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Traslocando, la biografia senza compromessi di Loredana Berté

Paolo Morati 04/12/2015

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TraslocandoNon sempre le autobiografie suonano sincere. A volte smussano gli accadimenti, tirano un colpo al cerchio e uno alla botte per il quieto vivere, non mettono in piazza problemi e storia vissuta senza aver prima ammorbidito gli episodi che potrebbero apparire troppo ‘scorretti’. Non è certo il caso di quella di Loredana Berté, intitolata Traslocando (È andata così), pubblicata da Rizzoli e scritta (molto bene, lo diciamo subito) insieme a Malcom Pagani. Un volume di 216 pagine che si leggono di getto tanta è la drammatica passione che ne emerge, a cominciare dai racconti della propria famiglia, dei genitori nominati come “il padre e la madre” artefici di un’infanzia descritta dall’autrice come dura e violenta. Qualcosa che la Berté non ha mai certo nascosto e che nel libro narra senza troppi giri di parole, diretta, come siamo abituati a sentirla spesso nelle interviste.

Esperienze all’origine di un mal di vivere della ragazza nata a Bagnara Calabra, una sfiducia e rabbia nei confronti dell’universo mondo percepibile bene ascoltando le canzoni scritte da lei stessa e i dischi più recenti, che nella sua biografia trovano tante spiegazioni. Ma all’origine anche di una grande forza di volontà che l’ha portata a viaggiare e sperimentare, a lottare e tentare, a sbocciare non solo fisicamente ma anche artisticamente tra televisione, teatro e musica. Soprattutto musica, certo, con quella voce ruggente su un fisico che non ha mai smesso di evidenziare, fin dalla gavetta e le tante porte a cui ha bussato insieme alla sorella Mia Martini (allora ancora Domenica e poi Mimì) e un variopinto Renato Zero (con cui sembra oggi aver chiuso definitivamente il rapporto: “Ci ho litigato. Per me non esiste più”). E poi le tante amicizie forsennate e importanti, anche internazionali (sorprendenti alcuni aneddoti, tra Stati Uniti e Brasile), con una curiosità per tutto ciò che è nuovo.

In questi giorni di uscita in libreria di Traslocando (titolo di un notevole album del 1982, quello di Non sono una signora), a qualcuno più di altri staranno fischiando le orecchie. Il riferimento è a Bjorn Borg, per una relazione e quindi matrimonio che vengono raccontati con dovizia di particolari su dipendenze, famiglia e rottura definitiva (“Non so se sia stato amore vero, me lo chiedo ancora, ma so che al principio della nostra storia mi feci trascinare dall’idea che potesse essere per sempre”). Loredana Berté tira fuori tanto (tutto?) di quegli anni passati insieme, compresa l’ormai più volte raccontata in passato visita alla Casa Bianca. Niente di nuovo quindi? Tutt’altro, nel libro si scoprono tante sfaccettature di una vita estremamente on the road, di amicizie poco reclamizzate all’epoca (da Michael Jackson a Andy Warhol), di un talento eclettico e una ricca fantasia, e anche il giusto riconoscimento agli artefici (lo staff della 23 Music Entertainment) di una sorta di rinascita degli ultimi anni che l’ha vista protagonista di un tour di successo così come di notevoli riscontri come giudice (competente) di Amici, seguito da noi a tratti proprio per la sua presenza, calma e misurata seppure sferzante nei giudizi. In attesa del nuovo disco in uscita a gennaio: “Ho capito che dovevo smetterla di fare la stronza e buttarmi via. Ho capito cosa significasse rispettare un impegno, non arrivare in ritardo, presentarsi in condizioni accettabili di fronte al pubblico che ha pagato per vederti. Ho capito che non è finita anche quando i titoli di coda sono già passati e ho capito che ho perso tanto tempo, troppo tempo con persone che non avrebbero meritato un solo minuto di attenzione”.

Traslocando include dichiarazioni controcorrente (“Bergoglio, il papa argentino di cui sono tutti entusiasti, non mi dà nessuna emozione. Non avanza e non retrocede di un passo. Non ha carisma. Non ha personalità. Niente a che vedere con alcuni suoi predecessori”), rivelazioni (“Adriano era speciale. Mi divertiva. Era leggero, spensierato, allegro. Sembrava non conoscere pressioni. Rispetto ai suoi colleghi era un alieno”) e giudizi vari (“Fossati è sicuramente l’artista più introverso e al tempo stesso interiormente ricco, estroso e curioso che abbia mai incontrato. Mi insegnò a immaginare dal nulla una canzone”). E in un passo finale Loredana Berté tira così le somme: “Ho vissuto tante vite e sono stanca. Ma non sono mai scesa a compromessi, mi ha sempre guidata l’istinto. Oggi non rimpiango niente e al destino guardo in faccia a testa alta”.

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