Un’eroina a Washington Square

28 Novembre 2012 di Stefano Olivari

Il giornalismo è attualità, dicevano i maestri (ma quelli veri, quindi lo riferiamo senza ironia). Siccome maestri non siamo, condividiamo la lettura di un romanzo ambientato nella prima metà dell’Ottocento. Si tratta di Washington Square, di Henry James, che in moltissimi conoscono attraverso un film del 1997 (L’ereditiera) con Jennifer Jason Leigh come protagonista (ne esiste anche una plurioscarizzata versione anni Quaranta con Olivia De Havilland, per noi beceri sempre la Melania di Via col vento, e Montgomery Clift), ma che come libro ha resistito bene al tempo, nonostante sia stato scritto nel 1880. Se vi piace la narrativa pulp non leggetelo, qui siamo in pienissima zona Jane Austen. Se invece amate la letteratura avvolgente, basata sull’evoluzione psicologica dei personaggi invece che sull’aumento esponenziale del loro numero (i compilatori degli specchietti dei Gialli Mondadori avevano capito tutto) e su una quantità grottesca di coincidenze e scene madri, questo libro è da non perdere. La protagonista, Catherine, è la figlia senza qualità ma nemmeno difetti del ricco, laico e ironico dottor Sloper, che crede di aver trovato l’uomo della sua vita nel cercatore di dote Morris Townsend. La casa di famiglia è a Washington Square, a New York (in pratica dove inizia la Fifth Avenue), da cui il titolo abbastanza ingannevole: è una vicenda che potrebbe essere ambientata anche a Crotone o a Celle Ligure, non va sicuramente messa nel file ‘Libri su New York’. Fin qui il romanzetto, poi come gli Abbagnale si sale di colpi perché raramente il disprezzo di un genitore nei confronti di un figlio è stato espresso a questi livelli di profondità e di cinismo, pur nell’apparente piattezza della trama. Catherine è una eroina femminile non banale, nel senso che non ha bisogno di grandi gesti per affermare la sua personalità. Che in realtà è la più forte di tutte. Non ha sfortune da film di Matarazzo, che facciano automaticamente ‘dramma’ o tirino fuori frasi tipo ‘oh, poverina’. Non perdona, ma nemmeno odia. Come in tutti libri che piacciono al pubblico, scattano l’identificazione e il tifo anche per i personaggi di contorno, ma James non segue strettamente i dettami del marketing e sorprende pur non facendo parte dei pesi massimi (un buon peso medio, ma di quelli da classifica all time di Rino Tommasi). I tempi narrati da James sono lunghi, i ritmi lenti, le convenzioni soffocanti, la famiglia una prigione. Con o senza ribellione, il momento in cui si parla al passato arriva velocemente.

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