Nicolas Mazzarino, 37 anni e tanto Gerovital in corpo, avrebbero detto Claudio Pea e Werther Pedrazzi negli anni Ottanta, quando magnificavano la perdurante grandezza di Mike D’Antoni; da Manu Markoishvili, giunto forse all’apice della sua carriera; da Marty Leunen, che sopperisce alla partenza di Micov e alla riserva infinita di fosforo garantita dal geniale serbo. Leunen quest’anno è The Brain, la Mente, ossia il riferimento di ogni trama. Noi canturini villani contiamo ovviamente sullo spirito di rivalsa che anima Pietro Aradori (siamo certi che disputerà una grande partita) e sul coriaceo friulano Marco Cusin, una garanzia sotto le plance. Sabato saremo a Rimini, assieme ad almeno un migliaio di cantuckyani  speranzosi. La sfida principale, tuttavia, si giocherà in panchina. Da una parte Ferdinando Minucci, grande traghettatore nei mari di tempesta della crisi bancaria di Siena (intesa come città-sistema), l’uomo dalle occhiate di ghiaccio; dall’altra Andrea Trinchieri, il vero asso della Cantucky 2012, l’uomo che a 44 anni, e alla quarta stagione in bianco blu, può finalmente arricchire gli stendardi che suggellano i trionfi sul tetto del Pianella. Ce l’hanno sussurrato le mura del palazzetto di Cucciago, settimana scorsa; è il momento coach, gli dei del basket contano su di te. Cantucky  e il suo popolo hanno sete e fame di successo; anche John Belushi è con te coach, Siena questa volta può saltare un giro. Fabrizio Provera, 20 settembre 2012