Ziliani, la Juventus e Montero

25 Ottobre 2021 di Stefano Olivari

Il caso di Paolo Ziliani spiega molto bene quanto sia difficile fare il giornalista sportivo e quindi, in proporzione, il giornalista in ambiti che toccano interessi molto superiori a quelli di Juventus, Inter e Milan. Ne ha parlato lui stesso oggi in un articolo sul Fatto Quotidiano, che più esplicito non avrebbe potuto essere.

Qualche giorno fa Ziliani, che conosciamo da tanti anni e che non casualmente per Indiscreto ha scritto un bellissimo libro sul giornalismo sportivo, Cristiano Ronaldo nel paese degli Agnelli (ci vorrà il seguito, adesso che siamo passati da ‘CR7 si lascia coccolare da Torino‘ a ‘CR7 corpo estraneo rispetto alla città‘), ha messo in stand-by  il suo seguitissimo account Twitter, detestato da molti juventini, per la pressione di una parte di loro. Magari piccola, ma certo motivata.

La scelta non è stata dettata dagli insulti via web, chiunque sia su un social network ed esprima opinioni ne riceve a valanghe anche quando ha un infinitesimo del seguito di Ziliani. Certo sarebbe bello che tutti avessero un’identità legata ad un documento, in modo da esprimersi liberamente (non siamo in Cina o in Arabia Saudita, per fortuna) ma nel rispetto delle leggi italiane. La scelta è stata evidentemente dettata da qualcosa di più pesante: non le invenzioni che passando di bocca in bocca diventano verità popolare (esempio: Montero presunto amante della moglie di Ziliani), ma ben altro. Vogliamo chiamarle minacce? E magari non solo al giornalista?

Speriamo che i responsabili vengano presi, ma sulla polizia postale non siamo ottimisti come il leggendario Maurizio Mosca. Quanto al discorso generale, non amiamo il cerchiobottismo e quindi ecco la nostra opinione. Sarebbe facile prendersela con anonimi tifosi, in fondo per tutte le squadre sono uguali, con percentuali simili di persone decenti e indecenti, e tutti sono convinti che la loro squadra sia ingiustamente criticata: chiaramente se critichi il Chievo (avete visto quanti riscontri mediatici ha avuto la sua scomparsa?) ti insulteranno in due, mentre se critichi la Juventus duecentomila, Inter e Milan poco meno. C’è anche chi si stizzisce, su questo sito, se non viene ogni giorno esaltata l’Olimpia Milano, quindi davvero al mondo c’è di tutto.

Invece no, secondo noi il problema del fare giornalismo con la Juventus ha una causa ben precisa, che non sono i suoi tifosi ma si chiama Juventus, per non dire Italia. Un paese in cui la famiglia reale si chiama Agnelli, anche adesso che la FIAT non esiste quasi più in termini di posti di lavoro sul territorio nazionale. Sempre con la Juventus come suo strumento di consenso, in questa logica da Anastasi a Dybala è cambiato pochissimo. Funziona anche con i non juventini: nella nostra testa Agnelli è l’esteta che ci portò Platini, non quello che si fece regalare Corriere della Sera, Alfa Romeo e altro.

Un club che anche quando non interviene direttamente su trasmissioni e giornali, che spesso possiede o comunque condiziona attraverso la pubblicità, o su siti web, può tranquillamente intimorire chi ha una carriera e chi sogna di averla. A volte mettendoci la faccia, ma molto più spesso lasciando fare il lavoro ad altri: i mille querelomani, vicini e lontani, che ti rubano il tempo e anche un po’ di soldi, ma, ed è qui che volevamo arrivare, soprattutto i tanti giornalisti che occupano posti di potere o visibilità (si pensi alle seconde voci, spesso vengono esonerate anche quelle juventine scomode) nel micromondo sportivo soltanto grazie al loro servilismo e al saper nascondere, smussare, troncare, sopire. Per questo chi dice ciò che pensa, o anche solo ciò che vede, sembra a volte un eversore.

 

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