Tutti grandi allenatori, tranne gli allenatori

19 Marzo 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’isola indonesiana di Bali dopo aver partecipato al bagno nel fango che secondo i nativi allontanerebbe la negatività. Ci abbiamo provato. Ne siamo usciti con la faccia devastata dal dubbio, come quella di troppi allenatori a cui è stato affidato un esercito di latta da quei buontemponi dei dirigentoni senza idee e, troppo spesso, senza portafoglio, che scoprono sempre troppo tardi il mercenario senza emozioni, senza faccia, senza talento, quando i buoi sono scappati. Cacciate l’allenatore. Grido di guerra dei zampariniani sparsi per il piccolo mondo sportivo. Cacciarne uno per salvarne 10, 11, 12, per pararsi il fondoschiena se non hanno il culo di cavarsela come è capitato ai geniali della Torino che ora torna ad interrogarsi vedendo il genio Blue sparare alla luna mentre Hollywood Vujacic abbandona il campo di Cremona. Personalmente abbiamo vissuto la stessa esperienza tanti anni fa, schivando sputi e prendendoci una doccia anticipata di chissà cosa perché alle manifestazioni sportive non vanno soltanto quelli che amano divertirsi vedendo giocare bene.

In effetti, da quello che è venuto fuori nelle dirette, dire divertimento è davvero un’esagerazione. Certo che si diverte chi vince. Certo che ti piace il finale della Virtus Bologna a Brescia, perché anche non segnando per 9 minuti ha portato a casa il risultato forse più importante. Ci voleva un sostegno alla teoria imperante che ormai il basket è tiro a segno, attacchi da fare in 7 secondi o anche meno. Dalla NBA alla vecchia Europa, ma qualcosa accade sempre per far pentire chi pensa soltanto all’attacco. D’Antoni, nel celebrare i suoi splendidi razzi di Houston, parla di un Tucker grande difensore che sostiene la fatica degli artisti. Lo farà anche Kerr con Golden State. Prima o poi si dovrà rendere onore alla fatica. Si dovrà tornare a crederci perché le lune dei giocatori sono tante, milioni di milioni, e allora ti trovi coi mattonari sulla linea di tiro libero e ti trovi nudo ad ascoltare il triste “sdeng” del pallone scagliato male verso il canestro che diventa naturalmente ostile. Sulla lana caprina del grande demiurgo, gli attaccanti fanno vendere biglietti, le difese vincono le partite, si accapigliano tutti quelli che hanno vissuto in prima persona il trauma di Forrest Gump: stupido è chi stupido fa.

Allenatori al mattatoio, molti se lo meritano anche, ma cara gente provate ad interpretare questo passo evangelico: se Dio, in questo caso l’allenatore direbbe Mourinho, fosse buono e non severo, tutti disprezzerebbero la sua bontà; se fosse severo senza essere buono, i nostri peccati ci condurrebbero alla rovina. Beate le società dove l’allenatore comanda e tutti gli altri restano fuori dalla porta e, se non lo fanno, allora si fa come il Banchi: grazie, arrivederci, buona fortuna. A Torino l’hanno trovata nella carrozza di Coppa Italia fiorentina, ma adesso che la carrozza sta tornando una zucca che fare? Certo ci sono tanti allenatori che giurano di contare poco o niente. Se non hai i grandi giocatori è meglio aprire l’ombrella come cantavano i girovaghi nella Vita l’è bela. Magari sono gli stessi che ad un concerto impazziscono per il direttore d’orchestra e allora non si capisce perché ci ricordiamo di Toscanini, dei nostri grandi sul podio, da Muti ad Abbado, ma quando andiamo in uno stadio, un palazzo, be’, allora si cambia parere. Cambialo bestia, ma non vedi che la difesa è un colabrodo, che l’attacco non produce? Tutti grandi allenatori, commissari tecnici. Cosa ci vuole a mettere insieme quelli bravi? Già, lo dicono tutti, soprattutto chi non ha mai messo piede in uno spogliatoio, non ha mai viaggiato con una squadra scoprendo che il detto parenti (compagni) serpenti slega anche le squadre dove hanno tutto, persino lo stipendio puntuale. Qui da noi l’allenatore mutanda viene trattato e cambiato pur sapendo con chi deve lavorare, pur conoscendo gli untori che portano il tarlo in ogni squadra.

Stiamo scrivendo tutto questo non soltanto per aver letto il libro di Aldo Agroppi, calciatore amato, allenatore che ci ha incuriosito almeno fino a quando non abbiamo scoperto che sta dalla parte di quelli che considerano il ruolo ininfluente perché tutto dipende dal talento. A braccia cadute siamo andati alla ricerca di altre verità, trovando conforto nella memoria, pur riconoscendo differenze di cultura, preparazione. Facile dire che Nikolic era geniale e Rubini soltanto pragmatico, ma poi, tutti e due, dovevano fare qualche conto. Scriviamo dal bagno di fango dopo aver scoperto che persino Marco Sodini, per noi, di gran lunga, l’allenatore dell’anno, stiamo parlando di stagione prima dei play off, persino questo poeta viareggino è stato sull’orlo del licenziamento e se non avesse vinto di un punto con Avellino, inguaiando il povero Sacripanti che in Lombardia, dopo il sacco di Varese, ingoia soltanto rospi, lo avrebbero sostituito. Stavano per farlo, peccato, ma anche per fortuna, certa gente è pure impreparata, e per sostituirlo avevano chiamato un collega che non avrebbero potuto tesserare.

Non ascolteremo mai più chi vorrebbe farci credere che il Barcellona derelitto lasciato da Sito Alonso sia lo stesso che ora sembra davvero una squadra tutta diversa dopo aver ritrovato un sentiero con il Pesic che illumina da sempre la strada dei figli di Tanjevic. Lo avevamo detto anche per Galbiati? Una storia tutta diversa, ci piaceva quel modo di prendere in mano la patata bollente, meritava comprensione, affetto, ma nel dopo Firenze, anche nella vittoria risicata in casa contro Capo d’Orlando, che non vince da 17 partite dopo essere stato asfaltato da Sassari, si era visto come se la tiravano, più che passarsela, gli stessi che avevano reso infernale la vita di Banchi.

A proposito di Sassari. I viaggi, le coppe, i malanni hanno reso difficile la strada di Pasquini. Si era anche dimesso. Sardara gli ha detto fatti un giro e torna in palestra. Non stanno andando come dopo quella forte scossa, ma ai play off ci guarderemmo da questo brigantino dove Polonara ha finalmente capito che la gente ti ama, ti applaude se dentro le righe dai tutto, non se fai il capo dei tifosi sul campo chiedendo aiuto alla gente. Una malattia da debellare subito, ma a chi lo diciamo? A quelli che considerano l’allenatore un peso superfluo da pagare? Lo pensano in tanti legaioli, basta guardare i loro settori giovanili, le loro squadre, che sono spesso squadracce anche se vengono spacciate per squadroni.

Via il fango e laviamoci la coscienza con le pagelle mentre dai monti naviganti le staffette a servizio ci dicono quello che sapevano tutti prima di cominciare: Milano davanti a tutte, Venezia ad una incollatura, Avellino a due, il resto nel gruppo e non ci sorprende neppure sapere che Pesaro farà una gran fatica a far retrocedere Capo d’Orlando anche se la dimensione perduta in Europa ha fatto diventare un carro rovente la squadra del Di Carlo che fra un cambio e l’altro nell’organico, prima o poi, ritroverà la squadra che l’anno scorso stupì il regno di mezzo del piccolo basket che ora aspetta il cerotto di Reggio Emilia per dirci che in Europa, in fin dei conti, siamo andati benino. Venghino, venghino. Microfoni aperti. Diteci voi cosa dobbiamo dire.

10 Al terribile Artiglio CAJA che ruba ai ricchi per rendere felice una Varese che meriterebbe di non essere tra i poveri. Le lune interiste splendono.

9 Al Chris WRIGHT di Reggio Emilia, uno che combatte contro una malattia dura da sopportare, uno che sembra davvero interpretare al meglio l’idea di squadra che ha salvato Menetti dalla depressione, anche se adesso la campagna di Russia, se dovesse andare male, farà tornare di moda gli stessi che l’anno scorso godevano vedendo i “talenti” italiani beccarsi come galletti manzoniani.

8 Al RAMAGLI che ha trovato il modo di rendere compatibili tutti quelli che giocano per la Virtus e adesso sembra che possano diventare più di una mina vagante se Ale Gentile ed Aradori troveranno sul cammino gente che crede nel lavoro come Baldi Rossi che sembra uscito dalla crisi post trentina, ma soprattutto post messiniana con Azzurra tenera.

7 A BUSCAGLIA allenatore di Trento che deve aver fatto esercizi spirituali per sopportare le lune di Sutton, ma anche certi arbitraggi come quello di Desio dove, a dire la verità, sono andati un po’ tutti in confusione. Anche Milano. Fra lecito ed illecito c’era in mezzo il maledetto mare dell’interpretazione secondo convenienza, più che coscienza, come dicevano i moggiani.

6 A Mitchell WATT uscito fra gli applausi reyerini dopo la bella partita dominata contro Cantù vestita da Monna Lisa in laguna. Se De RAFFAELE trova al centro una coppia da oltre 30 punti, ne ha fatti 15 anche BILIGHA, allora sarà davvero Venezia la rivale di Milano anche se Avellino ci sembrava più attrezzata.

5 Al MIKE D’ANTONI che fa schiattare d’invidia i molti invidiosi italiani, il suo destino da noi, anche se uno come lui, sul campo e in panchina ci manca tanto, perché stravince con Houston e si fa persino elogiare per la forza difensiva di qualche suo giocatore. Purtroppo, o per fortuna, suo fratello Dan si è fermato nel marzo dei matti con la Marshall University dopo aver superato il primo turno. Altrimenti l’invidiosometro avrebbe toccato il picco.

4 A MICOV, professore emerito, grande interprete del basket Bodiroga, perché gli abbonati del Forum, ora ceduto al ghiaccio mondiale, che non hanno voluto o cercato di raggiungere la dependance di Desio, non hanno potuto vedere un saggio di grandissima qualità e non soltanto per i 28 punti. Ma come, professore, proprio nella casa della tua vecchia Cantù fai magie?

3 A Gianni PETRUCCI se prima di farsi sfilare dalla manica l’asso degli arbitri dalla Lega dei voraci dovesse suggerire ai giudici di applicare anche in Italia la dura legge NBA. Certo da noi non ci sarebbero allenatori che potrebbero pagare 15 mila dollari di multa come Doc Rivers o quasi 50 mila come due giocatori che si sono picchiati, ma di sicuro dare qualche avvertimento non guasterà adesso che per qualcuno la palla scotta più di prima.

2 Al GALBIATI, giustamente osannato per come aveva traghettato gli ammutinati di Torino verso la sponda dove tutti diventano belli e bravi perché vincono, per non essersi presentato in sala stampa a Cremona. Poteva farlo, ma doveva mandarci i suoi padroni, anche soltanto per dire che il meno 22 era colpa di Banchi o, magari, di Recalcati.

1 Vincenzo ESPOSITO se dovesse passare in farmacia per prendere troppo antidepressivi. In effetti questa Pistoia non assomiglia certo alla squadra che lui ci ha fatto vedere nella scorsa stagione. Capita. Considerando la salvezza acquisita, Pesaro e Capo vanno troppo male, pensi al futuro, cercando dove gli altri scartano.

0 A PIANIGIANI se non querelerà tutti quelli, cominciando dai commentatori televisivi, che sostengono di vedere FONTECCHIO molto cambiato da quando vive nell’isola felice di Cremona dove anche a lui Sacchetti ha detto che il suoi basket è di chi lo gioca. Tutti questi progressi si vedono soltanto in controluce. Strano che a fare questo discorso sia la stessa gente che poi incensa l’allenatore senese anche quando dice al coro che la Milano vista contro Trento dimezzata ha fatto una partita di sostanza. Il club anelli al naso ringrazia.

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