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L’ultima pedalata

Paolo Morati 13/08/2014

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Manca poco all’arrivo, le gambe stanno per mollare, il fiato anche ma basta ancora quell’ultima dannata pedalata e poi sarà tutto finito. Quanti praticano ciclismo, ad ogni livello, sanno che rinunciare proprio mentre si è a un passo da quella sporca ultima meta vorrà dire rimpiangere l’occasione mancata. E non stiamo parlando di agonismo e di gare contro avversari battibili solo con quell’aiutino indecente e fatale, ma della sfida con sé stessi per dirsi di avercela fatta. 

Non importa se ti passano vicino atleti più allenati e pronti, non importa se le gambe fanno male e il pedale sfugge via, non importa se basterebbe fermarsi per metter fine all’agonia. La fatica fisica è la cura migliore a quella psicologica, il sudore che filtra dal caschetto tiene il ritmo che deve essere inevitabilmente costante per poter far fronte alle pendenze che inesorabili aumentano, ai tornanti che diventano improvvisamente sterrato e sassi.

Che gusto c’è a dedicare parte del proprio tempo libero a far girare una catena, in sella al mezzo di trasporto più geniale che la mente umana abbia ideato? La domanda ce la pongono in tanti quando ci vedono tornare infangati e distrutti, o scottati e stravolti, dai pochi chilometri percorsi che ci possiamo permettere di fare con la nostra mountain bike senza rischiare l’osso del collo o far scoppiare il cuore. Amici ne abbiamo che si attrezzano con il meglio sul mercato, compiono imprese leggendarie, e non si arrendono agli anni che passano vivendo la bicicletta sul proprio corpo tanto che ormai la schiena ha preso la forma della posizione più estrema.

Del resto il pedale è come un bisogno inesplicabile, quando hai fatto dieci chilometri ne vuoi fare venti, quando ti arrampichi per pendenze medie senti il bisogno di innalzare la sfida. Con la discesa che è più rischiosa della salita specialmente quando ti trovi su stretti sentieri sassosi dove il minimo errore significa ruzzolare giù per un dirupo. Certi che la fatica fisica sia la migliore cura per quella mentale, noi intanto mentre stringiamo le impugnature e ci alziamo sui pedali nel mezzo di un tornante instabile, continuiamo a tenere il nostro ritmo senza strappi perché quell’ultima dannata pedalata non sia veramente l’ultima.

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