Giorgia non ha (più) paura

3 Febbraio 2014 di Paolo Morati

Giorgia

Era parecchio tempo che non ascoltavamo un album intero di Giorgia. Incuriositi dal singolo Quando una stella muore, grande successo della stagione appena chiusa, ci siamo avvicinati in ritardo a Senza Paura con una certa aspettativa, sperando di trovare qualche buona canzone in italiano. E in effetti non siamo rimasti delusi, tutt’altro. Premettendo che il lavoro di composizione è stato in parte affidato a un team internazionale, oltre al brano già citato, firmato tra gli altri da Norma Jean Martin, niente male anche gli altri tre di apertura: Non mi ami, I will pray (Pregherò) soprattutto nella versione senza Alicia Keys che si ritrova alla fine, e Io fra tanti (tra i nostri preferiti anche se ci ricorda parecchio lo stile di Tiziano Ferro, con il quale il disco condivide il produttore Michele Canova). Riflesso di me risulta invece scontata e cantilenante, mentre il sound di Perfetto cerca di inserire sapori disco, laddove non se ne sente  il bisogno.

Peccato veniale perdonabile, considerato che Senza Paura si riprende subito con Avrò cura di te e soprattutto La mia stanza. Bel pezzaccio, ritmato e sporco al giusto livello, non semplice da sentire. Come non semplice è l’andamento scarno a cavallo tra il blues e il soul di Oggi vendo tutto (autore Ivano Fossati), infarcita di quelle atmosfere dove Giorgia si muove da sempre con buona padronanza, questa volta stando ben attenta di non strafare. Altro duetto quello con tale Olly Murs, uscito dall’X-Factor britannica: Did I lose you è divertente da canticchiare, potrebbe benissimo inserirsi in qualche chart oltreconfine senza sfigurare. Ogni fiore riporta in auge la Giorgia più nota e apprezzata, quella delle ballad a esplodere lanciata da Come saprei pur mancando di quel cambio di passo clamoroso che le fece vincere il Festival di Sanremo del 1995. Stesso discorso per L’amore si impara, mentre una buona accelerata al tutto la dà Il cielo è sempre il cielo, allegra e spensierata.

Vedrai com’è è l’esercizio di stile finale, prima di Pregherò, a chiudere al meglio un album bello, che non annoia e confezionato con cura, forse un po’ troppo lungo (15 tracce sono tante), e che sfata un certo luogo comune che abbiamo sentito: ossia che Giorgia sia sì brava, ma troppo perfetta e poco comunicativa. A 20 anni da E poi, dimostra invece che ha ancora voglia di trovare spazio per giocare carte nuove, rischiando senza paura (appunto). Cosa che traspare anche da testi molto personali e diretti che giustificano il titolo dell’insieme. Poi si dirà che nei club americani ci sono decine di cantanti altrettanto capaci se non di più. Pazienza, la ragazza ci sa fare, noi siamo in Italia, ed è un bell’accontentarsi.

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