Troppi numeri uno per Pianigiani

20 Luglio 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni arrostito al sole milanese di via Monte Penice, zona Rogoredo, cercando invano una entrata nel mondo SKY che ci ha affascinato e anche inquietato. Tutti gentili, disponibili anche davanti alla nostra maleducazione da scottatura solare. Ma, chissà perché, quella nazionale vista dallo studio sei, lontana, ci dava l’idea che davvero questo del basket non sembra più il nostro mondo quando si scherzava, ci si dicevano verità terribili, si stava in tensione, ma al momento della battaglia tutti sembravamo avere la stessa maglia. Ci è capitato, dopo essere nati nel cuore del basket dorato del Simmenthal, caro Sacchetti certe maglie si tengono per la vita anche se poi tutto è cambiato e non ci si riconosce più diffidando persino di false scarpette rosse, di provare emozioni, dolore, felicità, quando andavamo dietro alla grande, grandissima Ignis del Gualco, alla splendida e splendente Cantù che adesso sembra interessare una solida azienda brianzola anche se capiamo la rete difensiva della signora Cremascoli. Eravamo tesi come molle anche nel giorno della vittoria europea del Bianchini che a Roma ha dato splendore, dimensione da grande società, anche se col Vate, per via di trascorsi su panchine di basket minore, non siamo sempre stati in sintonia. Colpa della zona, difesa mefitica per qualsiasi settore giovanile che voglia costruire veri giocatori. A Lignano abbiamo visto la differenza fra vivai che danno opportunità ai ragazzi di fare esperienza vera e finte aperture ai giovani talenti che spesso sono incompleti e non trovano nessuno che abbia il coraggio di dirglielo in faccia.

Via Monte Penice, vi raccomando dove mette gli accenti la voce del tom tom, quando il desiderio vero era quello di stare nella baia sudafricana di Jeffrey dove il campione australiano di surf Mick Fanning si è salvato dall’attacco di due squali prendendoli a pugni e a calci. Averla quella energia, per fare così anche in mondi dove gli squali dominano la scena, basket compreso. Purtroppo non è più così. Comunque sia, presentazione di Azzurra per l’Europeo che dal 5 settembre ci terrà prigionieri. I fortunati che andranno prima a Berlino, sperando di seguire poi l’Italia anche a Lilla, si godranno questa fatica di Ercole Pianigiani che non nasconde i pericoli, ma, come il presidente Petrucci, che ha estratto dal cilindro la splendida e splendente sponsorizzazione Barilla, ricordandosi della sua amicizia, ai tempi della Roma del barone Liedholm, di Falcao, con Paolo, oggi vicepresidente dell’azienda che serve pasta a tutto il mondo, anche lui crede davvero di avere una buona squadra.

Lo scopriremo all’esordio del 5 settembre contro la temibile Turchia, nel girone di ferro dove, a parte l’Islanda, tutti fanno paura: la Spagna di Scariolo anche se incompleta senza Marc Gasol e il vecchio Navarro, i serbi vicecampioni del mondo del Sasha Djordjevic che l’anno prossimo allenerà ad Atene, la Germania che gioca in casa e avrà Nowitzki, hai detto niente. Bisogna arrivare fra le prime quattro. Si potrà fare? Si deve fare. Abbiamo tutto quello che serve? Ah saperlo. Lo scopriremo al momento in cui verranno scelti i 12 per l’Europeo fra i 16 convocati e sapete bene che le selezioni creano scompensi emotivi interni, guai se si formassero clan di preferenza per questo o quello.

Petrucci dice che abbiamo tutti numeri uno in squadra. Se fosse vero sarebbe un guaio. Servono i mediani, serve la fatica anche per la felicità del gruppo. I numeri uno, di solito, pensano prima alle loro statistiche poi a chi porta l’acqua nel torrido. Avremmo preferito una partenza meno ottimistica. Nella storia dello sport italiano hanno sempre vinto, non soltanto nel basket, le squadre che andavano nell’arena pronte a farsi scannare dai Commodo della situazione, salvo poi trovare Massimo Meridio. Successe con Gamba. È andata benissimo con Tanjevic anche se quello squadrone d’oro a Parigi bruciò tutto a Sydney per gelosia e golosità, interferenze, fuoco amico, è andata così col Recalcati bronzo europeo in Svezia, medaglia della solitudine, forse un inviato, e poi argento olimpico ad Atene, l’ultima vera luce del nostro basket poi caduto in depressione anche mediatica. Non manca il tempo per far diventare polveriera questa squadra, certo la fase delicata sarà quella delle scelte definitive, quando ci saranno in ballo i posti di Della Valle, Vitali e Poeta, quando ci sarà da scegliere il ruolo per Melli, Cusin o Pascolo, cercando di capire se tutti sono pronti come il Danilo Gallinari che si è allenato al sole di Graffignana.

Pugni agli squali e ai gufi come noi. Magari. Per il raduno hanno sorriso quasi tutti, anche quelli che considerano una debolezza mostrare un po’ di emozione e cameratismo. Soprattutto i migranti, dal Melli tedesco al Daniel Hackett greco, per finire all’Aradori che forse a Reggio Emilia ritroverà le gambe mamcate a Venezia. Le prossime settimane ci diranno verità che nello splendore del castello dei Toranaga di SKY non siamo riusciti a decifrare.

Dai Azzurra. Facci godere. Intanto proprio SKY, dimenticando il divorzio spocchioso di qualche anno fa, torna al basket con la sua forza, riproponendoci la coppia Tranquillo-Pessina per le gare dell’Italia, offrendo tre partite al giorno e uno studio berlinese dove a condurre sarà il Mamoli, autore di splendidi cammei per il Canaglia club, che ieri ha presentato con una partner di qualità, misura, stile, forse imparato in casa Juventus, questa Nazionale poi rosolata al sole nel mondo rosa dove lo sport si vende, con nostalgia dei giorni in cui lo si propagandava obbligando tutti e leggere oltre i risultati, come dovrebbe avvenire adesso nel pantano dei risultati dove nessuno crede a nessuno.

Siamo in viaggio. Noi fra gli squali, loro in Trentino, peccato che ancora una volta, per la prepotenza regolamentare della NBA, dovranno soffrire Longhi e gli organizzatori della Trentino Cup perché nel primo torneo a fine mese, sul campo dell’Aquila, non ci saranno quelli della NBA, però si potranno gustare il Pascolo delle meraviglie e il neoacquisto Poeta che ha firmato il contratto che sembrava già pronto per il Soragna poi stranamente lasciato libero di scegliere dove continuare la sua passione anche a 38 anni. Ci siamo. Conto alla rovescia. Parola d’ordine fare a Berlino come l’Italia del Lippi partito fra i pomodori del calcio truccato. Sperando che l’ottimismo dia forza alla ragione che spesso non capisce cosa vuole il cuore.

Share this article