Gli otto dell’Oca Selvaggia

30 Aprile 2012 di Fabrizio Provera

“Nulla è più bello dell’uomo quando avanza. Il soldato che esce dalle file e si dichiara volontario. Il torero che si strappa fuori dal burladero, scaccia i suoi peones e si spiega la cappa. E l’immagine ingenua del cow boy che entra nel saloon, fende l’adunanza pietrificata e si dirige verso il bar. Tutto scricchiola nel cuore degli altri uomini quando uno di loro si fa avanti di due passi, si stacca dalla fila e così foggia intorno a sé una barriera invarcabile di rispetto. Le madri e le fidanzate supplicano e non capiscono che possono avere per rivale la morte. “Non farti avanti! Torna indietro!”.

La sequela di infortuni che si sono riversati sulla Bennet Cantù nelle ultime settimane, privando la squadra di coach Andrea Trinchieri di due pedine essenziali quali Micov e Shermadini, ci ha spinto ad equiparare i soldati di Cantucky agli indimenticabili protagonisti de I Quattro dell’Oca Selvaggia, la pellicola di fine anni Settanta interpretata dai grandissimi Richard Burton, Roger Moore, Richard Harris ed Hardy Kruger. L’etica e l’estetica del mercenario, lanciato verso un’impresa che sembra impossibile, dove anche nei momenti più drammatici il senso dell’onore e il rispetto della parola data non vengono mai meno.

E nonostante Trinchieri abbia lanciato la carica al grido di ‘Se devo andare in guerra, ci vado con gli otto che mi sono rimasti’, a un certo punto è parso che ne restassero veramente quattro: con Marconato dolorante al ginocchio, Mazzarino sofferente per la schiena e Leunen con una caviglia fuori posto, c’era il concreto rischio di rimanere con davvero pochi ‘effettivi’. Ma di che pasta siano fatti, i gladiatori canturini, lo hanno dimostrato contro Varese (con un Greg Brunner in versione ‘taglialegna’ in stato di grazia, offensiva e a rimbalzo) e Biella, dove la vittoria all’ultimo possesso e all’ultimo canestro ha svelato ancora una volta le doti di Doron Perkins, capace di trasformare la peggiore delle prestazioni e di caricarsi sulle spalle i compagni, specie nei momenti più difficili: ricordiamoci lo strabiliante finale contro Siena del 12 aprile. A 80 minuti dalla fine della stagione regolare, mantenere il secondo posto – previa vittoria nella tana di Bologna, che lì ha vinto 14 volte su 15 i significherebbe mantenere il vantaggio del fattore campo nella per ora molto ipotetica semifinale contro i ricchi epuloni di Milano. Che dovrebbero espugnare il Palagladiatori di Desio, se come sembra i play-off si disputeranno in terra brianzola.

Certo, all’infermeria piena non ci aspettavamo si aggiungesse la notizia dell’addio dello sponsor, ossia della Bennet, che non vogliamo si trasformi in un Bo-Be (boicottiamo i punti vendita Bennet), ma che certamente comporta qualche difficoltà aggiuntiva. Forse è o era tutto scritto: il ritorno ai vertici della classifica, la gloria dell’Eurolega, il primato seppur momentaneo. Tutto ottenuto attraverso il dolore, la sofferenza, la privazione. Come avvenuto a una figura leggendaria riconducibile ai Quattro dell’Oca Selvaggia ma esistita nella realtà e non solo al cinema, ossia il mercenario Bob Denard, classe 1929, che dopo aver combattuto tra le fila della Legione Straniera francese in Indocina, costruì la sua fama di eroe portando in salvo la popolazione bianca presente in Congo Belga nel 1961 durante la secessione. La sua epopea mercenaria toccò l’apice con la conquista delle isole Comore nel 1976, su cui mantenne il potere fino al 1989. Denard è scomparso nel 2007. E allora avanti soldati di Cantucky, c’è una stagione da finire e un onore da preservare. Ci sono la terra, la spada e l’orgoglio, anche se ferito.

“Lui non è più lo stesso, da quando si è fatto avanti. Non ha più un passato. Donne, vi è straniero perché egli ha scelto di nascere una seconda volta ed è uscito, in quell’istante, da se stesso e non dalle vostre viscere. L’eroismo: selvaggia creazione di sé a opera di se stesso, dell’uomo a opera dell’uomo”.

Fabrizio B. Provera, 30 aprile 2012

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