Un volo a Planai

14 Febbraio 2013 di Simone Basso

A Schladming, dopo l’apice culturale della discesa, il valhalla austriaco, è tempo dello zenith agonistico. La Planai non è solamente lo stadio naturale dei trentacinquemila indiani urlanti, ma l’arena perfetta degli slalom. Un pendio micidiale, caratterizzato da pendenze estreme, su una superficie talmente compatta da sembrare vetro: l’optimum, in presenza di condizioni di aria secca che consentono più grip all’azione. Un premio maggiore per chi osa, attacca, e soprattutto ha le doti per farlo: dunque un campione.

In questo frangente storico sono tre i fuoriclasse dello sci alpino mondiale e se uno è un velocista, il vichingo Svindal, gli altri due rappresentano l’ultimissimo stadio evolutivo, il più avanzato, delle discipline tecniche. Marcel Hirscher e Ted Ligety si sfideranno venerdì e domenica nell’ennesimo rendez vous stagionale; uomini e storie differenti ma con punti di contatto significativi. Hirscher è nato con l’ossessione (paterna) del campionismo; ha addosso l’arroganza e l’urgenza – la voglia di vincere – che si perdonano unicamente ai fenomeni come lui. In Stiria deve sopportare una pressione pazzesca, l’attesa di una nazione che vive per lo sci. Se Marcel è nato campione, per ambizione e rango, Ted si è scoperto tale, divertito, col passare del tempo. Ligety è dello Utah, di Park City, ed è americano tanto quanto il Super Bowl e The Big Bang Theory. Guascone, bizzarro, con un modus vivendi comune agli statunitensi che, stranieri in una terra straniera, vivono nomadi in Europa, sulle Alpi, durante l’inverno di Coppa. Quel distacco gioioso, malgrado tutto, dissimula la sua ferocia competitiva negli appuntamenti importanti.

Eppure entrambi, la strana coppia, condividono un’interpretazione unica del gesto tecnico, qualcosa che li accumuna anche nelle polemiche. Peter Schrocksnadel, il boss della federsci austriaca, ha accusato lo yankee di barare coi materiali. Difatti, con le norme che impongono sci più lunghi e stretti, dal raggio d’azione più ampio, l’incredibile carvata di Ligety in gigante è diventata un’arma totale. E Hirscher, sempre al limite perchè sopra al palo, con alcune quasi inforcate ha generato discussioni sulla liceità della sua sciata nello speciale. Atleti comunque dalle doti neuromuscolari straordinarie, addirittura feline nel caso del prodigio di Annaberg-Lungotz. Ted, come testimoniano gli ori di questi giorni, è sempre più sciatore evoluto; cioè in grado di utilizzare quel pattern di entrata e uscita dalla curva a velocità superiori rispetto al passato. Pare dunque finalmente maturo per l’assalto alla Coppa generale, opposto proprio al gatto (..) salisburghese. Che ha una tecnica altrettanto rivoluzionaria: infatti acquista velocità evitando (quasi) sempre la rotazione del busto. E’ come se avesse abolito, col suo dinamismo, il concetto della curva… Pure Ligety ha stravolto, ma tra le maglie larghe, le vecchie convenzioni: esegue linee più lunghe rispetto agli avversari, ma le conduce senza disperdere la velocità acquisita. Ha un momentum della sciata, nel tempo morto, meno costoso e più redditizio. Tutti e due, o i loro suggeritori, hanno compreso bene l’importanza dello studio dei materiali; Hirscher ha un rapporto privilegiato – e remuneratissimo – con l’Atomic, Ligety quest’estate ha lasciato i Volkl per la Rossignol. Una scelta, alla luce dei risultati del 2013, felicissima.

Quello di domenica, sul percorso più bello del circuito, è uno specialissimo: Hirscher sarà sfidato da Neureuther junior, Pinturault, Myhrer, Kostelic, ovvero una serie di interpreti sopraffini del palo stretto. Non mancheranno i motivi d’interesse nemmeno nella contesa di venerdì, un Ted Ligety contro tutti. I rivali? Innanzitutto lo stesso Hirscher, poi Simoncelli, Dopfer e ancora Neureuther. Comunque vada, sarà spettacolo vero.

(Pubblicato sul Giornale Del Popolo il 14 Febbraio 2013)

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