Zidane è diventato un allenatore

23 Maggio 2017 di Indiscreto

Zinedine Zidane è diventato l’uomo-copertina, anche più del quasi irreale Cristiano Ronaldo, del Real Madrid che sta festeggiando la vittoria in campionato numero 33: esattamente come la Juventus che il 3 giugno incontrerà a Cardiff in una sfida stellare per cui vale ogni discorso e pronostico. Ma se per i bianconeri dominare nell’Italia è diventato normale, per il Real farlo in Spagna è un po’ più difficile: l’ultimo titolo risale infatti alla stagione 2011/12, la seconda dell’era Mourinho e l’ultima del Barcellona di Guardiola. Poi trionfi di Barcellona (in panchina lo sfortunato Tito Vilanova), Atletico Madrid (Simeone), e doppietta del Barcellona di Luis Enrique.

Ci ha colpito che Zidane, uno che da giocatore ha alzato la Coppa del Mondo, ha vinto l’Europeo ed anche la Champions, più una quantità di altre cose, abbia definito un campionato con il Real Madrid “La più grande vittoria da quando sono nel calcio”. Anche più della Champions conquistata l’anno scorso a San Siro, come allenatore un po’ improvvisato dopo la cacciata, qualche mese prima, di Rafa Benitez. Al di là delle statistiche e delle considerazioni storiche (il Real non fa l’accoppiata campionato e Coppa Campioni-Champions dal 1958, in piena era Di Stefano), ma anche al di là di Cardiff in cui la sua storia personale si incrocerà, Zidane ha scoperto e dimostrato di essere un grande allenatore e oltre a Florentino Perez in pochi lo avevano previsto. Per la storia chi guida il Real (non il Barcellona, dai tempi di Michels schiavo del mito del guru) è poco più di un bravo distributore di maglie, basta prendere un appassionato di storia del calcio e chiedergli a bruciapelo i nomi degli allenatori del Real Madrid delle prime cinque Coppe Campioni: Villalonga, Carniglia (che si sarebbe visto per tanti anni in Italia, una stagione anche nella Juventus), Munoz e Fleitas (che però non arrivò alla finale).

In questa Liga Zidane ha messo indubbiamente molto del suo. Prima di tutto ruotando bene i giocatori, senza creare troppi malumori nello spogliatoio, e fin qui ci può stare: lui è pur sempre Zidane e Morata può accettare da lui decisioni che da un altro non accetterebbe, chiedendo di essere ceduto la seconda volta che gli viene preferito Benzema. Significativo che, contando tutte le competizioni, Zidane abbia dato almeno 900 minuti, quindi 10 partite intere, di impiego sul campo a ben 21 giocatori sui 29 in rosa (fra gli 8 che si sono divisi frattaglie c’è anche il figlio Enzo). In secondo luogo Zidane è abbastanza rigido tatticamente, in questo senso non è tanto ex giocatore: mai deroga dalla difesa a quattro, quasi mai deroga dal 4-3-3 e l’unica invenzione che ogni tanto si concede è quella del trequartista, chiaramente togliendo una delle punte e non un centrocampista di sostanza. È quella che potremmo chiamare Formula Isco, che in tempi recenti, per citare partite che tutti hanno visto, ha dato i suoi frutti contro il Bayern Monaco e nelle ultime due uscite nella Liga, mentre nel derby con l’Atletico ha funzionato meno. A partire da un modulo che è quasi sempre lo stesso Zidane punta a lavorare sulla compattezza fra i reparti e sulle ripartenze, dando il giusto peso al possesso palla (nel Clasico perso un mese fa al Bernabeu all’ultimo minuto la statistica ha detto Real 44%, nonostante il Barcellona verticale di Luis Enrique). Lo Zidane giocatore forse sarebbe stato un problema per lo Zidane allenatore.

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