Vogliamo i colonnelli, un altro golpe respinto

21 Aprile 2021 di Indiscreto

Vogliamo i colonnelli è il paragone cinematografico più scontato, ma anche più calzante, pensando alla vicenda della Superlega: un golpe finito prima di cominciare, con i golpisti dopo qualche mese a dirigere le istituzioni combattute. Scontato almeno per chi non è giovanissimo ed è fan di Ugo Tognazzi, che in questo film di Monicelli datato 1973 è un deputato di un partito chiamato La Grande Destra che in previsione di una vittoria elettorale della sinistra organizza un colpo di stato insieme ad alcuni militari velleitari, disorganizzati e codardi come il gruppo messo insieme da Florentino Perez e Andrea Agnelli.

Vogliamo i colonnelli è pieno di riferimenti al Piano Solo e al golpe Borghese, quindi a progetti rispettivamente di 9 e 3 anni prima, ma anche all’attualità politica della prima metà anni Settanta, con un PCI in ascesa, l’MSI di Almirante alla ricerca di sdoganamento e le rispettive ali estreme che giocavano altre partite, con un notevole consenso popolare che nella orribile storia ‘condivisa’ è stato incredibilmente cancellato. Ma tornando al paragone calcistico, il riferimento al golpe Borghese ci sembra più adeguato visto che durò in pratica un giorno, fra il 7 e l’8 dicembre 1970. E forse nemmeno ci fu, visto che tutti gli imputati sarebbero stati assolti e che non accadde letteralmente niente. Soltanto un movimento di uomini della Guardia Forestale nei pressi della sede Rai di Roma. Il golpe dei forestali…

Il film è molto divertente anche senza cogliere tutti i riferimenti ed in particolare, oltre all’immenso Tognazzi, vogliamo ricordare due militari: il colonnello Ribaud, interpretato da Antonino Faà di Bruno, che oltretutto era davvero stato un ufficiale (generale dei granatieri, fra l’altro decorato per meriti militari durante la guerra) ma che la gloria eterna l’avrebbe raggiunta come Duca Conte Semenzara, e il colonnello Aguzzo, uno splendido Camillo Milli, per sempre presidente della Longobarda. Ceferin e De Zerbi ci hanno adesso restituito quel bellissimo calcio fatto di identità e passione: e pazienza se Guardiola, sempre difendendo i valori dello sport, pagherebbe 80 milioni Falchetti e Mengoni.

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