Meneghin all’opposizione

24 Aprile 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni perduto fra il Texas e l’Illinois  dove nasce l’arabo fenicio che potrebbe cambiare per Milano, Siena e forse Cantù, la storia di un campionato nato con i farisei al potere, cresciuto con gli stessi ingombranti burocrati al timone, ciechi nella nebbia della comunicazione mai agevolata, diventato pericolosa barriera di corallo per la nuova presidenza federale, per arbitri che adesso chiedono all’avvocato Sardella di parlare con qualcuno che voglia davvero ascoltarli, basta che non sia Gianni Petrucci incatenato dal calcio svergognato, innervosito da questi galoppini che girano parlando in nome suo proprio nel momento in cui vorrebbe fare piazza pulita; stupito, come tanti, che ci siano spie a bordo del Nautilus-Titanic per appendere Dino Meneghin al primo lampione in modo che su di loro non arrivi mai luce vera. A Gambolò, terra lomellina, nella serata dedicata ad Aiace Albanese, una notte speciale dove il basket respirava vivo anche se avvolto in maglioni mangiati dalle stesse tarme che ora lo usano come dessert, il vero Campana che non può essere mai imitato quando sale sul palco, sul ring, quando scrive, quando arringa, quando dimentica o finge di farlo, il nostro Enrico ha proposto al presidente federale uscente di passare all’opposizione. Una bella idea, una cosa intrigante, ma i voti, come dicevano gli antichi, stanno in mani altrui, per cui un Meneghin sfiancato, anche se finalmente sereno, difficilmente avrebbe voglia di battersi con questi soldatini di latta, con  gente che neppure potrebbe allacciargli una stringa, avversari da abbattere con un blocco cieco.

Siamo nel mar dei Sargassi di questo basket dove la classifica sembra aver già condannato Casale Monferrato, ma tutti sappiamo che se i giocatori di Avellino, quelli che non vengono pagati da 5 mesi come denuncia Taquan Dean, come denunciano in tanti, mettessero in mora la società saremmo costretti a rivedere tutto. E la marea nera non è soltanto quella Irpina dove don Sergio Scariolo ha fatto un discorso serio  per la nazione Olimpia dimenticandosi, come fanno spesso i suoi colleghi, di guardare davvero chi sono gli avversari battuti nelle ultime quattro corse. Gli sport di squadra non hanno il capestro del cronometro che  quasi sempre, non sempre, impedisce ai genitori, ai tifosi farlocchi, di alzarsi in difesa del figlio che corre piano, che  nuota peggio degli altri, ma bisognerebbe comunque tener conto di queste cose prima di gonfiare il petto e mostrare il pacco alla folla. Battere Cantù che non è Cantù quanto vale adesso e quanto varrà domani? Bisognerebbe chiederselo mentre si cerca Aladino per il finale  del campionato. Un esterno che diriga come poteva essere Brooks, come  dovrebbe essere questo Dentmon dell’Illinois che è andato nella finale della NBA D League con i Toros texani che giocano a Cedar Park, uno scelto dai 16 allenatori della Lega come il miglior giocatore di un campionato che ha ereditato il ragazzo di Carbondale dai Toros venezuelani di Aragua e dai Cocolos dominicani.

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