Wayward Pines, troppe occasioni sprecate

28 Luglio 2015 di Indiscreto

Mentre le donne giustamente guardano toy boy di periferia (in genere disoccupati che vanno in palestra e chattano tutto il giorno postando le foto dello spritz) e sessantenni da weekend di charme (di solito babypensionati imbottiti di Viagra), i quarantenni che mantengono entrambe le categorie e spesso anche le donne si instupidiscono con speciali calciomercato e serie Tv americane. Noi confessiamo di esserci appassionati a Wayward Pines, di cui avevamo già parlato su Indiscreto, che è arrivato alla fine della prima stagione su Fox chiamando la seconda con un dei finali più aperti che si siano mai visti, al termine di una serie di cambi di prospettiva che hanno reso ingiustificato il nostro frettoloso paragone con Twin Peaks, comunque ispirato dalle dichiarazioni dell’autore.

Ethan Burke-Matt Dillon ha come tutti i protagonisti, tranne lo scienziato relativamente pazzo David Pilcher, un’evoluzione condensata in 10 puntate che altre serie, anche americane, avrebbero spalmato su 20. E la serie ha aperto così tanti interrogativi esistenziali (Libertà o sicurezza? Apertura o chiusura? Democrazia o dittatura? Individualità o bene comune?) da rendere tutto sommato marginali le sottostorie: tutte aperte, apertissime, con la morte definitiva che ha riguardato soltanto uno dei protagonisti. Al passivo vanno segnalati i tanti buchi di sceneggiatura e le situazioni senza sviluppi, come i rapporti di Pilcher con l’esterno (il capo di Burke), che superano tutti i discorsi spazio-temporali fatti dopo. Troppe le incongruenze e troppi gli spunti sprecati, quasi da arrabbiarsi. Va detto che secondo il produttore e sceneggiatore Chad Hodge la serie è stata concepita per essere ‘chiusa’, ma si tratta probabilmente di una dichiarazione scaramantica visto che di chiuso non c’è mai nulla.

Di certo quel mood da antico B-Movie, con citazioni pop (Il Prigioniero su tutte, ma anche il videogioco per Xbox Alan Wake), è piaciuto alla maggioranza dei critici ma non a quella del pubblico di questi canali per quarantenni, che a fine giornata non vuole pensare troppo. La seconda serie è così soltanto una possibilità, nulla di più, dopo le tante opportunità sprecate dalla prima. E adesso avanti con il prossimo telefilm. Per il Sassicaia, dopo la visita a quell’imperdibile museo, rivolgersi al sessantenne, per il resto al toy boy.

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