Wawrinka e il rovescio per pochi eletti

8 Giugno 2015 di Stefano Olivari

Stanislas Wawrinka ha conquistato a trenta anni il suo primo Roland Garros giocando un torneo in crescita e chiudendolo in maniera pazzesca: pallate a Federer e al loro controverso rapporto, lucidità contro Tsonga e il pubblico francese, ottusa grandezza in finale contro un Djokovic che sembrava imbattibile. Diciamo ottusa perché Wawrinka ha vinto nel modo in cui si pensa che non si possa vincere contro Djokovic, cioè braccio di ferro da fondo campo con accelerazioni appena lo scambio lascia respirare. Impossibile contare il numero di punti conquistati da Wawrinka in cui il punto sarebbe stato fatto tre volte, contro un avversario diverso dal serbo, ma del resto grandi alternative non c’erano ed il piano tattico, dichiarato prima e poi dallo svizzero, è stato quello di attaccare il diritto di Djoker appena possibile, soprattutto con il lungolinea di rovescio, senza mai perdere campo (alla Federer, anche quello dei tempi d’oro) a costo di steccare. Tutta questa premessa per arrivare alla grande domanda: il rovescio a una mano è roba per pochi eletti, baciati dal talento, oppure merita di essere insegnato-imposto alla massa come era per la generazione dei nostri fratelli maggiori? Fino a Borg, diciamo… Dei primi dieci giocatori del mondo, solo i due svizzeri giocano a una mano. E fra i primi venti sono in quattro (da aggiungere Feliciano Lopez e Gasquet). Scendendo in classifica questa percentuale del 20% scende anche se non si azzera, grazie a Kohlschreiber e pochi altri, quindi o l’80% dei tennisti (e di chi li consiglia) è stupido oppure il rovescio a due mani offre davvero significativi vantaggi. Il più evidente è quello nella risposta, soprattutto quella di contenimento di un servizio bomba (meno quando si è in allungo), ma in generale nella fase difensiva il rovescio a due mani offre più certezze e permette quella ‘difesa attiva’ che è il mantra del tennis di oggi, da Djokovic al numero mille del ranking. Ovviamente il rovescio a due mani è vincente su quello ‘one-handed’ nel colpire palle a mezza altezza e anche più su, per un puro fatto meccanico: soprattutto sulla terra, per uscire dal tunnel dei top spin avversari questo aiuta. Altro vantaggio del rovescio due mani, che per questo lo rende ancora più raro fra le donne: occorre meno forza. Non può sfuggire a nessuno che Wawrinka abbia al posto del braccio un cannone (il punto più impressionante, tra i tanti, della finale è stato un lungolinea passato all’esterno del paletto) e che la qualità dei rovesci di Gasquet diminuisca con l’avanzare delle partite. I veri vantaggi del rovescio a una mano sono nel taglio, che permette di gestire situazioni estreme, di effettuare variazioni e di allungarsi le carriere, nei drop shot e in generale in tutte le situazioni di tocco, che necessitino di una ‘correzione’ rispetto all’idea originaria. Per i pochi interessati alla materia, giocare a una mano consente anche di prendere la rete con i tempi giusti e senza rimanere a metà del guado. Conclusione? Al netto dei discorsi del genere ‘Quanto era bello il tennis di una volta’, che peraltro a noi sono cari (di base perché eravamo più giovani), il rovescio a due mani permette meno variazioni ma offre più sicurezze. È una cosa non soltanto per campioni, perché campioni lo sono anche Murray e tutti quelli che la seconda mano non la staccano mai, ma per campioni che partono da una base di talento superiore ed abbiano maestri che la sappiano valorizzare.

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