Una Ragazzona da affondare

6 Maggio 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla Galizia, ria del Ferrol, imboscato nel gruppo di ricerca che prova a trovare nell’abisso i resti della Ragazzona, un galeone veneziano affittato da Filippo secondo per la spedizione della presunta Invencible Armada, finita in un disastro, 13 mila morti, contro la potenza navale inglese  che si mangiò quasi tutte le 130 navi del bigotto che voleva sfidare Elisabetta e i suoi capelli rossi. Cercare navi ed armate, quelle nate per essere invincibili, quelle che lo erano, ecco cosa dovremo fare in questi play off brodosi e permalosi, nati per far incassare  qualche euro, messi insieme per far incazzare ancora di più chi non sopporta le notturne del basket, chi avrebbe voluto capire subito questa resa sulla Manica televisiva, adesso che SportItalia sembra la ex grande televisione del basket, che Sky fa la scontrosa e si ciba di Bundesliga piuttosto che di canestri indigesti, considerando che a La7 hanno messo tanto di quel veleno sul rospo che salvare la creatura dall’ostracismo mentaniano sarà impossibile.

Insomma tutto nelle mani della RAI che dovrebbe anche garantirci l’europeo in Slovenia: loro hanno voluto l’ultima domenica alle 20, loro puntano sulle 20.30 come orario dei play off. La cosa buffa è che in tanti cercano di spiegare la scelta come la più ovvia. Perché, di grazia cinguettano. Non vorrete giocare alle 18 nei giorni feriali?.  Perché da sempre si fa così. Tu puoi urlare che da sempre è sbagliato non modellare i programmi sulle esigenze generali: la domenica alle 18.15 era, è, uno spreco di tempo e denaro, ma sembrava tradizione. Comunque sia i padroni sono loro, la Lega è di lorsignori e noi, al massimo, come gli inglesi, possiamo mandare i brulotti, navi  e parole incendiarie contro gli abatini del “si è sempre fatto così” e ci dispiace dover partire con la rabbia dentro, certo non è colpa loro se le redazioni sono insensibili al notturno agliato del basket, ma potrebbero anche informarsi o, magari, venire incontro alle esigenze di tutti. Certo la televisione sembra il massimo, lasciamo perdere le cifre, ma poi quando i legaioli si vantano non vorranno dirci che il seguito da nove milioni riguarda soltanto una faccia mediatica. Le parole volano, soprattutto quelle televisive, gli scritti restano.

Pazienza, fatti da parte e bacia l’orso come quel colosso finlandese che pubblicizza le vacanze fra i laghi della divina Suomi, sfogati sui play off dove di sicuro una Ragazzona andrà a fondo, non si sa se nel primo mare freddo dei quarti, o fra le rocce della semifinale. Il destino, baro e crudele, direbbero così  persino in Lega dove sanno bene come valorizzare il luogo comune, ha messo subito di fronte Milano e Siena, le ultime finaliste, quelle che se le sono date con più vigore nelle ultime stagioni, quelle della dittatura mensanina, dei 6 scudetti in fila. Tormenti sul campo, fischietti e trombette, denunce e congiure, un modo per arrivare a dirci che non si sono mai amate anche se all’inizio il Proli armanizzato amava sedersi alla tavola del capitano Minucci, cercando di capire da lui come si poteva costruire una  squadra quasi invincibile, almeno in Italia. Sono passati anni e milioni di euro nella lavatrice del gioco che non rispetta l’ apprendista ganassone e chi non sa interpretare la parte.  Adesso siamo al faccia a faccia e non si sa davvero chi è il Ferrucci della disfida contro lo spocchioso Lamotte.

Proli e l’Emporio sembrano pronti. Hanno cambiato assetto, si sono fatti affittare un galeone al centro dai veneti di Treviso che l’avevano mandato a Tel Aviv. Venti milioni di euro per togliere le ragnatele dal cielo del Forum, tante purghe, per la squadra, per gli allenatori, per il gruppo in generale. Forse è arrivato il momento della pesca miracolosa nel mare galiziano dei play off. Siena ha una sola possibilità per eliminare la più accanita delle pretendenti: ritrovare quella rabbia  e, soprattutto, organizzazione difensiva, che hanno permesso la vittoria in coppa Italia nei giorni del secondo flop di don Sergio che già era naufragato al primo giro di eurolega con la sua Ragazzona biancorossa. Da quel giorno il Banchi cacciatore di cinghiali famosi si è trovato tutto contro: un calendario impossibile da sopportare in Europa con il poco che offriva un convento dove il lazzaretto si era pure riempito in poco tempo. Ora capiremo se Milano ha filtrato i reni della difesa per resistere contro un’avversaria che ha la miccia corta.

Le luci  della ribalta saranno tutte per queste due e attenzione a lodarsi e imbrodarsi se ci  saranno grandi folle in tribuna e buoni incassi. In questi giorni persino la pallavolo femminile fa più di 5000 spettatori facendoci piangere su quello che è rimasto del Palaverde trevisiano fortunatamente restituito al grande agonismo sportivo dalle ragazze di Conegliano che non certo per caso hanno scelto come addetto stampa il Simone Fregonese che era la voce verde in casa Benetton prima che la sagrada famiglia affidasse tutte le sue filosofie sportive ai figli di, prima che le purghe federali ci rubassero il patrimonio di scudetti rappresentato dalla corte della Ghirada.

Prima di arrivare agli altri scontri playoff dei quarti vorremmo girare a Simone Pinaigiani, a Petrucci, al basket che non si riconosce nelle porte girevoli, questo messaggio di Arturo Art Kenney, invitato da Proli e dall’Olimpia, si spera, al Forum venerdì sera per il ritiro del suo mitico numero 18. Un atto d’amore che dovrebbe essere il mantra di affiliazione a qualsiasi gruppo, squadra: “La mia grande società – scrive Arturo mai piegato da Sandy, dai cicloni e dalla crisi, tormentato soltanto dalla voglia artistica di una figlia troppo alta per  stare dentro un palcoscenico -, l’Olimpia Milano, la più vincente nella storia della pallacanestro italiana, ha deciso di ritirare il mio numero 18, un onore che non avrei mai potuto immaginare. Dato che in tutta la mia carriera ho giocato al 100% per il successo e per la squadra ho accettato questo onore a nome di tutte le “ Vecchie Glorie” dell’Olimpia Milano e per tutti i giocatori arrivati in società dopo di me fino al presente e anche per quelli del futuro. Grazie a tutti, Vi terrò sempre nei miei pensieri e nel mio cruore durante questo periodo celebrativo e anche dopo”.

Appartenenza, vita insieme. Chi avrà questo legame con la storia sportiva della sua vita, della sua società, della squadra dove ha sofferto potrà dire di aver vissuto bene, di avere qualcosa che gli rimarrà per sempre e non conta quanti scudetti o partite hai vinto, quanti punti hai segnato. Per questo giriamo la carta 18 alla presidenza federale e al cittì che vedrà dalla Galizia questo scontro Milano-Siena, il suo alimento base in passato prima di mettersi in viaggio con Azzurra che adesso sembra aver trovato il suo nuovo pirata Drake nel Belinelli che entra al secondo turno dei play off NBA da vero protagonista con Chicago, accidenti un Bulls vero, facendoci riflettere su tante cose, troppe, per la verità, ma per questo andremo a ripetizione da Tranquillo, Buffa e Peterson che su quel mondo ne sanno davvero di più e hanno la forza per spiegare cosa sfugge all’inclita che ancora si commuove per i Kenney, i Brumatti, i balordi, i Meneghin, i Zanatta, gli Ossola i Della Fiori, per la grande Ignis, il grande Simmenthal, la splendida Cantù, la meravigliosa Virtus Bologna, la esmeralda Fortitudo di Seragnoli, la Treviso delle magie a maglia stretta, della Roma binchiniana tinta con stelle azzurre, persino la Livorno  da derrby e la Pesaro da sbarco.

Confusione, gente. Ma pazienza. Tanto qualcuno ci spiegherà bene tutto e capiremo meglio Belinelli se e quando verrà al raduno di Azzurra con la barba mefistofelica di chi soffirva un po’ vedendo tante attenzioni per gli altri due, Gallo era super, Bargnani avrebbe dovuto  e voluto essere al suol livello, che erano con lui nel circo dove si stupiscono vedendo saltare tendini e ginocchia, scoprendo che quel ritmo di vogata non lo può reggere nessun Ben Hur dello sport senza bagni ghiacciati e integratori, anche se, finalmente, qualcuno ha scoperto che si guadagna un bel po’ con questa vendita , con questa caccia al dopato, con la scusa che lo si fa per il suo bene. Si potrebbe farlo davvero limitando i programmi, evitando salite  troppo dure, stagioni troppo larghe. Ma il panem e e i circenses servono e allora si lucra su tutto. Vita compresa.

Andiamo avanti fermando ancora le immagini sulle foto di Villalta che dovrebbe entrare in Virtus come uomo capace di legare nuova economia  ad una vecchia grande storia. E’ in mezzo  a quelli che sono stati fari della sua vita, per la passione, di certo il Bertocchi che Sabatini ha spedito nelle riserve indiane del tifo, è a battesimo dai pigmalioni che gli hanno cambiato esistenza, mentalità, vita. Ridateci quel sorriso ironico dell’avvocatone Porelli che a Bologna non raccontava favole, ma le allestiva. Ridateci quel Peterson da barberia gratuita che ha cambiato così tanto nella testa degli allenatori e dei giocatori italiani.

Dunque play off. Nel girone infernale dove Siena o Milano lasceranno le loro penne da Ragazzone ricche e titolate, avremo Varese contro Venezia. Per il veneziano Vitucci, allenatore dell’anno con  la Cimberio prima in classifica, la maledizione della Giudecca. All’inizio della stagione avevamo avvertito i naviganti sul pericolo del Brulotto reyerino. Infortuni, gnagnera, scelte sbagliate, mandarono oltre la Laguna la squadra di Brugnaro che ora, però, naviga facendo sventolare un bandiera oro granata in campo nero che dovrebbe allarmare Varese, almeno per tenerla attenta  al momento dell’abbordaggio. Previsione? 4-1 Varese. Per Milano e Siena, allora? Malvagi. Dico 4-3 Milano.

Altro girone dei play off quello che comincia prima, nel giovedì dei martiri. Sassari ha tutto per far scontare a Cantù i peccati di gola che hanno fatto salire troppo gli zuccheri in chi non sa misurare il proprio ego e va oltre la balaustra della nave. Gli servirà, comunque, un’idea sulla difesa che possa far cambiare rotta ai cantuchiani che hanno trovato un’altra spingarda per il tiro da fuori. Previsione: Sassari 4-3. Accidenti, ma quanto si allungano  i brodi. Combinazioni. Sì, perché anche per Roma-Reggio Emilia, la più intrigante delle sfide, andiamo sul 4-3 per chi giocherà l’ultima in casa, quindi Roma se resterà nel suo piccolo palazzo. Andando all’Eur più vocìo, ma anche più dispersione degli affetti.

Pagelle di congedo della stagione inchinandoci all’Uleb che ha portato nelle finali di Londra due arbitri italiani, Lamonica e Cerebuch. Non accettando di fare il tifo per nessuno nel palazzone  dove si assegnerà il massimo trofeo continentale, anche se Messina e il suo CSKA ci sembrano cosa nostra e non soltanto perché il Tancredi delle glorie virtussine è nato in Sicilia ed è diventato ammiraglio di flotte reali fra  Veneto ed Emilia.

10 Al POPOLO DI BIELLA che se ne va mesto verso un campionato che sembra non esistere, nato per confondere più che per creare. L’augurio è di ritrovarli tutti con la fede degli ultimi santi giorni di vita da retrocessi, quando sarà passata la tempesta ormonale delle riforme che non riformano perché a quella gente che scuote i barattoli manca una cosa: l’umiltà per essere semplici.

9 A Valter SCAVOLINI se dirà subito a tutti che non lascerà andare alla deriva la sua Ragazzona, quella che ha portato agli scudetti, alla gloria europea, quella difesa sempre contro tutto e tutti. Persino in famiglia, da un po’.

8  A RECALCATI per essere stato fiero guerriero in una battaglia che appariva persa in partenza dentro banche senza fondi. Con Montegranaro capolavoro che non chiude certo la carriera.

7 A SACRIPANTI e PANCOTTO che per strade diverse hanno fatto risplendere fra rifiuti e debiti il sole della Campania, tenendo in piedi Caserta e Avellino che, molto più di Napoli, sono sempre state concretezza.

6 Alla LEGA, una volta tanto, per l’aggiornamento in tempo reale del tabellone play off nell’ultima giornata che la Rai ha voluto schiacciare alle 20, fra le feste Juventus e il Napoli- Inter del dessert. Ora si torna agli orari buoni per la TV, ma ci aspettavamo di trovare già al lunedì mattina programmi, orari. Illusione, però questa Lega che ha gente di valore che ancora la protegge, dove si studia, si ricorda, si cerca di fare il bene comune, dovrebbe anche avere la forza di indignarsi se altri cercano di sodomizzarla.

5 Al CAPITANO MINUCCI che si ribella troppo platealmente davanti al fallo tecnico che gli arbitri dell’ultima partita hanno affibbiato all’esasperato Banchi, memore, forse, di ben altri trattamenti e non soltanto a casa sua. Ma, si sa. La gente avverte subito sei hai perso forza. Applaudire ironicamente i Cicoria,  con un piede in campo, dopo aver scelto nel palazzo lo scranno del tredicesimo guerriero isolato da tutto, ha fatto uno strano effetto e non promette bene per il faccia a faccia delle Ragazzone avvelenate.

4 Alla presunta LEGA FEMMINILE che è riuscita  a nascondere fra la polvere dei fallimenti una bella finale scudetto vinta da Schio, dal Lasi delle fantasie, sulla ferocia lucchese dove Diamanti e Lidia Gorlin hanno fatto un capolavoro.

3 Alla BOLOGNA del basket, ma si potrebbe dire anche dello sport dopo il 6-0 subito dai calciatori a Roma. Mai così in basso le due squadre della città. La Virtus ha certo valorizzato i suoi giovani, ma è un artificio che  si scontra con i 7000 tifosi di media, cresciuti a pane e scudeti, a vedere imprese e non germogli. La Bianco Blu di A2 ha sicuramente vinto, come al piano di sopra, il premio utilizzo italiani, ma resta un ibrido nella terra che a buona ragione era considerata repubblica indipendente del basket italiano. Chi ce la restituirà? Un consorzio, un’idea, una banca? Mah.

2 Alle TROPPE SOCIETA’ che vanno in giro chiedendo attenzione a chi non ne ha mai avuta, quattrini a chi non li ha mai dati. Non sarebbe ora di fare un raduno nelle cripte per stabilire se prima del lancio di nuove formule non sia il caso di contarsi davvero e di mettere su tavolo cifre, programmi, risorse?

1 Agli ARBITRI che devono essere orgogliosi dei loro rappresentanti al vertice europeo, ma non tanto spocchiosi da nascondere dietro sorrisini da mercatino delle pulci quel desiderio folle di scovare i passi di partenza, le danze sballate sui perni, l’ansia del fallo da fischiare su contatti fra corpi sudati in un gioco maschio e di contatto, che danno fastidio soltanto a loro e non alla tecnica.

0 A Santi PUGLISI se davvero pensa di poter piantare soltanto pomodori, guardando il basket da lontano, lui che ne è la memoria meravigliosa con opere e fatti. Quando Pesaro lo fece andar via pensava di aver scoperto, come succede purtroppo a tanti altri soloni imperatori delle bubbole, nuove fonti di energia. Senza di lui sappiamo come andata, così come a Bologna in Fortitudo. Ora toglietegli i pomodori e ridategli una tuta Italia: mandatelo in giro a predicare il verbo, pazienza  se  sarà ripetitivo e sparerà ai passeri come quando era malvagio cacciatore.

Oscar Eleni, lunedì 6 maggio 2013

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