Basket
Vacanze in America
Oscar Eleni 18/03/2013
Oscar Eleni da Succiso di Ramiseto, Reggio Emilia, dalla Valle dei cavalieri, un paese kibbutz dove tutto, dal pecorino al ristorante, si gestisce in comune, nella cooperativa che garantisce prodotti di base e prodotti di eccellenza. Si sta bene. Poca gente, tanta passione. Fosse così questo basket che manda due stille dorate nel lacrimatoio per salutare la spedizione italiana verso Chicago: presidente federale, commissario tecnico, un vicepresidente, non la Cremascoli, il segretario generale. Devono incontare i ragazzi NBA che dovrebbero farci il favore di giocare per Azzurra ai prossimi europei in Slovenia. Sono proprio sicuri che decideranno i “ragazzi”?
Hanno la certezza di aver speso bene denari che, magari, potevano essere regalati ai giovani allenatori taglieggiati dal corso per l’abilitazione che si terrà proprio a Roma. Tutto costa e quando Recalcati, via Gebbia, decise che anche gli allenatori, come i medici, dovevano fare sempre corsi di aggiornamento, si è dimenticato di chiarire che ci servono bravi tecnici di base a cui nessuno regala un euro, per cui ogni lezione di aggiornamento è a spese loro e poi, se vogliono fare un saltino, devono spendere altri soldi. Certo che non è un ordine del medico quello di fare l’allenatore, ma mettere tanti passaggi a livello e caselli dove si deve comunque pagare non ha senso.
Così come non ha senso il verdetto contro Cantù costretta a mandare in panchina come primo allenatore prima il vice di Trinchieri (vi sembra che Lele Molin debba essere considerato soltanto come un secondo?) e poi, sempre per il regolamento di protezione contro i presidenti alla Zamparini, il general manager Arrigoni che qualcosa ha fatto, che è ancora allenatore di primo livello, non importa il pagamento tasse, che non ha voluto aggirare nulla, ma è stato messo a quel posto perché il Custer della Romagnoli aveva la broncopolmonite.Regole, direte voi. Bubbole diciamo noi perché se non sei elastico nell’interpretare certe emergenze poi hai paura di tutto.
Persino che il migliore degli arbitri, il Lamonica, non veda il tacco punta di Vanuzzo nell’azione decisiva che ha dato a Sassari il primo posto in classifica su Varese. Può succedere che nel vuoto di Ancona ci siano dei fuoriusciti dalla Basaglia che tentano, magari ci riescono pure, di aggredire il Facchini che ora guida la pattuglia acrobatica degli arbitri, nella speranza che l’uomo dal tecnico anatema non abbia visto nel gruppo i parenti del povero Sahin, il secondo miglior arbitro del campionato italiano, uno bistrattato perché autonomo, perché molto bravo, perché non va dietro al bettinismo facchiniano, uno che non apre mai bocca per dire cose ovvie e che non se la prende se lo fanno fuori dalle finali importanti, se, sarà sempre un caso, non lo vedi mai in televisione. Lo vogliono vedere soltanto loro, al pensatoio in grigio, per poterti dire che non è bravo come crediamo in tanti. Mah. La stessa cosa che diceva Pianigiani spiegando perché Polonara non doveva passare due mesi di lavoro nel gruppo Italia.
Dicevano, dicono anche, che il Repesa sempre tormentato di Malaga, ancora al limite dei play off spagnoli e dell’eurolega, non sia poi così bravo, ma, ogni tanto, un suo giocatore diventa MVP europeo, ogni tanto qualche sua squadra o nazionale fa grandi risultati. Casi.
Dicono, dicevano, che Sassari sarebbe stata una farfalla bruciata dal sole di primavera. Forse. Ma intanto le sue ali ambrate sono lassù in testa alla classifica e adesso ci diranno che non è tutto oro quello che luccica, che il piano quinquennale è fumo negli occhi. Voi che spendete e spandete dite che è così? Non vi crediamo.
Dicono, dicevano che a Roma non si poteva fare più una grande squadra. L’Alberani rubato alla Romagna, sponsorizzato da Carlton Myers, ha dimostrato proprio il contrario puntando sul mercato equo e solidale, dando fiducia ad un allenatore che, prima di tutto, ha fede in quello che sta facendo e palle abbastanza solide per guardare negli occhi tutti quelli che dirige, dal Datome scalpitante con il boa constrictor NBA al collo, al Lawal che, ogni tanto, ascolta più il coro degli adulatori che l’ansimare dei compagni impegnati a proteggerlo o coprirlo. Dove arriverà Roma? Be’, intanto ha fatto una stagione splendida e non è detto che sarà mangiabile come sanno a Cantù e Varese, come dovrebbero sapere a Siena.
No, a Milano non si preoccupano. Nell’Emporio tutto è sotto controllo. Ogni caduta ha una giustificazione. La bua, la boa, le beata gioventù, la boiata greca, la fantasia rancida di chi rende infernale la vita di una squadra che anche emigrando a Desio, per la gioia dell’abbonato fedele, si è trovata 5.000 persone sugli spalti. No, Milano non deve temere nessuno. Gli aerei che volano sul cielo Armani hanno le pillole giuste per i giorni in cui si deciderà il destino in sette partite di play off, un massacro richiesto dai club che volevano più incassi, una puttanata che alla fine favorirà chi ha più vitelli in cascina. E Milano è al top.
Dicono, dicevano, lo pensava anche Pianigiani se non lo ha mai voluto nel suo cerchio magico, che Sacripanti era adatto soltanto ad imprese casalinghe, a vita monastica senza splendore. Diteci voi se esiste uno che merita più titoli del Pino cantuchiano che ha già salvato Caserta sul campo dopo averla salavata anche fuori nei giorni dove tutto evaporava nel pianto del debito.
Dicono, dicevano, che Recalcati era sul tavolo come bollito. Provate voi a mangiarvelo. Salvo con una squadra che a fine mese non sa davvero come mangerà nella prossima stagione.
Dicono, dicevano, che Ettore Messina è molto cambiato, ma nell’ultima intervista rosa dal Cremlino moscovita non ci è sembrato diverso dal passato quando, con la tecnica del dico e non dico, si è domandato se questi Lakers avrebbero fatto meglio con il precedente allenatore piuttosto che con il Michele D’Antoni che non ha mai digerito, quando era suo avversario come giocatore e poi, ma soprattutto, dopo, quando lo trovava fra gli allenatori, sempre convinto che se Arsenio era nella NBA anche il capo dei Serpe Verde, con sfumature in nero e in rosso armato, doveva starci. Forse ha ragione, ma arrivato a questo punto della carriera perchè non dire le cose come stanno? Ai Lakers hanno sbagliato a cacciare l’allenatore del triangolo per prendere quello della non difesa. Punto. Così come non aveva senso fingere di essere stato ripudiato da Milano per motivi che soltanto Proli e lui conoscono, che soltanto Scariolo e i suoi turiferiari sanno per bene.
Dicono, dicevano, lo abbiamo detto e pensato dopo la coppa Italia, che Siena, questa società, non sarebbe caduta nel gorgo della crisi e delle calunnie. Forse ci siamo sbagliati, anche se questa crisi di risultati viene dallo scontro con il destino cinico e baro più che contro avversari con maggiori mezzi e forza tecnica. Hanno sbagliato anche a Siena quando hanno voluto scegliere giocatori che non avevano più niente della loro forza originaria, quando hanno preso uomini inadatti alla vita di sacrificio, ma poi si erano messi in trincea e lavorando duro si sono portati a casa la coppa Italia. Ora soffrono, ora che sono leoni con il piede ferito si prendono calci da quelli che anche battendoli resteranno asini del sistema, da chi si inginocchiava ed era felice di avere pubblicità che ora mancano, che hanno il dovere di accontentare chi paga di più e chi ha più santi nel paradiso delle redazioni.
Dicono, dicevano, ci pensino adesso a Siena quando dicevamo che era assurdo sfinire la Benetton per una cazzatona dei furbettti da quartiere a luci rosse, che Giorgio Buzzavo era troppo intransigente quando si domandava perché il decimo dei suoi giocatori prendeva, secondo i bilanci certificati in Lega, il doppio delle stelle di chi stava davanti. Ora, davanti al nero fumo e ai contratti immagine si sentono tutti un po’ vergini, eppure qualcosa è accaduto e ancora accade. Non tutti possono guardare il mondo sportivo professionistico, quello povero dietro al calcio, dietro gli occhiali glamour del re Giorgio. Certo servono interventi. Petrucci da Chicago punterà su Stern e si farà spiegare mentre Bargnani agiterà il gomito malato a mo’ di ombrello.
Dicono, dicevano, che la Virtus andava bene come era stata pensata dall’immaginifico che poi ha dovuto scarificare Finelli. Ora il Pullen che cambia faccia anche agli impresentabili sembra dimostrare il contrario, ma la prima, si sa, è sempre la più facile.
VISIONI SIM SALA BIM a 7 giornate dalla fine: Varese 46, Sassari 42, Roma, Cantù, Siena 40, Milano 38, Reggio Emilia 36, Venezia e Brindisi 30, Avellino 24, Caserta 22, Cremona e Bologna 20, Montegranaro e Pesaro 18, Biella 14. Il mago stravede e straparla perché poi capita che i ganassoni dell’Emporio Armani facciano saltare tutte le ampolle spiegandoci che quello in corso non è il vero campionato, ma soltanto il preambolo noioso prima della smazzata dove i duri entreranno per giocare. Forse è anche vero, ai ricchi tutto è permesso. Noi teniamo nota di ogni parola dal sen fuggita in zona Lido fra cerberi e guardaspalle. Certo avremmo accompagnato la damigella di Proli al titolo più volentieri se si fosse vestita, invece di gironzolare per il prato a piedi nudi, senza scarpe rosse, con gli stracci rubati agli Oh bei oh bei.
Pagelle e intingoli con il biliardo in mezzo alla sala, inchinati davanti all’affettatrice Berkel finita in cantina.
10 Al Pino SACRIPANTI che nella nostra cascina sembra ancora davanti ai colleghi paludati per il titolo di allenatore dell’anno. Lui e Caserta, senza tatuati indolenti e con italiani da mercato povero, hanno maltrattato tanti presunti fenomeni e senza certi fischi sarebbero ancora più avanti.
9 Al SARDARA di Sassari che non è in testa alla classifica perché hanno fatto adesso una bella squadra, perché la panchina italiana rende molto più del previsto, ma per aver pensato e poi costruito una società, per aver iniziato adesso un piano quinquennale con gli uomini che hanno cominciato il viaggio quando la barca era piccola e sembrava un puntino nell’oceano della presunzione legaiola.
8 A Carlton MYERS per essersi fatto ascoltare davvero dal deluso Toti quando gli ha proposto come manager Nicola Alberani. Ora, conoscendo le oche del Campidoglio, le corti romane siamo angosciati: Roma come squadra è in grande progresso, per farla cadere basterà lasciar parlare i soliti noti e sfasciare tutto.
7 Al PUBBLICO di Biella che continua a credere nella missione impossibile della salvezza anche nel giorno della resa davanti ad Avellino senza Lakovic, anche dopo aver sentito la solita nenia delle sconfitte onorevoli tipo quella della settimana prima a Varese. Hanno fede, speriamo siano premiati, ma non perché chi sta davanti, tipo Montegranaro, ha già deciso di ritirarsi nonostante i miracoli del Micione Recalcati.
6 A Jacob PULLEN che ha ridato colore al popolo Virtus, sorriso al Bechi salito sulla diligenza per l’inferno. Certo non basta una partita a cambiare tutto, ma almeno ci ha provato, ora non faccia come gli altri americani di Sabatini che all’inizio facevano pensare al glorioso passato delle Vu nere e poi sono diventati oscuri viandanti nel nero della classifica.
5 A BELINELLI e Danilo GALLINARI per non aver telefonato al presidente federale e al Pianigiani stressato dagli schiaffi di Istanbul, per non averli fermati in tempo annunciando la loro presenza in Slovenia: obbediamo senza se e senza ma.
4 A quelli dell’EMPORIO ARMANI che ci hanno detto di sentirsi menomati dalla mancanza di fatiche infrasettimanali. Insomma i favoriti sono quelli di Siena che si giocano 20 partite in più. Magari è vero, meglio giocare che fare allenamenti nascosti, perfetti, col piumino. Ma, di grazia, care signorie che ci guardate in cagnesco, l’eliminazione dall’Europa è stata causata dal solito spiritoso santo?
3 Agli ULTRAS del mondo basket che fanno rialzare la cresta all’Osservatorio. Quelli di Varese che fanno a botte con i tifosi della Torres di calcio prima di mangiare insieme a quelli della Dinamo, quelli di Montegranaro che fanno scappare il capo arbitro Facchini dalla tribuna. Poi è vietato lamentarsi se altri prendono proveddimenti da don Abbondio.
2 Alla SCAVOLINI che sul campo di Cantù ci ha mostrato la faccia peggiore per confortare la passione di chi la sostiene da tanti anni come il principe Valter: palle perse banalmente senza neppure guardare il cronometro, rientri fiacchi alla Mancinelli canturino, tiro al piccione, reazione tardiva. Un peccato che soltanto Biella non ha fatto pagare con più dolore.
1 Al BROWN di Siena perché ci ha fatto rimangiare tutto quello che dicevamo di male su di lui quando non riusciva a dirigere i campioni e adesso sta tornando il mangia gioco che non pulisce un pallone, non innesca un compagno nei tempi giusti, non tiene in difesa, quasi peggio di Eze che insiste a voler stoppare facendo un passo indietro invece di aiutare con un passo avanti. La sua crisi è anche fisica, ma forse è la testa ad averlo tradito. Ci aspettiamo altre smentite. Sul campo, si capisce.
0 All’ULEB tartufesca che non ha fatto una piega davanti all’aggressione del Rodirguez madrileno sul campo di Kaunas, che ha lasciato correre tutto su troppi campi, che non si è preoccupata del calo tecnico di arbitri che ci hanno riportato nell’oleoso mondo Fiba. Non solo. Certe denunce, tipo quella dell’allenatore spagnolo dello Zalgiris a cui avrebbero tagliato persino la luce in casa, andrebbero approfondite, magari accertate perché non è così che nasce una vera lega europea, se si permette alla gente di non rispettare i patti e le regole.
Oscar Eleni, lunedì 18 marzo 2013