Fattore Kappa

Categorie: Vuoti a perdere
Oscar Eleni dal Minnesota, sui laghi della riserva della Terra Bianca dove i nativi americani che votano per la libertà e il buon cibo raccolgono il riso selvatico che rischia l’estinzione per il solito caos degli ecosistemi in questa guerra dove le tigri perdono i denti e i dragoni  si mangiano le foreste. Come mai così lontano nella settimana del riscatto Armani? Per non sentir cantare questi tipi da pomodoro siccagno, per non dover ammettere che il Pedrazzi dell’ultima legione ha davvero centrato il commento sulla sentenza tardiva del caso Siena-Milano, perché se certe dichiarazioni della coppia Scariolo-Proli non sono lesive allora vuol dire che sono vere? Boh, come diceva don Abbondio? Minnesota invece del Brasile per mangiarsi del Licurì perché il viperigno Angelo Costa ci ha fatto venire il nervoso nella sua ultima bellissima rubrica per il Carlino: in poche righe ha fotografato così bene il pianeta basket che non bisognerebbe aggiungere altro e noi, invece, andiamo di sbrodolamento. Servirlo in fotocopia  al sistema che fibrilla per le lezioni, come suggerimento a chi subentra, farlo meditare a chi salta sui banchi adesso che hanno inventato una sperimentale senza Pianigiani per irrobustire la sagra del 16 dicembre quando a Biella ci sarà il giorno delle presunte stelle. Be', qualcuna gioca ancora da noi, ma sarà interessante capire anche chi sono questi nuovi azzurri da esibizione,  sapere se alla voce della “patria” risponderanno tutti o ci sarà la solita corsa al medico di base per  avere l’esonero. Tanto l’orco Simone dovrebbe starsene ad Istanbul e allora perché sacrificarsi visto che su Capobianco non c’è la solita luce, forse anche perché, avendo il contratto federale, si era avvicinato alla via romana, dove fanno e disfano, chiedendo se poteva assentarsi per allenare, magari, Avellino dove ancora adesso sembra fra i grandi rimpianti se è vero che ci sono tifosi dei  lupi che vanno in trasferta soltanto per insultare il Valli che non sorride a tutti. Lo facevano anche con Boniciolli prima di  saltare e ballare con la sua coppa Italia, invidiosi pure adesso che gli hanno affidato la nazionale in terra Vinokourov. Attento Matteo a non dare proprio tutto. Anche da noi ci sarebbe bisogno di gente  che va in palestra come in miniera. Voci lontane, rimorsi vicini. Adesso bisogna pur dire che l’Emporio Armani ha lasciato indietro un giro la nuova Siena. Cinque punti alla fine? Falsi. Lotta fino all’ultimo secondo. Non è vero. Come non è vero? Sì la battaglia c’è stata, ma da una parte, quella di Milano, era l’aria troppo fine della supremazia  sulla montagna degli stambecchi a far giarare la testa più della palla, le palle del plenipotenziario più degli uomini del ricco mercato visto che per le cose serie la rotazione è stata ridotta a 8, dall’altra parte, cioè Siena, erano quintetti disperati da battaglia di El Alamein contro i carri armati. Certo che hanno orgoglio anche questi nuovi  mensanini, ma sono in minoranza dentro una squadra dove Kasun, Kangur, Kemp sono davvero il fattore kappa negativo, dove Brown segna tanto, ma prende anche  a calci, troppe volte, la dignità dei compagni, lasciandoli sconcertati ed immobili a guardare cosa combina lui. Milano e la sua voglia di essere camaleontica quando gli altri non accettano di misurarsi la lunghezza della panchina più che del pisello, quando non si fa più la gara per vedere chi sputa più lontano, chi tira più volte da tre punti, accettando il confronto sulla corsa, e anche qualche prova di coraggio. Minucci chiede sempre la verifica del mese che verrà, forse anche della coppa Italia a fine inverno, ma di sicuro se non interviene adesso a bonificare il gruppo arriveremo alla conclusione che il Banchi grossetano era un eccellente assistente, ma come prima monta sembra non ottenere mai quello che chiede con quegli urli fino a sgolarsi che sanno più di generale disperato che di condottiero sicuro delle sue idee. Anche per Scariolo gli esami che contano verranno più avanti, ma lui affronta le cose come un gatto sornione, tiene accesa la luce della sua sala di guerra tutta la notte dando soddisfazione al Proli che anche nell’ultima intervista al Pisa di Repubblica conferma di essere quello che sapevamo, nulla di più, nulla di meno:” Spendere abbiamo speso tanto, ma meno di chi ha vinto in questi anni. Nessuno, in Italia, è arrivato al titolo, partendo da zero, prima di 7-8 anni, noi siamo al quinto”. Eh sì. L’acqua, la classe, la cultura e la strana idea di dove stia lo zero. Tutto è riassunto in questa risposta che spiega il resto e fa felici chi voleva la rivoluzione, razionalizzando le strutture produttive, eh sì, qui si parla di produttività, obbligando i piccoli agricoltori ad abbandonare. Per fortuna non la pensano tutti così. Si resiste. Si perde perché se vai alla guerra e loro hanno i mitra, i cannoni e tu soltanto la fionda. Se ne parla da secoli del colosso Golia mandato nel mondo degli ignoti con una fionda. Viva l’Amaranto di Theucan, ma vincerà il più forte. Vedremo come saprà farlo. Per adesso godiamoci il miele indiano che si mangia a Varese, facciamo festa con tutti quelli che hanno almeno un Moraschini e un Polonara da mostrare al mondo degli scettici. Caro Pianigiani un giorno ci spiegherai perché Polonair era fuori dal vostro giro. Ci resta poco prima di cadere nella botola dove il nuovo Scià, che assomiglia tanto al prestigioso Marchionne, farà precipitare chi non ha capito come si trova il sale di Kusamba, una decimazione necessaria per arrivare a dominare fra i ciechi essendo soltanto orbi. Vedremo come reagirà il sistema al nuovo potere. Che sia nuovo lo capisci da tante piccole cose se in certe partitacce il migliore in campo non è mai un giocatore. Non ti bastano Melli e Gentile per capire che il futuro gira in scarpe rosse? Questo è vero, così come è anche verissimo che Langford ed Hairston sono membri del club di una spada che ha cancellato il verde dal paradiso dei canestri. Ma è anche vero che il talento, la superiorità tecnica, non sono sempre stati la chiave per capire, così come i soldini. Nella storia sportiva sono sempre state le motivazioni a creare il grande risultato e i motivatori la vera forza di una società. Dipende dalle parole che usano e da come sapranno parlare alle scimmie nasone. Fino a quando può resistere Varese da sola in testa? Fino al giorno dei giudizio contro avversari che pesano di più, in tutto. Loro pungono e danzano intorno al nemico grande e grosso, ma poi capita che le energie finiscano e succede pure che l’armonia dei giorni in cui tutti avevano fame  si rovini in un fast food da poche dracme ascoltando gli stornellatori che non mancano sotto nessun monte. Per Cantù la solita maledizione degli infortunati nei ruoli chiave? Be', intanto non siamo al punto critico della scorsa stagione. Poi Smith aveva perso la connessione con la panchina sapendo forse che anche quando andava bene lo consideravano provvisorio. Ora vedremo come cambieranno le cose, l’uomo da scegliere. Sul regista in campo che diventa la mente dell’allenatore sappiamo da sempre che i grandi tecnici avevano dei traduttori simultanei dentro le linee, mentre quelli che sono soltanto bravi allenatori pretendono che il creatore di gioco penda sempre e soltanto dalle loro labbra, anche quando sono raffreddati da certe scelte. Pagelle come le suovas svedesi di renna. 10 Per Gigi DATOME, Oscar Reverberi, arbitro emerito in gterra benedetta, a Quattro Castella, perché la sua scelta di restare a Roma, di seguire la via di Calvani, che poteva anche essere solo calvario, gli ha liberato la mente, dato una giusta dimensione, protagonista nella Roma che non ti aspetti, quella che costa meno di tutte le altre viste fallire in questi anni, quella che è diversa perché sente il campo come terra di conquista anche parlando come Brancaleone. 9 Ad Alessandro GENTILE che è riuscito a regalarci finalmente un sorriso dopo una bella partita. Gli occhi di brace servono all’inferno, ma la sua vita è in paradiso, anche quando sembra purgatorio. Lavorare duro, pensare limpido, essere duri per durare e non quando le cose vanno soltanto bene. 8 Allo Scott REYNOLDS brindisino che ha ridato colorito alla faccia smunta del Piero Bucchi incatenato alla roccia della recriminazione. Se hai uno che regala 12 assist in una partita allora tutto funziona meglio persino per il confuso Viggiano. 7 A Ricky MINARD che ha capito bene le parole di Sabatini, che si è reso conto di non poter fare l’icona in una città dove il basket è religione, cultura, è mondo dove si può ingannare qualche volta, mai per tutto il tempo. Certo non sarà sempre un 10 su 12 nel tiro da 3 a beatificarlo anche se ha scalzato il Richardson del derby novembre ‘88, ma intanto si è mosso direbbero i senesi incazzati guardando il Kemp zoppicante. Certo è un mistero che certi uomini sposino certe donne. 6 Al CINCIARINI di Reggio Emilia che dovrebbe far suonare qualche campanello nella zona Cantuki. Bocciarlo così  presto ci è sembrato un errore. Non parlateci di costi. Non è  quello. Lui ha dimostrato, anche in Nazionale, di poter servire, umilmente, la causa di un gioco che prevede anche la figura del servo di scena, basta che le battute arrivino al tempo giusto e siano fatte bene, basta che nella compagnia ti vogliano bene. A lui volevano bene. 5 Al SACCHETTI che doveva accorgersi di come potesse fare male, anche ai cugini, al vecchio Thor, l’abbuffata di spaghetti con bottarga e il miele di mirto. Senza le precauzioni difensive si finisce presto per essere infilzati e cucinati. Certo che il  5 su 5 sembrava un miracolo, ma attenti  a perdere zucchero e sale nello stesso mese. 4 Al Luchino VITALI che sembra tornato nel girone degli infelici anche se Caja aveva usato un artiglio con pelle di castoro per i suoi primi giorni nella zona C del campionato. Quando era ai piani superiori diceva che stava meglio in provincia. Ora sembra di no. Ma sbagliare e giocare male non gli farà del bene, né migliorerà i suoi guadagni. 3 Al MANCINELLI ancora disoccupato che vuole una ribalta  europea. Ha ragione, ma ci faccia il piacere di rendere noto il compenso richiesto, tanto poi lo dovrà dichiarare per le tasse, tanto i contratti finti d’immagine rischiano sempre di essere  oggetto di cure alle Fiamme Gialle come sanno le società costrette a tremare dal corvo dei canestri che assomiglia a quello di casa Marzotto, perché così avremo il quadro che va in corto appena si ragiona sul giocatore italiano. Questo è il capitano di Azzurra e, in attesa che a Bologna la Fortitudo torni ad essere amata come ai tempi del Visir Seragnoli quando il cielo era davvero più bianco e più blu, faccia un passo verso Pesaro, vada a trovare Valter Scavolini che merita di non dover soffrire come ai tempi in cui guardava da fuori  una società lacerata dal cesarismo di un consiglio spropositato e, se andava proprio bene, si dovevano fare notti in pullman per andare a vedere spareggi salvezza. 2 Al GIUDICE della Berlino federale che ha scelto proprio il giorno di Siena-Milano per arrivare a dirci  che Proli e Scariolo non hanno varcato le soglie dell’indisciplina verbale, hanno detto il vero o il falso?, ah saperlo direbbe Pedrazzi, una cosa che si poteva decidere in estate liberando la prateria di vecchie carcasse. Tempismo da arsenico e vecchi merletti. 1 Alla TELEVISIONE  tarantola che, come dice Costa, fa di tutto per tenere lontano i pochi fedelissimi che aspettano il basket cambiando orari, giorni, mantenendo, purtroppo, soltanto lo stesso bigino per la cronaca spumante d’anteguerra degli stessi che fingono di rimpiangere Giordani. Non ha un senso. Ma, cara gente, vi sembra che  qualcuno lavori per il basket con una visione che vada oltre India, Russia e Inghilterra? No. Loro fanno di conto. Pensano che siano le entrate e far nascere le idee. Il contrario, ovviamente. Questi si gasano per l’aumento di qualche spettatore e la pallavolo femminile, ridotta all’osso dalla crisi, nell’ultima giornata di campionato, ha fatto più di 3000 spettori di media. State in campana direbbe Henry Bell. 0 Alla SCIVOLOSITA’ dei campi, delle candidature, degli arbitraggi da nuovo regime, dei giocatori che in settimana corrono forte e in partita sono sempre con le braghe in mano, alle scelte dei giocatori per lavorarci sopra e non avere begli allenamenti. C’è del marcio in uno sport dove i più bravi sono tenuti spesso ai margini, dove non è mai bello quello che è davvero bello, ma soltanto ciò che piace a lor signori. Ci sono problemi se ancora oggi vanno fuori di testa i proprietari convinti a prendere giocatori che vorrebbero tutti fare le dive da viale del tramonto esonerate dagli allenamenti duri con la scusa del dolorino come accadeva ai tempi in cui americanoni magari zoppi ma super preferivano Cortina a Udine. Attenti che se scatta la sindrome Zampallino avremo una bufera  che sarà più difficile da sopportare di questi ricorsi dell’ultima Napoli che sembrano arrivare sempre un giorno dopo il necessario. Oscar Eleni, martedì 6 novembre 2012