Chi serve a Pianigiani

26 Agosto 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal deserto del Sahara dove ci hanno obbligato a vivere in carovana per imparare bene tutti i proverbi africani,  per abituarci al linguaggio moderno del cinguettio che evita qualsiasi approfondimento. Bastano pochi caratteri per non scoprire nessun carattere.

Pensierino della sera GUARDANDO Azzurra tenera vincere anche in Bielorussia: Abbiamo una nazionale, non fortissima, ma è squadra. Merito del sarto che ha cucito questo vestito su ragazzi che sono principi del pensiero debole legato ad una statistica, al consiglio dell’agente che non vede oltre il cartellone pubblicitario. Certo Pianigiani non aveva bisogno di questa prova per essere considerato un eccellente allenatore. Ma gli occhietti spiritati del Petrucci con voce malata, assetato di riforme concordate nella curia, ci hanno fatto capire che per il piccolo principe diventato re con Siena sarebbero stati giorni duri se non ci fosse stato il capolavoro della rimonta sulla Turchia che ha fatto diventare viola le labbra del povero Boscia sempre alle prese con i suoi mulini a vento, con l’idea che gli uomini si muovono e combattono con gli stessi ideali che hanno fatto diventare straordinaria la sua storia di allenatore e di sportivo, oltre che di intellettuale.

Pianigiani e la sua squadra tecnica. Eccellenti. Tutti. Abbiamo una difesa. Non tutti i giocatori giusti per farla bene, ma prevale il concetto nato dal lavoro, dalle notti passate ai video di chi poi ha passato parola e convinto anche gli scettici del gruppo che per salvarsi tutti insieme era ora di combattere per il famoso centimetro  che distingue ogni maledetta domenica da ogni perfida vigilia. Siamo qualificati per l’Eurfopeo in Slovenia e adesso si suggerisce di fare posto a chi continua il ballo del qua qua, quello dove ti senti bene soltanto se stai di là.

Bargnani serve? Accidenti. Ma poi ti chiedi quanta pelle delle ginocchia dedicherà ad una squadra che vive per la difesa e ti vengono dubbi. Belinelli serve? Si potrebbe dire di sì, ma uno convinto di essere finalmente arrivato da protagonista, ehi orianuccio spiega il gioco in casa rosa in casa Bulls, nella squadra vincente dopo il trasferimento a Chicago che idee può avere su un gruppo a cui chiedi sacrificio dell’ego totale? Gentile serve? Se dovesse accorgersi che nella vita privilegiata che gli ha dato la natura e il talento si può anche sorridere e chiedere ai più bravi di indicargli la strada allora sarà il benvenuto. Altrimenti. Melli può essere utile? Porca vacca se lo sarebbe, ma anche qui come si fa a capire l’uomo, chi lo circonda, chi lo guida, dopo tutto questo cinema estivo  che ha portato alla rottura con i bravi medici di una nazionale convinti di poter curare anche il giovane nippoarzan insieme a Danilo Gallinari.Una  storia tutta italiana. Invidie, incapacità di capire che il bene coumune coincide anche con il bene personale. Tecnicamente e umanamente. Non vinceremo l’europeo, non andremo sul podio, ma ci presenteremo con l’orgoglio di essere stati fra i più bravi nelle squadre di seconda fascia, aspettando di capire se quelle di prima hanno dentro tutto quello che serve per essere cavalieri d’Europa.

Dicevamo dell’estate sahariana che ci ha dato due oasi speciali: il solito mondo magico del palio di Siena, salutare ritorno alla realtà  dopo l’incanto olimpico che ci ha fatto ringraziare SKY quando ha messo in onda le voci vere, i competenti, gli appassionati che regalano allo spettatore e non rubano, che ci ha fatto maledire il cielo per quegli urli sproposittati  e le parole vuote di chi fingeva di essere preparato, insomma  se ascolti Ettore Messina, quelli dell’atletica, lo Zoran delle aree di tiro sei arricchito, poi hai dovuto sopportare anche la fase dei ringraziamenti, dell’eliminato contento comunque di esserci, l’urlo su cose non comprese quando era ora di tenerle acqua in bocca; una cena ai piedi della collina bolognese scoprendo che gli anelli fritti di cipolla sono la medicina per dimenticare tutto il resto, che parlare fra gente che  ha passione, cuore, fegato, ti fa credere che il cerchio della vita potrà stringersi il giorno dopo, ma non ti avrà rubato quella che è vita: complicità nelle zingarate senza dover rendere conto a nessun professore, a nessun cacadubbi. Nel deserto chiedi acqua e da un’osteria mitica di Udine il Lorenzaccio ti fa diventare viola di rabbia, bianco d’indivia, viola d’amore appassita.

Proverbio africano per allenatori che sbagliano squadra e quindi anche per chi vorrebbe aggiungere, togliere qualcosa a questa nazionale: l’ape che è stata messa a forza in un alveare non farà mai del miele. Messaggio per Ferdinando Minucci che con la rivoluzione d’agosto ha voluto dimostrare che si possono ridurre i bilanci, ma se ti resta la forza dell’organizzazione, se la tua società ha dentro la stessa forza allora guai a chi sottovaluterà Siena, ma al dirigente che la fantasia campaniana avvicina giustamente allo Stewart Granger schiavo del kamut nel prigioniero di Zenda vorremmo ricordare questo detto angolano: non si può stare in una banda di scimmie senza prendere qualche colpo di coda. Lo dicemmo anche al Buzzavo contestatissimo di Treviso, lo diciamo a quelli che vanno in Lega e pensano ad altro.

Treviso pagina nera per tutti. Anche per chi pensa di aver fatto tutto secondo le regole del consorzio di amici dove conta solo un amico, il tuo. Addolora sapere che la città è contro Gilberto Benetton e il Buzzy. Lo erano, silenziosamente anche prima, verrebbe da pensare, se siamo arrivati al divorzio. Sulle serrature cambiate in Ghirada, sull’epilogo triste di una vicenda che ci ha mostrato la pochezza del mondo dove abbiamo conosciuto anche la felicità, diremo qualcosa quando lasceremo il Sahara. Per adesso siamo tutti nello stesso deserto. Camminare e sperare.

La nazionale nata a Trento faceva pensare a questa fioritura? No, assolutamente. Nella conca dove soffocavi tutto sembrava sopra le righe. Lo staff, certe facce, certi comportamenti. Anche il primo allenamento “bello”, televisivo, a Folgaria, ci sembrava commedia perché siamo stanchi degli allenatori che hanno bisogno di certi giocatori per far diventare armonico il sudore, perché siamo sempre alle ricerca di chi va in palestra per dare anche agli ingrati, mai per portar via loro un chicco di riso. Sbagliavamo. Ma attenti ad agitare sempre il ventaglio perché si rischia di provocare una tempesta, perché se si chiamano i suonatori di tamburo poi non bisogna lamentarsi se fanno troppo rumore. Lo diciamo per la Nazionale,  ma anche per chi sta iniziando adesso la preparazione con il club e ricordare che il sole illumina le cose buone e quelle cattive, belle e brutte, perché, non dimentichiamolo, ogni squadra, come ogni esercito, va in battaglia convinta che la benedizione sia stata fatta per farla vincere davvero.

Pianigiani è bravissimo. Scariolo ha fatto il massimo tenendo insieme una Spagna che gli volevano portare via. A tutti i bravi allenatori diciamo una cosa che dovrebbero ricordare sempre: non bisogna vantarsi di suonare bene il tamburo, perché ci sono tanti capaci di farlo. Per chiudere un messaggio ad Azzurra tenera sperando che porti fortuna: qualunque sia la taglia gigantesca di un baobab, bisogna ricordare che il seme che lo ha generato era piccolo.

A presto cari cinguettatori estivi e intanto grazie all’amico africano che mi ha fatto scoprire i proverbi della sua terra: sbagliare la strada serve a conoscere la strada. Lo diciamo adesso mentre tutti considerano l’Emporio Armani strafavorita per lo scudetto, mentre chi accetta di sfidare l’armada milanese sussurra al colto e all’inclita una cosa che poi sarà il motivo al di fuori delle ore rancide che il buon Petrosino cercherà di risparmiarci sistemando la testa più che i fischi degli arbitri: Milano l’è bela, ma sarebbe stata imbattibile se avessero chiamato altri a dirigerla in campo e fuori. Capito l’antifona?

Oscar Eleni, 26 agosto 2012

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