A lezione da Franco Rossi

29 Ottobre 2014 di Stefano Olivari

Franco Rossi ha lasciato questa terra da un anno, ma tantissime persone che lo hanno conosciuto anche soltanto come giornalista continuano a parlarne come se fosse vivo e ancora al lavoro sull’aggiornamento di Perda il migliore o su mille progetti (l’1% dei quali riguardanti il calcio) appassionanti ma dalla dubbia concretezza. Anche a un anno di distanza evitiamo di schiacciare il tasto ‘Grande maestro’, a maggior ragione per un nostro amico (l’unico essere umano per il quale abbiamo pianto, in senso stretto, negli ultimi anni), limitandoci a ricordare che cosa ci abbia lasciato al di là di mille storie (peraltro condivise con moltitudini di appassionati). Ci abbiamo pensato spesso, negli scorsi mesi, soprattutto davanti al tremendo documento vuoto con cursore lampeggiante (sì, la Lettera 32 arrugginita faceva più figo), dandoci diverse risposte. Non siamo cultori dello spiritismo, alla Prodi, quindi non è stato purtroppo Franco a dettarcele. Cosa ci ha lasciato quindi Franco Rossi, attraverso il semplice esempio? Perché pur avendo alle spalle una grande carriera mai si è azzardato a dare lezioni, nemmeno a chi ne aveva bisogno.

1) Rispettare il pensiero altrui, ma soprattutto il nostro. L’obbiettività assoluta può essere una aspirazione lodevole, ma in concreto non può coincidere con il compiacimento di chi legge. Tanto non si può comunque piacere a tutti.

2) Scherzare su tutto, in particolare sui tabù e sugli argomenti presunti seri. Qualcuno se la prenderà, ma in fondo basta non trovarselo sotto casa.

3) Il calcio, padrone del 90% delle nostre giornate, è importante proprio perché si parla di calcio e si autoalimenta della sua importanza. La maggior parte delle partite è di una noia mortale, siccome non viviamo in un mondo pieno di Real Madrid-Barcellona mai denigrare il calcio parlato. Senza di questo ci sarebbe da ammazzarsi.

4) Mai dare per scontate le conoscenze storiche, anche di base. Persone che passano 10 ore al giorno su forum calcistici hanno solo una vaga idea di chi fossero Garrincha o Di Stefano, meglio ripetere una cosa che non dirla mai. Quasi tutti sono convinti che il calcio sia iniziato con la propria adolescenza.

5) Il lettore non è il tuo padrone, al contrario di ciò che dicevano Montanelli e anche quelli scarsi. Questo discorso stava a fatica in piedi quando si vendeva qualcosa (il giornale cartaceo), ma in tivù e sul web uno che non è d’accordo con te vale esattamente come uno che è d’accordo. Questo dona al giornalista più libertà e più povertà, due grandi armi.

6) Al di là del vendere, il giornalista non deve ‘convincere’ alcuno della bontà delle sue tesi. Non cerca voti né affetto. Da qui nascevano i tanti utenti bannati dalla sua chat,  a volte anche dopo botta e risposta educati.

7) Il giornalista non è un esperto, nemmeno nella materia di cui si occupa maggiormente. L’autorevolezza non deriva dal fatto che saprebbe allenare meglio di Conte, ma dallo scrivere (anche cazzate) con la propria testa.

8) Il giornalista è un tifoso, in particolare quando asserisce di essere equilibrato. Magari non sempre tifoso di una squadra, ma senz’altro di determinati personaggi e interpreti del calcio. Averne consapevolezza aiuta sia a scrivere che a leggere meglio.

Questo ed altro, senza entrare nel privato, ci ha lasciato il giornalista Franco Rossi.

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