Very Goodell

7 Giugno 2007 di Roberto Gotta

1. Oltre che dell’orrido alcool (l’autore di questo articolo è rigorosamente e orgogliosamente astemio) questa storia puzza un pochino di ipocrisia, nonché di vecchio visto che risale ad una settimana fa, ma la riportiamo lo stesso. Dopo la morte di Josh Hancock, lanciatore dei St.Louis Cardinals della MLB, in un incidente stradale dovuto allo stato di ubriachezza in cui Hancock stava guidando, il commissioner della NFL Roger Goodell ha emanato una circolare nella quale stabilisce il divieto di mettere a disposizione bevande alcoliche non solo negli spogliatoi (partita e allenamento) delle squadre, ma anche durante i trasferimenti in autobus e in aereo e in tutte le occasioni sociali come riunioni, cene di gala, feste, e il divieto non riguarda solo i giocatori ma anche i dirigenti, lo staff tecnico e persino eventuali ospiti. Se si considera che lunedì scorso Goodell ha sospeso per otto partite Tank Johnson, il defensive tackle dei Chicago Bears, finito in prigione (due mesi, pena appena scontata) per possesso illegale di armi dopo una precedente incriminazione per lo stesso motivo, si capisce che Goodell stia facendo di tutto per rendere la ‘sua’ NFL un ambiente più civile, rimuovendo parte dell’elemento fuorilegge che per alcuni – fortunatamente pochi – rappresenta in realtà un’attrattiva. Il discorso alcool olezza di vaga ipocrisia nel fatto che naturalmente le squadre NFL non hanno mai avuto né avranno mai alcun problema ad accettare soldi da ditte produttrici di birra come sponsor locale, ed ovviamente anche le telecronache rimarrano zeppe di pubblicità di birre. Anche nella diretta del Super Bowl uno degli spot pubblicitari più attesi (le ultime cinque parole che abbiamo scritto ci paiono allucinanti, a dirla tutta) è quello di una famosa ditta di birra che cerca ogni anno di creare una storia più divertente e di impatto rispetto a dodici mesi prima, e quello di sicuro non cessa. Tornando alla squalifica di Johnson, che segue quelle di Adam ‘Pacman’ Jones (tutta la stagione 2007) e Chris Henry (otto partite), va detto che il giocatore pare avere iniziato l’inversione ad U verso la rispettabilità, ed intendiamo quella da parte del tifoso comune, non magari di chi lo ammirava perché – massì – è un duro che viaggia su un fuoristrada con i classici cerchioni luminescenti (‘rims’) e la pistola sotto il sedile: «Non sta a me decidere se è giusto o meno, so che Goodell è una persona corretta, ha preso in considerazione tutto quello di cui abbiamo discusso nel nostro colloquio ed ha preso la sua decisione. Se è nell’interesse della NFL, allora sono favorevole pure io». Medesime parole, più o meno, con cui in Italia calciatori, allenatori e presidenti accettano squalifiche personali o del campo…
2. Sempre a proposito di Goodell, è davvero vecchia, ma non avevamo ancora avuto tempo e modo di occuparcene, una delle sue prime vittorie. Riguarda un accordo, faticoso (ci sono volute 13 riunioni del’apposita commissione nell’arco di un anno), su un ulteriore suddivisione delle entrate a favore delle squadre più deboli dal punto di vista economico, che spesso sono anche quelle situate nei ‘mercati’ televisivi meno rilevanti. Con i voti contrari di Cincinnati Bengals e Jacksonville Jaguars, i proprietari hanno approvato una misura che nei prossimi quattro anni distribuirà una somma complessiva di circa 430 milioni di dollari. I criteri per beneficiarne: dimostrare che il totale degli stipendi dei giocatori tocca il 65% delle entrate e che gli incassi (dalla vendita dei biglietti) sono almeno il 90% della media NFL. Le squadre con uno stadio appena costruito e quelle che hanno cambiato proprietà da poco avranno una percentuale più ridotta della suddetta somma, ed il motivo è ovvio: nel primo caso, si tratta di club che presumibilmente hanno appena ricevuto forti aiuti locali e statali (il che non vuol dire federali), nel secondo si vuole evitare che proprietari freschi di acquisizione godano immediatamente di agevolazioni dovute a chi da anni fa parte della famiglia. E’ del resto il motivo per cui nelle leghe professionistiche le nuove squadre pagano una pesantissima tassa di iscrizione, roba da centinaia di milioni di dollari: entrare vuol dire far parte di un club esclusivo con vantaggi così grandi che è normale che chi si unisce debba corrispondere una forte somma a chi, ovvero le altre squadre, ha contribuito a creare il successo di cui i nuovi arrivati presto condivideranno gli utili. Tornando all’ultimo accordo, tra le voci di entrata che verranno ridistribuite non ci sono i diritti televisivi, ma solo perché quelli sono già divisi in partenza: 3.7 miliardi (sì, miliardi) di dollari, in misura uguale, per evitare che si creino figli e figliastri e che la mancanza di equilibrio arricchisca sì alcune squadre, ma determini un calo di credibilità della lega stessa. E’ un concetto talmente banale e scontato per le leghe pro americane che è imbarazzante ogni volta citarlo, nel paragone con l’organizzazione dello sport europeo ed italiano, in cui le piccole squadre vengono viste come un fastidio: atteggiamento palese di una società che detesta la competizione aperta, anche un campo economico, perché turba equilibri e posizioni di predominio conquistate spesso grazie ad influenze politiche. Come noto, però, nella NFL (e medesimo discorso vale per le altre leghe pro) una Buffalo o una Green Bay hanno uguale numero di spettatori rispetto a Dallas e New York e dunque possono presentarsi al tavolo delle trattative con almeno un parametro comunque paritario. Da noi, purtroppo, il Chievo fa 6000 spettatori, ed anche i parametri diventano diversi, anche se naturalmente si può obiettare che con analoga quota di diritti Tv delle grandi il Chievo stesso potrebbe comprare Shevchenko e lottare per i primi posti e portare allo stadio molta più gente. Stiamo però andando troppo in là non solo con la fantasia, ma con il delirio. E non è bello, ad una certa età.
3. Coach di Michigan dal 1901 al 1926, tanto che l’arena coperta del college port ancora il suo nome, Fielding Yost era noto anche per la sua parlantina, oltre che per il soprannome di Hurry up («sbrigatevi!») derivante dalla frase che ripeteva più spesso. Un giorno, Grantland Rice, il giornalista sportivo più celebre dell’epoca pionieristica, raccontò di aver visto Yost discutere con un altro allenatore nella hall di un albergo, e di essere tornato sette ore dopo ed averli trovati ancora lì. «Non sono riuscito ad dire neppure una parola, ha parlato solo lui» disse lo sventurato coach avversario, travolto dal fiume di parole di Yost.
4. In chiusura, Italia ed Europa. Con i due risultati del weekend per la Superbowl League A1: Italia Acufon Lions Bergamo-Hi-Tech Warriors Bologna 48-34; Rhinos Milano-Giants Bolzano 7-26. La classifica è ora questa: Giants Bolzano 6-1; Marines Lazio 5-1; Acufon Lions Bergamo e Panthers Parma 4-2; Hi-Tech Warriors Bologna 4-3; Dolphins Falconara e Rhinos Milano 1-5; Briganti Napoli 0-6. Una sola partita nel weekend: domenica 10 giugno alle ore 16 allo stadio 3 Fontane di Roma, Marines Lazio-Briganti Napoli. In Europa, a sole due settimane e mezzo dal World Bowl: Berlin Thunder-Frankfurt Galaxy 22-25; Cologne Centurions-Hamburg Sea Devils 7-21; Rhein Fire-Amsterdam Admirals 41-38. Classifica: Frankfurt Galaxy 6-2; Hamburg Sea Devils e Cologne Centurions 5-3; Rhein Fire e Amsterdam Admirals 3-5; Berlin Thunder 2-6.

Roberto Gotta
chacmool@iol.it

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