Forum di fantasmi

Categorie: Vuoti a perdere
Oscar Eleni da Cao Changdi, la casa studio pechinese dell’artista dissidente cinese Ai Weiwei, fra telecamere e opere bellissime, fra spie e manigoldi, fra cani e gatti che illuminano la vita della Fake Design, falsi disegni, per far sapere al genio che ha pensato il famoso Nido olimpico per i Giochi 2008, che anche da noi sei monitorato se vai contro chi pensa di aver fabbricato il vapore, che devi fare gli auguri di nascosto per il compleanno a Tony Cappellari colpevole di aver guidato l’ultima vera grande Olimpia con Peterson,  con addosso una candidatura per il consiglio federale che, conoscendo l’ambiente, lo brucerà ancora prima di uscire dalla casa degli spettri dove Gianni Petrucci sta costruendo il suo nuovo governo per un basket che vada oltre il muro di cinta della città proibita dove il calcio prepara la notte dell’inferno per Juventus-Inter. Fuori dalla gabbia prigione dove vorrebbero tenerti, guai avvicinare i giocatori, vederli lavorare sul serio, guai protestare se ti mettono davanti al tavolo dove lavori gli invitati da lor signori, i sosia delle scimmie nasone, gli sgommati che si fanno fotografare con le bionde e le brune, con i calciatori di passaggio, con le maschere  del nuovo che non avanza. Fuori, nel freddo, per battere le mani anche al basket rosicchiato di casa Italia, perché una partita come Varese-Cantù, anche se nella cornice di un palazzo storico purtroppo superato dal tempo, concilia, fa divertire, ci dice che qualcosa accade e non è soltanto il solito Bounty che sprofonda in North Carolina schiaffeggiato dall’uragano Sandy come fece il capitano Christian con il feroce comandante dalla frusta facile. A Varese godono, a Sassari stragodono e si divertono come dice il presidente Sardara che se la ride quando vede gli avversari lasciati indietro che mandano spie per capire dove ha trovato i soldi, ma, soprattutto, come ha fatto a convincere i cugini Diener che non esiste pesce migliore di quello che servono i ristoratori sassaresi, carne più buona di quella che mangeranno i giocatori del Siviglia e poi delle altre avversarie europee schivate con fastidio da altre italiane che pure avevano il diritto, ma che, furbe loro, hanno fatto sapere di rimetterci sempre e soltanto quattrini. Sassari  e l’urlo di Conan Sacchetti, di cui siamo orgogliosamente i sosia anche se lui ingrassa e noi deperiamo, ma lui vince, ha già vinto con il  cinque su cinque anche se dovesse andare male tutto per accumulo di veleno e fatica nel doppio impegno. Vince e non ingrassa il Frank Vitucci che segue il detto veneto dei saggi, prima di parlare taci, se la gode pensando a come era stato trattato a Treviso nella commedia degli equivoci che ha spezzato troppe amicizie, nel momento in  cui i Benetton, come Sandy, hanno  mandato in corto una città che soltanto adesso ritrova la sua genuina passione, come se ai tempi dell’oro si fosse stancata di essere davanti alle grandi città, alle organizzazioni che si sentivano grandi. A proposito, non è vero che la Benetton è fallita e per questo Treviso è fuori dai giochi dei burocrati con l’abaco sulle chiappe. Altre società sono fallite davvero, una due, tre volte, altre hanno sperperato beni fino a doverli vendere in un’asta pubblica, ma non Treviso. Questo lo sanno tutti, anche se non è ancora chiaro a tutti perché siano finiti in promozione. Ma a costo di non farci salutare più dai Renzi e da chi ne cura l’immagine laccata, così uguale alle scimmie nasute del Forum, pur sapendo che persino Meneghin ci ha menato il torrone con la storia dei regolamenti, noi diciamo che una Lega capace di vivere su sfide come Varese-Cantù, che può vantare un torneo dove Pesaro e Bologna si scanneranno, perdendo più del previsto, per far entrare a bilancio il premio assegnato, nella solita confusione per chi azzarda sull'azzurro tenero. Sapendo di fare il male come si vede bene,  a chi utilizza più italiani. Siamo a questo nei regimi dove troppe regole ammazzano la vera libertà creativa. Si devono aiutare i vivai in altro modo, si deve vendere il prodotto molto meglio, puntando sugli affetti e non sugli effetti. Questi non sanno che il Madison di piazza Azzarita  fu inventato da Gigi Porelli studiando l’ambiente, la gente, la natura stessa del suo popolo: colori e non pubblicità sparate alla pene di segugio (a proposito, arbitri birboni che tenete “pulite” le panchine vi siete accorti che i tabelloni luminosi  hanno un effetto devastante per gli occhi dei giocatori più dei laser del becero in tribuna, delle trombette in panchina?), ambiente elegante, ma non elitario, musica di sottofondo per ballare insieme e non per evitare di rivolgersi la parola perché intanto il vicino non potrebbe sentirti. Questi non curano i particolari e non arrivano mai alla sintesi. Vedi la vendita dello sport professionistico americano e capisci che non tollererebbero mai scarpe rosa e scarpe verdi, scaldamuscoli da nonna Abelarda, vedi le università nel football, nel basket, e scopri che non esistono scorciatoie per chi gioca nella tua squadra. Dicono che a Milano è arrivato il tempo del terrore inteso come multe. Ne dai una pesante dopo la figuraccia ad Avellino e i muri fanno rimbalzare fuori la storiella che siamo arrivati a 50 mila euro per ogni testolina nello zoo di don Sergio. Esagerazioni, esistono limiti direbbe l’associazione giocatori, ma intanto li vedi ciondolare quei milionari pagati dal genio di Armani, li trovi sempre un po’ cupi, una tristezza  sul campo di lavoro ben diversa dallo stato d’animo che i “ragazzi” della loro età e con il loro portafoglio mostrano ballando sui tavoli, mangiando pesce crudo, facendo vasche fino agli intrugli più costosi. Milano come tante altre squadre. Il pesce puzza sempre dalla testa. Si soffre in allenamento, ci si diverte in partita. Non il contrario. Non chiedeteci se abbiamo verificato di persona. Non ce lo hanno permesso quando eravamo davvero curiosi di capire il nuovo che avanzava, adesso è tardi. Si tengano la loro torre di Babele dove tutti parlano una lingua diversa, tecnica, del cuore, con cervelli da ammassare  al  nuovo ordine come facevano i ragazzi in camicia bruna. Un collega di Reggio Emilia ci ha chiesto perché è stato così difficile tentare di avere una intervista con l’ex bambino prodigio reggiano Melli, non gli abbiamo creduto, ma poi o Viperigno sul Carlino, l’acutissimo Angelino della Costa, ha confermato in un pezzo esemplare che chiarisce molte cose in poco spazio e questo per la nostra rabbia costretti a questi viaggi troppi lunghi. Milano è in crisi nella settimana più dura. Kaunas e poi Siena. In Lituania, conoscendoli, sono capaci di riesumare la cara estinta che se la gode quando deve pensare poco e tirare tanto da tre e se gli va bene è festa nel borgo. Su quel campo, però, ci saranno anche più di 15 mila persone, ne hanno avute, dicono, ma chi crede a tutti questi degli altri mondi che gente in tribuna la mandano anche in tempi di crisi?, persino 16 mila per la partita vecchie glorie dove c’era pure l’onorevole Sabonis. Da noi non si scaldano per i ragazzi messi troppo presto su auto lussuose, figurarsi per le vecchie glorie che se volessero tornare al palazzo dovrebbero pagare, fare i questuanti con gente che ai loro tempi, quando erano re, neppure portava l’acqua in campo. Non chiedeteci perché Thornton è risorto a Sassari, non domandateci perché Ere è così’ diverso da quello confuso di Caserta, non riusciamo  a spiegare a chi odia tanto Pianigiani che i  progressi mentali di Datome, di un Cusin sempre troppo falloso e scivoloso nei blocchi, che certe cose nascono dal lavoro serio, dai progetti tecnici che non portano alla micosi, dall’armonia interna dove tutti sanno che parte interpretare senza chiedersi se Langford diventa geloso quando Hairston punta a canestro e vicevrsa, senza andare oltre Freud per capire cosa ha mandato in corto lo Smith che non vedeva ombre fino a quando ha sentito di non essere il preferito della casa, senza fare troppo i furbi per capire che il Green di Varese e il Cianciarini di Reggio Emilia non sono gli stessi che erano a Cantù. Esisterà un motivo? Ah saperlo. Pagelle e tigelle in Rivabella, a casa di Ugo che ancora fa fatica a muoversi per la rabbia del Diego Pastori che ogni tanto svolazza nei palazzi e che ci ricorda sempre le tavolate della rabbia ai tempi in cui  si doveva ascoltare di tutto, senza  aver bisogno del preparatore mentale: 10 A Sergio SCARIOLO perché nell’analisi su una squadra senza orgoglio, nella valutazione del gruppo e dei singoli è perfetto. Meglio, sarebbe perfetto se li giudicasse da fuori e non li guidasse proprio lui questi moschettieri del cardinale. 9 A Giorgio ARMANI che abbandonando l’arena del Forum, prima della fine dello scempio contro Reggio Emilia, si è avvicinato al suo plenpotenziario per accarezzarlo, forse anche incoraggiarlo. Speriamo che resti sempre così sereno. Per il basket a Milano, per il basket in generale. 8 Al CARRARETTO che era stanco di sentirsi chiedere se era davvero vecchio, se il nuovo regime tecnico alimentare lo aveva portato fino in fondo alla panchina. Va bene che Biella non era un test, ma neppure Avellino o Reggio lo erano per Milano, almeno prima di cominciare. 7 Ai BULGHERONI che nel loro angolo di Masnago vivono la tradizione, la passione, soffrono,imprecano con figli e nipoti sulle ginocchia, tifano, amano. Gente così la lasciamo al cioccolato e al golf mentre da noi comandano quelli che vorrebbero farti mangiare la merda giurando che stanno servendo risotto. 6 Al SARDARA che vive l’incanto Dinamo. Non si è inventato nulla. Ha scelto uomini in gamba, dal manager all’allenatore, poi ha lavorato ai fianchi chi poteva davvero aiutare senza invadere. Uno così, in Lega, dovrebbero ascoltarlo spesso, ma, si sa, i legaioli seguono la massima di Montanelli ben adattabile al sistema:” Non c’è alleato più prezioso di un nemico cretino”. 5 Al POLONARA che ci piace tantissimo quando va a battersi su ogni pallone, quando non si illude di essere già arrivato, ma molto meno quando pensa di guadagnarsi la paga e la gloria facendo l’uomo che vive con la curva. Le curve vere sanno riconoscere i giocatori veri, quella varesina, poi, ha visto di tutto, da scoreggioni malefici che hanno portato alla retrocessione, ai grandi che hanno scritto la storia appesa al soffitto del Pala Borghi. Loro sanno, non c’è bisogno dell’inciucio. Insopportabili i giocatori che dopo un canestro pensano al coro e non a tornare in difesa. In fretta. 4 All’AMOROSO che non fa più dududu dadada con Ticchi e con Pesaro. Sapevamo che  sarebbe stata già difficile la stagione Scavo, ma la fede della gente, quasi 4000 abbonati pur sapendo dell’emergenza, eravamo sicuri, avrebbe aiutato tutti, persino chi aveva un carattere difficile. Con lui è andata male. 3 Al MONDOCANE BASKET che non fa una piega per il protrarsi della disoccupazione del capitano di Azzurra, lo Stefano Mancinelli che aspetta sul fiume. Ora in questa comica battaglia per valorizzare il giocatore italiano come va giudicata questa mancanza di lavoro per un giocatore che non è numero uno come gli diceva chi voleva fare del male, che non è sempre fenomenale, ma sul campo ci sta benissimo perché passa la palla come pochi, perché sa battersi. Boh. 2 Il CASO NAPOLI fotografa tutto il sistema come potrebbero giurare in altri posti dove chi doveva pagare arrivava sempre un giorno dopo. Ora verrà fuori che la Federazione dei burocrati che sa contare gomme e pennini forse ha sbagliato i conti. Sarebbe  una comica. Un’altra. 1 Al caro ATRIPALDI che non trova più risorse per rendere credibile la sua Biella appena incensata per il sacco per il sacco contro la Caserta da viaggio che aveva fatto cantare il gallo Scariolo all’esordio di una Armani che poi lo ha tradito. 0 Ai CORVI che infastidiscono le scimmie nasone perché vedono crisi irreversibili dove, invece, ci saranno resurrezioni prodigiose. Ora, per fare un caso, ci sembra logico che Bologna, Roma, Siena, Cantù  pensino più in grande di chi le precede attualmente in classifica, ma non diteci che sarebbe prodigioso se l’Emporio Armani che costa  molto di più dell’atelier acquistato in Galleria a Milano, il doppio, il triplo e anche quattro volte se prendiamo i più poveri del campionato, alla fine arriverà almeno ai due obiettivi più facili, cioè quelli italiani, mentre per l’Europa stiamo a vedere perché il sole non può essere rappresentato dalla vittoria sull’Efes, tirando da tre, sempre da tre, o   da quella di Zagabria. Elementare cari Watson che mi state in cagnesco. Ammetterete, però, che costruire una casa a molla e poi rimetterla in piedi dopo ogni scossa è stressante e non attira, forse è per questo che al Forum devono portare gli ascari del tifo truccati da appassionati. Oscar Eleni, martedì 30 ottobre 2012