Esercizi di ciclostile

Troppo Boonen

Stefano Olivari 11/04/2008

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1. Tom Boonen e Stijn Devolder contro Stuart O’Grady e Fabian Cancellara. Niente di più probabile che la centoseiesima Parigi-Roubaix si trasformi in una riedizione del Trofeo Baracchi, almeno dall’Arenberg in poi. Con i single convinti (tra gli altri Alessandro Ballan, Juan Antonio Flecha e Roger Hammond) fermi a reggere il moccolo, se non ci scappano divisioni tra i due più due. Le coppie sono davvero ben assortite, entrambe hanno l’uomo veloce (Boonen e O’Grady) e il compagno che ha vinto (Devolder il Fiandre e Cancellara la Sanremo). Il primo dei quattro è il grande sconfitto del Rvv. Per come ha passato Oude Kwaremont, Paterberg e Koppenberg – in carrozza, mentre metà gruppo scavallava – si direbbe che il duro di Mol ha perso insieme un’occasione d’oro e il controllo di ferro su gare e gregari, forse delegato al team manager o ai direttori sportivi. Fra gli altri tre occhio all’australiano, lo vedono in ritardo di condizione ma già alla Gent-Wevelgem si è fatto trovare puntuale. In perfetto orario sulla tabella di marcia, verso l’ingresso nel Vélodrome.
2. Perché Filippo Pozzato non rappresenti il nuovo Gabriele Colombo, e non invecchi tirando la volate al Cipollini del 2015 (Chicchi?), si attende cortese smentita dei commenti seguiti all’ultima Gent-Wevelgem, poi appannaggio di Oscar Freire. Il vorticoso giro a vuoto completato dal veneto della Liquigas su e giù dal Kemmelberg, con Philippe Gilbert e Matti Breschel dai -61 ai -37 Km all’arrivo, è parso agli osservatori un’evoluzione parecchio azzardata, un disegno troppo poco intelligente. Davanti fatica doppia di tre per raccogliere qualche applauso sulla collina-monumento delle Fiandre occidentali. Dietro minimo sforzo di centosessantasette fino all’inizio del tratto in linea conclusivo, proprio per ottenere il massimo risultato nel finale. Il sottofondo della critica si può zittire solo con una vittoria squillante, più o meno al livello della tappa al Tour de France conquistata l’anno passato. Altrimenti saranno solo chiacchiere e distinguo sulla “giovane promessa” che difficilmente potrà affermarsi “venerato maestro”. E non è per fare “i soliti stronzi”.
3. Alberto Contador tiene da matti a farsi rimpiangere dall’Aso che non lo invita, una pazzia tecnica bella e buona oltre che una cattiva scelta di gestione organizzativa (sconveniente, appunto). Se la ride solo chi mette in piedi le corse minori, trovandosi tra le mani un regalo inatteso. Ecco allora il più forte corridore da gare a tappe in circolazione – squalificati di mezzo mondo esclusi – sorprendere ad aprile presunti rivali che mai affronterà a luglio, quando l’Astana è in vacanza: prima al Castiglia e Léon, poi ai Paesi Baschi. Ma in un mondo di cospiratori a qualcuno piace il calcolo, la teoria dei complotti, cercare a chi giova ed escogitare l’inganno. Va allora per la maggiore una visione dei fatti per cui il vincitore uscente della Grande Boucle rientrerà comunque dalla finestra, qualora continui a trovare chiusa la porta principale. C’è nessuno disposto a ingaggiarlo nei prossimi mesi, in barba al contratto che scade tra un anno? Hai voglia, ci sono almeno quattro squadre ProTour che non solo hanno assaggiato il terreno, già si leccano i baffi, pregustano l’affare del decennio. Sempre che il rumor non sia prodotto dallo stesso Johan Bruyneel. Capacissimo.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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