Zingaretti dalla D’Urso

8 Marzo 2021 di Stefano Olivari

Nicola Zingaretti da Barbara D’Urso, in collegamento durante Live – Non è la D’Urso. Ovviamente non ce lo siamo persi dopo la valanga di ironia e anche di insulti che si era riversata sul segretario (ora dimissionario) del PD dopo il tweet di solidarietà alla conduttrice di Mediaset, in seguito all’annunciata cancellazione della trasmissione.

Ci era subito piaciuta la reazione di Zingaretti, contro quella parte di sinistra radical chic che aborrisce qualsiasi contatto con la cultura popolare italiana (sempre meglio popoli lontani, in fondo chi li conosce?) e che è stata rappresentata dalle reazioni scomposte non solo degli immancabili giornalisti, ma anche di parte di quel ceto medio e piccolo borghese acculturato (così crede, in virtù di qualche libro Einaudi in bella mostra nei collegamenti Skype) che ha fatto propria la famosa lezione di Togliatti: meglio vivere per la gente che con la gente.

Zingaretti dalla D’Urso, quindi, con tutto il rispetto per le nostre facili scommesse su Tottenham e Napoli, che comunque stavano andando avanti da sole. Non è che il fratello di Luca abbia regalato frasi memorabili sul suo eventuale futuro da sindaco di Roma o su altro, ma la sua sola presenza è stata un secondo schiaffo (il primo erano state le dimissioni da segretario PD) non soltanto alle mille correnti del suo partito e ai suoi aspiranti successori, ma anche ad una classe sociale ben lontana dal mondo operaio e ancora di più dal proletariato, che pretende di essere al governo in qualsiasi situazione in virtù di una presunta superiorità morale.

Certo Zingaretti a Live-Non è la D’Urso non si è messo a disquisire dell’occupazione delle casematte dello Stato, in attesa della lite fra Giulia Salemi e Caterina Collovati, ma dopo mesi di sconfitte (la più grande, sua e del suo suggeritore Bettini, la mancata nascita del terzo governo Conte) ha segnato un grosso punto a suo favore. Vera o falsa che sia, la sua immagine è adesso quella del leader di sinistra vicino alle classi popolari, non come Franceschini o Orlando o tutti quelli più sensibili al tweet di un attore che alle lamentele di cento impiegati. Un’immagine spendibile sia nel partito sia come sindaco di Roma.

Non stiamo mitizzando le gente, beninteso, la gente mediamente fa schifo, ma solo facendo una considerazione da bar della politica. Chiudiamo con una vecchia frase, citando a memoria perché su Google non l’abbiamo trovata, di Sergio Staino quando gli rimproverarono la collaborazione a Sorrisi & Canzoni: “Ci sono più comunisti che leggono Sorrisi di quanti leggano L’Unità”.

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