Un secolo passato invano

28 Febbraio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
8 – La caccia al Centro-Sud, la penisola del calcio e la non retrocessione della Juventus.


Dopo la scottatura olimpica riprende la normale attività, con la FIGC decisa a diffondere il calcio di Prima Categoria in tutto il paese. Anche a costo di andare contro la logica tecnica, visto che i grandi club sono tutti situati in un’area geografica ben precisa. Non che la situazione sia cambiata molto, in un secolo, ma rimaniamo nel 1912…In agosto al termine di una infuocata assemblea la federazione approva una riforma che riprende molti difetti dei campionati precedenti ma che ha almeno due grandi meriti: 1) il coinvolgimento del Centro-Sud; 2) l’introduzione del diritto sportivo, con un meccanismo di promozioni e retrocessioni deciso già all’inizio della stagione. Sintetizzando al massimo, il campionato di Prima Categoria 1912-13 spacca l’Italia ma anche la unisce. Ci sono infatti tre gironi del Nord (Lombardia, Piemonte e Veneto-Emilia), le cui migliori si qualificheranno per le finali Nord e le cui peggiori retrocederanno. La campione del Nord, chiamiamola così, affronterà la vincente del torneo centro-meridionale. Un torneo anche questo molto articolato, prima per regioni e poi con finali interregionali. L’assemblea, con quella che viene ricordata (da nessuno, c’è solo su qualche polveroso libro) come la riforma Valvassori-Faroppa (Emilio Valvassori è il presidente ad interim della federazione, che nel 1911 è tornata a Torino dopo sei anni milanesi), enuncia diversi principi ma come vedremo non fa i conti con la realtà. Di sicuro seppellisce, dopo tre stagioni di girone unico o ‘semi-unico’, l’omogeneità della competizione. Ci sarà un campione d’Italia e ci saranno più città coinvolte, ma pagare sarà il livello del calcio.
Il ritorno alla regionalizzazione del campionato è un errore, ma è un errore anche giudicarlo con gli occhi di oggi. Nell’Italia del 1912 le trasferte anche solo da Milano a Roma sono lunghissime, in più il pubblico sembra interessato maggiormente alle sfide con il vicino o comunque con i rivali storici che ad aprirsi a nuove avventure: un mondo provinciale che produce un calcio provinciale, in altre parole. Infine il Centro-Sud va messo di forza sul treno giusto, per non lasciarlo al suo destino e poter quindi diffondere l’interesse per il campionato in tutta l’Italia. Il torneo Maggiore, cioè quello del Nord, porta le migliori due dei tre raggruppamenti interregionali (piemontese, lombardo-ligure e veneto-emiliano) ad un girone finale a sei squadre, che viene letteralmente dominato dalla Pro Vercelli (22 gol fatti e 1 subito nelle 10 partite decisive), con il Genoa secondo e il Milan terzo. Male l’Inter, terza nel girone lombardo-ligure, malissimo la Juventus sesta e ultima nel girone piemontese. In teoria per i bianconeri dovrebbe esserci la retrocessione, ma il campionato sarà allargato e la sciagura rimandata di 93 anni. Il torneo Peninsulare permette di associare al grande calcio squadre nuove: dopo le varie battaglie regionali, la semifinale dell’Italia Centrale viene giocata fra la Virtus Juventusque di Livorno (nel 1915 insieme alla Spes darà vita al Livorno arrivato fino ad oggi) e la Lazio, mentre quella Meridionale fra Naples e Internazionale Napoli. Doppia finale Lazio-Naples, con i romani che si guadagnano il diritto di essere massacrati (6 a 0) in finale nazionale (1 giugno 1913) da una Pro Vercelli priva di metà dei titolari. Si è giocato tanto, tutta Italia è più o meno entrata nel giro. In mezzo a mille ricorsi, un folle tutti contro tutti con qualsiasi pretesto legale, la squadra piemontese è per la quinta volta campione e della sua leggenda si parla in tutta Italia.
Abbiamo accennato all’ultimo posto della Juventus nel girone piemontese 1912-13, che secondo il regolamento dovrebbe portare il club bianconero alla retrocessione. Non è un buon momento per la società, a ogni livello: fra debiti e disorganizzazione, con Edoardo Agnelli che arriverà solo fra 10 anni, il club per qualche settimana va dalla certezza delle retrocessione in Promozione alla possibilità di sparire. A lavorare per la Juventus non è in questa fase la Juventus, ma sono i tanti club che chiedono l’allargamento dei gironi della Prima Categoria. Una mazzata alle speranze juventine arriva però dalla FIGC che accorpando il comitato regionale ligure a quello piemontese di fatto toglie quei posti che sulle prime sono sembrati disponibili. Assurdo parlare di regolamenti, visto che in quella estate tutto è frutto di contrattazione. E’ così che l’ingegner Malvano, uno dei pochi dirigenti della Juventus rimasti al proprio posto per salvare il salvabile, contatta l’amico Giovanni Mauro: questi è presidente del comitato regionale lombardo ma soprattutto fratello di Francesco che della FIGC è reggente (in futuro ne sarà anche presidente). Ci si mette a tavolino e si trova la italianissima soluzione: la Juventus diventerà provvisoriamente una squadra lombarda, facendo parte dello stesso girone di Inter e Milan, rimanendo quindi in Prima Categoria. Gli ex diririgenti interisti Mauro evitano così che la Juve retroceda. Qualcosa di simile avverrà una decina di anni dopo per l’Inter, a riprova che la nobiltà nasce spesso da porcherie o quantomeno da forzature della legge (è l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende, diceva quel tale che in troppi rimpiangono) e che le mitiche ‘maglie’ sono solo stracci che assumono valore diverso a seconda degli uomini che le indossano. Però non lo si può dire, se no a chi venderemmo la nostra scienza?

stefano@indiscreto.it

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