Giganti pericolosi

13 Settembre 2013 di Silvana Lattanzio

Tor des Geants, è troppo? E’ una domanda che molti si pongono dopo che un atleta cinese, il quarantatreenne Yuang Yang, è morto nel corso della gara, nella sua prima notte tra i monti, in zona del Lac du Fond, sotto al colle della Crosatie in Valgrisenche. Quella prima notte dove il vento ululava e il freddo si faceva sentire. Dieci atleti con principi di assideramento, un ferito e il decesso di Yang: questo il resoconto che, più che altro, sembra un bollettino di guerra. Il Tor des Geants, “il trail più duro al mondo” recita la pubblicità, e mai come questa volta sembra veritiera: 330 km di corsa/cammino in montagna con 24.000 m di dislivello. Oltre 700 gli atleti schierati sulla start line, di 42 nazionalità diverse in rappresentanza di tutti e 5 i continenti: un eccellente esempio di possibile pacifica convivenza tra diverse etnie.

Ma torniamo alla manifestazione, all’inizio: come ogni competizione che si rispetti si procede alla consegna dei pettorali ai top runner, con festa e musica in piazza, gente assiepata a curiosare e a cercar di capire cosa stia succedendo ascoltando i 4 speaker che, in 4 lingue diverse, chiamano nomi e chiedono applausi. Da subito si capisce la bravura dell’organizzazione nel saper creare un evento, anzi, l’evento. Segue il pasta party: lunghe tavolate di corridori con già l’adrenalina nelle gambe e la voglia di cominciare subito perché l’attesa è troppo stressante; maxi schermo che proietta le imprese dell’edizione precedente e, a fine pasto, tutti in piedi tenendosi per mano per augurarsi bon voyage. La catena si scioglie, parte l’applauso, forte, scrosciante, contagioso. Ci si guarda negli occhi per un augurio sincero, molti sono lucidi di emozione. Tanti i km da percorrere come pure molte sono le speranze nel cuore. Cosa temono di più nel compiere l’impresa? “La notte”, “il clima”, “la distanza”, diverse le risposte.

Domenica mattina, ore 10.15, sotto una pioggerella insistente si dà il via. Inizia l’avventura. Ogni 50 km circa c’è una base vita con tutto quello che un’ultra richiede: cibo caldo, medici, massaggiatori, docce, stanze per dormire. Ma si riesce? “Diciamo che ci si riposa”. Tra una e l’altra, ristori ogni 10 km. Molti i volontari che mettono a disposizione le loro malghe o casette che si trovano lungo il percorso e, insieme ad amici, fanno assistenza giorno e notte. “E’ bellissimo vederli arrivare provati ma felici, entusiasti del cielo, della natura, dei paesaggi. Noi amici ci autotassiamo e col ricavato compriamo il necessario per approntare un bel ristoro”, queste le parole di Ulrico, cappellino e piglio da “capo”, nella sua deliziosa “casetta di Biancaneve”, punto ristoro Loo, Gressoney-St. Jean. Il Tor è anche questo.

Stazionando un po’ nei base vita ci si rende conto che all’interno della gara convivono due mondi completamente diversi di atleti: i campioni, quelli che lottano per i primi posti, come automi entrano ed escono, dopo che mogli o fidanzate li hanno spogliati e rivestiti con panni asciutti e loro hanno buttato giù qualcosa di energetico; concentrazione alta, riposo zero. Ci sono poi quelli che, barcollando, capiscono che devono recuperare con cibo, riposo e scambio di racconti. “All’80°, in quella bufera, stavo per mollare, ma poi ho trovato un compagno occasionale col mio stesso passo e la mia stessa voglia e così ho deciso di continuare”, queste le parole di Francesco Caputo, 52 anni; Donato Crognale, 56, l’amico trovato.

Non si sono ancora spente le luci sullo scenario del Tor des Geants, molti infatti sono i corridori ancora in gara che cercheranno di concludere la loro performance entro il tempo massimo, 150 ore, che ancora e, anzi, ancor di più imperversano le polemiche che fanno tornare alla domanda iniziale: ma non è troppo? Specie per chi, forse, proprio di montagna non è? Ho chiesto ad Alessandra Nicoletti, direttrice/ideatrice della manifestazione in collaborazione con la Regione VDA, perché non richiedono, come fanno altre blasonate gare di settore, un palmarès a chi fa richiesta di iscrizione. “In questo modo potrebbe capitare di escludere guide alpine, che di montagna ne sanno parecchio ma che non hanno gare da esibire. Sono valutazioni troppo soggettive, che si prestano quindi a contestazioni. Chi viene qui a gareggiare sa che è insito nella montagna stessa il pericolo”. Come darle torto? Quasi a riconferma di questo, nella stessa pagina di un quotidiano convivono la notizia dell’incidente, con la contestazione del mito dell’altitudine Reinhold Messner che non approva l’andare in montagna con il cronometro in mano, e quella della morte accidentale di un uomo mentre raccoglieva funghi.

La classifica non è ancora completa, ma i vincitori già si sanno. Per la classifica maschile, gli spagnoli Iker Carrera, che con 70:4’15” batte di 5 ore il crono 2012 stabilendo il record di gara, e Oscar Perez, vincitore della scorsa edizione, con 70:29’04”, 1° e 2°, l’italiano Franco Collè, in poco più di 72 ore chiude il podio. Per le donne, Francesca Canepa vince il Tor des Géants in 88 ore, stabilendo anche lei il record femminile di gara. E’ giunta sul traguardo di alle 2,29’, in piena notte, chiudendo in 15^ posizione assoluta. Dopo circa tre ore, alle 5,18’, è giunta sulla finish line la spagnola Nerea Martinez, 20^ assoluta, seguita, alle 9,02’ e 25^ assoluta, da Emanuela Tonetti, che chiude la classifica femminile. Ma viviamo gli arrivi: sul corso centrale di Courmayeur la gente è tanta, anche se sono da poco passate le 8 del mattino e si è in vacanza. Applausi a Iker Carrera che, un po’ instabile sulle gambe, passa sotto l’arco e saluta la gente alzando la coppa. Gli occhi rossi di stanchezza e di emozione (tre notti in bianco). A breve (25’ su queste distanze sono davvero pochi) giunge Perez col pettorale n. 1, è il re in carica; se lo sfila e lo regala a Iker: è un passaggio di scettro. Interviste, fotografi, Tv. Un paio di ore dopo arriva il nostro Franco Collè. “Tutto bene, tranne una grande stanchezza agli occhi che, nonostante il collirio, mi bruciano per il sonno”. Ci si può allenare per evitare una cosa così? “Non so, io no”.

Si racconta di allucinazioni da stanchezza non solo nel corso della gara. Gli incubi arrivano anche la notte dopo. Un tabellone bianco, con al centro il pettorale 1040, quello di Yuang, inizia a riempirsi di firme dei finisher. Il Tor des Geants, il giro dei giganti: Monte Rosa, Monte Bianco, Cervino e Gran Paradiso giganti come lo sono questi grandi atleti. Nei negozi danno la diretta radio sul Tor, si aspettano gli ultimi, la festa continua. Tutte le persone di montagna sanno che la montagna è pericolosa.

Silvana Lattanzio, da Courmayeur

 

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