Volare sul Meneghin

14 Marzo 2022 di Oscar Eleni

Oscar Eleni in classe più che economica, sul volo della nuova compagnia di bandiera italiana che ha dato il nome Dino Meneghin ad uno dei suoi aerei. Destinazione Bombo Beach, Australia, dove fra tanti minerali si trova l’apatite che noi pensavamo esistesse soltanto nella natura di troppi campioni gaglioffi, di molti dirigenti ottusi, di tanti che non sanno perché vengono pagati per andare a bofonchiare in TV, per fare il deputato, per dirigere federazioni dove gli atleti si sbranano e gli allenatori si sputtanano.

Volo nelle turbolenze, sfiorando il Gorky Park moscovita, sventolando la bandiera della pace nel ricordo dell’ispettore Renko e del bravissimo William Hurt che se ne è andato a 71 anni, perché già nel 1983 sapevamo che  morti e guerre nascevano per la corruzione e lo scambio di mefitici sensi fra chi voleva gli zibellini e chi li vendeva. Renko lo sapeva, così come forse avrà immaginato che dallo sport ci si ritira quando si pensa che dopo esista una vita nuova, cosa che fortunatamente ha fatto Beppe Signori dopo le tagliole  nel calcioscommesse.

Sull’aereo ci siamo portati anche il Meneghin vero per deviare dall’Australia verso Tampa Bay dove il nostro campione del basket chiederà al fenomeno Brady, 7 titoli  del football americano vinti da grande regista, perché intende continuare dopo i 44 anni  che era l’età del signore di Fener quando lasciò al figlio Andrea l’onore della difesa dinastica mentre lui ancora non sapeva che sarebbe stato un pilastro per le Nazionali come dirigente, uno da aiutare e non boicottare nel difficile lavoro come presidente.

Cercando il Pordenone, il caro Cappellini chiamava così il Partenone, abbiamo anche chiesto a Dino se fosse giusto dedicargli quell’aereo. Alzata di spalle e risata. Un piacere inaspettato, ma pure lui ha condiviso l’idea che sarebbe bellissimo volare sul Berruti o sul Sara Simeoni, imbarcarsi sul Federica Pellegrini atterrato poco prima del Francesco Totti. Magari domani anche sul Jacobs, felici che l’atletica italiana, prima del mondiale indoor a Belgrado, abbia scoperto di essere la migliore nei lanci ringraziando  due che gettano lontano il peso e vengono da lontano, ma dentro hanno l’Italia lasciata dai loro avi per cercare lavoro lontano dallo stesso paese che adesso, per molti anni, ha seguito il verbo avvelenato di chi ancora nega un passaporto  ai nati qui da genitori stranieri. Anche se hanno iniziato la  scuola in Italia e parlano la lingua meglio di chi la violenta non soltanto  alle Camere o in televisione, magari sui blog e sui giornali. Cominciando da noi, come dicono quelli che considerano criptici i pensieri di un vecchio arnese di cui molti neppure rammentano il nome.

Non ci illudiamo di vedere più ragazzi su una pista di atletica, in palestra o in una piscina rispetto ai campetti del folber, ma la voglia di ribellarsi è tanta, verso il sistema rappresentato troppo spesso da genitori che se ti seguono, si distinguono, spesso, come ispiratori del cartello demenziale esposto a Verona per chiedere un bombardamento su Napoli, domani ci rideranno ancora sopra e al massimo la società pagherà una multa, mentre, per ignoranza, se ti diranno cento volte al giorno che studio e sport non vanno d’accordo finiranno per convincerti che si sta meglio all’Olimpiade della banalità bevuta o fatta bere, lontano dai campi e dal durissimo volontariato.

Su questo volo Meneghin, naturalmente, abbiamo pensato più che parlato di basket dopo il messaggio del Guerini sul Tuttosport folgorato dalle dichiarazioni di Baraldi, l’anima del mondo Zanetti e quindi della Virtus Bologna, che a metà derby ha dichiarato al bravo Dembinski come sia assurdo pensare ad una Fortitudo retrocessa pur avendo dietro un popolo come quello che ha reso bellissima la sfida contro Scariolo. Il Guerini, come tanti, si chiede, contrariamente a Petrucci, ohibò, e alla FIBA, se basta il titolo sportivo per sentirsi degni della massima ribalta.

Lui va oltre ed esplora il rosso di certi bilanci, se potesse direbbe anche che la sua Torino, così come Udine reinventata da Boniciolli, vincitrice della coppa Italia di A2 su Cantù, altra grande che, retrocedendo nella pandemia, ci ha reso vedovi l’anno scorso, hanno tanto per chiedere di partecipare ad un riforma campionati dove, magari si giocherà di meno, ma dove in tanti potranno avere la loro vetrina, perché mettere insieme certi vuoti a perdere di A1 e le tante idee della A2 magari aiuterà pure a trovare il coraggio per non farsi rubare tutti i talenti fisici da altri sport. Giocare di meno sarebbe giusto, avere più Armani e Zanetti un sogno, ma andare dalle Alpi in fondo allo stivale aiuterebbe ancora di più chi regala passione e tempo alla base, partendo dal Tam Tam di Antonelli ammesso dopo sofferenze dove doveva stare da anni.

In questo volo, mentre la hostess chiede di chiudere i tavolinetti e, soprattutto i telefonini, il comandante Ian Solo ci permette di leggere le pagelle, ma non prima di aver chiesto scusa a Massimo Turconi per non aver ricordato le belle 400 pagine del suo libro  “Ce lo sei come bandiera” scritto nel 2007 su Sandro Galleani che svegliandoci la mattina dopo la festa di Varese ci aveva istigato e fatto credere, ah la vecchiaia, che nessuno aveva esplorato i suoi famosi diari.

10 A BRESCIA per la decima vittoria consecutiva, record di una società che Pedrazzini e Sales fecero grande, che adesso  aspetta, lancia in resta, Milano per la sfida che domenica potrebbe anche cambiare la testa della classifica se la Virtus rielaborata  non scoprirà che Venezia comincia ad essere una barca d’alto mare.

9 Per HACKETT che davvero è maturato tanto e servirebbe alla Nazionale in un ruolo dove siamo messi discretamente, abbiamo giovani leoni in crescita, ma ci manca il peso di uno che ha imparato a vivere dove non è facile farsi trovare sempre pronti. Un Daniel lontano da quello che si separò da Milano anni fa.

8 Al CINCIARINI del record con 18 assist in una partita. Anche lui potrebbe chiedere perché ci abbiamo messo tutti così tanto per scoprirne il valore, anche se è intelligente abbastanza per darsi da solo certe risposte come direbbero nella Milano che scopre, poco a poco, il Baldasso che in Fortitudo non trovava spazio.

7 Al  Matteo BONICIOLLI che dalla finale di coppa ITALIA per le squadre di A2, vinta su Cantù con la sua Udine, dove in passato  soffrì abbastanza per ingerenze delle erinni che non mancano mai nei club instabili, fa sapere, a chi lo ha spedito lontano dalla massima serie, che passione, fede, idee, non si arrendono neanche davanti agli ignoranti.

6 A WATT e a PESARO perché la promessa di una nuova Venezia sta per essere mantenuta, perché il Banchi messo ai remi da Costa e dal nuovo consorzio non vende fumo come i tanti che nelle società parlano, ma al momento di aiutare davvero tengono il telefono spento e dimenticano la borsa nel bosco di fragole.

5 SACCHETTI se dovesse sfuggirgli che il Petrucelli di Brescia, uno vero, che potrebbe avere il passaporto italiano.

4 Ai DIRIGENTI che hanno letto con distrazione l’intervista a CEFERIN, la mente del calcio europeo, perché le cose che ha detto dovrebbero illuminare i molti abituati a parlare senza mai dire nulla e, peggio, senza dire la verità a chi crede nelle Leghe Terribili e non in quelle Virtuose.

3 Ad Antonello CUCCUREDDU, bravissimo sul campo di calcio non soltanto in bianconero, meraviglioso oggi con la sua scuola calcio,  se non troverà il tempo per dare coraggio ai molti grandi ex del basket italiano che ancora non sanno cosa faranno da grandi e certo non porterebbero mai un sacco di palloni al campetto.

2 A Dan PETERSON perché nelle sue lezioni settimanali ha detto una verità che farà malissimo a troppi allenatori  che vorrebbero stregarci con le loro lavagnette al vento: parlare di meno e allenare di più. Il giudice di questo basket lo multerà di sicuro per turbativa di stagno.

1Alla BRINDISI che non si trova più anche se pensava di essersi risistemata perché Gaspardo, Udom, Visconti e Zanelli che ci avevano colpito tanto nell’inverno del campionato ora sembrano pulcini bagnati.

0 Al TRIANGOLO DELLE SOCIETÀ che si trovano nell’atollo “Ti”: Trento, Trieste e Treviso. Eravamo così contenti di vedere questi progetti ben fatti, gestiti tecnicamente al meglio, fiorire nell’anno più duro. Ora sono al gelo di troppe sconfitte e questo ci addolora anche se non rinnegheremo mai di aver difeso allenatori e società come queste ora in disgrazia come la CREMONA che si è schiantata a 62 punti contro gli artigli di CAJA che qualche minchione aveva già messo in rotta di collisione con Reggio Emilia, anche se sappiamo che il tipo, spesso, sbatte la porta in  faccia come i registi che sul set mandano a quel paese tutti, anche  chi porta soltanto l’acqua da bere.

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