Tristezza dell’insalata di riso

30 Giugno 2021 di Stefano Olivari

Esiste qualcosa di più triste dell’ìnsalata di riso? Non è una domanda profonda, bisogna ammetterlo, ma almeno è di stretta attualità e la risposta è che sì, ci sono cose più tristi, tipo uomini che in una sera d’estate si infliggono 120 minuti di Ucraina-Svezia mangiando l’insalata di riso. Al di là della ricetta per l’insalata di riso, l’orrore nell’accezione del colonnello Kurtz (non la versione di Joe Denti) è ben chiaro a chiunque abbia nel corso della sua vita subìto questo piatto insieme a frasi del tipo ‘È fresco’, ‘È pronto’, ‘Così non si butta via niente’.

L’insalata di riso da piatto che può piacere e non piacere, come tutti, è così diventata un emblema di sciatteria casalinga al pari delle ciabatte, di pranzo-cena giusto per nutrirsi, di estate senza opportunità né sogni, di frigo con odore di frigo e barattoli semivuoti lì da decenni, di cibo ingurgitato in silenzio davanti al televisore o in ufficio. La ricetta condivisa dell’insalata di riso ovviamente non esiste, a partire dal riso che può essere di differenti tipi, dall’arborio al basmati. Ci sono poi vari di qua o di là, che tutti conoscono. Sottaceti o no? (No!) Maionese o no? (Sì). Tonno o würstel? (Tonno). Riso al dente o stracotto? (Al dente). Unanimità sui pomodorini, che devono essere sempre duri come biglie. Del resto a molti piace essere sodomizzati e/o frustati, vale tutto.

La vera domanda è comunque questa: qual è oggi il pubblico dell’insalata di riso? Noi che l’abbiamo mangiata centinaia di volte alla fine pensiamo che questo pubblico non esista: tutti siamo sconfitti, ma a nessuno piace che te lo ricordi il piatto o, se vogliamo scendere ulteriormente, il contenitore di plastica bisunto che abbiamo in mano, con l’olio che resiste a mille lavaggi con lo Svelto. L’insalata di riso è una di quelle cose a cui non sappiamo dire di no, per mancanza di personalità e di alternative. Come diceva il poeta: odia lo specchio, odia te stesso. E comunque peggio di Ucraina-Svezia, giocatori scarsissimi che si menano e per i quali non tifiamo né pro né contro, c’è poco.

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