Basket
Tom Tom a Desio
Oscar Eleni 03/02/2012
di Oscar Eleni
I trenini di Scariolo, i seimila della Bennet, la cinquantunesima di Blatt, l’età di Basile, Pianigiani da Istanbul, il budget di Sabatini e Superbasket da salvare.
Oscar Eleni in fuga dal Tatarstan dove Scariolo vende pesce Armani spiegando che aver tenuto sotto i 60 punti una squadra reduce dalla vittoria sul campo del Panathinaikos poteva servire per l’assoluzione. Ci tocchiamo l’anello al naso, irritato troppe volte dalle dichiarazioni di un allenatore che non dovrebbe avere paura di far vedere i suoi allenamenti, di parlare quando vuole, di far allenare a Milano e non in una piscina di Phoenix il “difficile soggetto Eze”, con la squadra che gli paga oltre un milione di euro, se poi pretende anche rispetto per i risultati che ha fatto in carriera. Vero che ha vinto e non sempre con squadre forti come la nazionale spagnola, ma allora ci faccia vedere qualcosa anche qui perché, se è vero che tutti in estate avevano considerato positiva la campagna acquisti, bisogna anche dire che poi dipende dal capostazione farli correre, i trenini, e mai scontrare.
Via da Kazan per correre verso il Pala Desio che è la casa delle farfalle mondiali della nostra ginnastica ritmica e ora è il palazzo della nuova dinastia Bennet nel nome della Pallacanestro Cantù. Peccato che per arrivare al Palazzo si debba sempre avere un Tom Tom valido a disposizione perché la municipalità si guarda bene dal segnalare il campo di una squadra che è entrata di nuovo nel grande basket europeo, nella dimensione che nessuno poteva immaginare solotanto tre stagioni fa. Capolavoro gestionale, tecnico. Seimila in tribuna, gente vera, gente appassionata e non aeroplanini da far vedere ai dittatori, sono un trionfo da ripetere nei play off italiani e, speriamo anche in quello europeo pur sapendo che forse servivano più punti per il faccia a faccia della settimana prossima sul legno duro di Tel Aviv.
Non siamo infatuati dalla prestazione con il Maccabi che farà più storia della vittoria di Milano, all’esordio, contro una squadra di Blatt che era molto differente, neppure parente di questa dove si nota la mano di un eccellente allenatore che si trova un po’ in difficoltà con certi doppioni e alla 51esima partita della stagione. Siamo nel coro sotto la torre dei Palagi nel parco Tittoni per ascoltare il Trinchieri euforico che dovrebbe imparare la lezione dal nuovo Pianigiani: quando il calendario e gli impegni impongono di caricare o scaricare la dinamo muscolare e mentale bisogna essere flessibili. Capita che non tutti possano trovare le stesse motivazioni in poche ore fra una partita e l’altra, come vi direbbero anche i campioni della NBA.
Innamorati pazzi di questo Gianluca Basile che rappresenta davvero l’ultimo dei mohicani del Boscia Tanjevic disperato davanti a tanti allenatori che fingono di insegnare. Baso per sempre e se nessuno lo disturba questo arriva oltre i 44 anni del Menego. Può farcela, deve. Quando interpreta le partite come quella contro il Maccabi sai che sta facendo un vero discorso del re, lui che, quando si emoziona, balbetta ancora, lui che faceva la parte del bandito buono in camera con Andrea Meneghin nella squadra d’oro di Parigi.
Al Simone Pianigiani maturato così bene nella necessità facciamo ancora i complimenti. Non ci porta più a mettere il dito nell’acqua calda come vorrebbe fare Scariolo quando giustifica il disastro di Kazan con le scarse percentuali di tiro (ma va?), evita di farci mettere il sederone sul ghiaccio per scoprire che, in effetti, fa freddo, e che, se Melli, ridotto ai minimi termini, è il miglior realizzatore, questo sì a sorpresa, allora vuol dire che qualcuno lavora bene sui giovani Olimpia, anche se Gentile a Radosevic avrebbero altro da dire. Siena la nostra bandiera fino alle finali di Istanbul dove l’Uleb rischia di non avere neppure una squadra turca. Attenti al flop, anche se non sarà mai così rumoroso come quello della Slovenia se dovesse rinunciare all’europeo 2013 conquistato quando la FIBA troppo esosa faceva i conti senza l’oste della vera crisi.
Fiori sparsi qua e là.
Sabatini euforico ci dice la sua verita sui conti: sfidiamo Milano incazzata, vero, rinforzata, vero con Hairston e Bremer, con una squadra che ha retto bene pugni e polemiche, verissimo, che costa 5 milioni contro i 20 del divino Proli. Aspettiamo cifre vere, smentite ufficili, ma fra loro sapranno cosa spendono. Così come ci aspettiamo che la Virtus rivelazione paghi questo peso sull’anima della sfida con Milano perché, come potrebbero spiegare da Pesaro, dove Scavolini ha fatto riscoprirre il centro nautico di Alceo, queste squadre non sono pronte a vivere sempre da grandi e a rispondere quando vengono chiamate alla sbarra. Certo gli ottomila di Casalecchio conteranno qualcosa, ma il Sabatini che aspetta un’Armani nerissima è nel giusto. Ora dipende dai suoi prodi aprire ufficialemnte la crisi di Milano oppure ridare fiato alle trombe del Tecoppa.
Chi ama il basket più delle esibizioni di un Bryant è in pena per quello che può succedere, che forse è già successo a Superbasket. Serve una cooperativa del cuore, delle idee, serve tenere in vita l’unico settimanale di uno sport che tutti trattano davvero troppo male perché è così facile essere deboli con i potenti e potenti con i deboli come fanno le televisioni degli spettacoli spazzatura, come pretendono i riccastri che allo sport danno se permette guadagni e scarichi, trascurando il resto, come fanno quelli che fingono di adottare bambini a distanza, come quelli che si mettono l’aureola dopo aver misurato la lubrificazione del condom sulla loro testina reale. Siamo nel paese dove chi comanda si veste da Maria Antonietta, anche se si chiama in altro modo, per zittire i disperati senza lavoro e futuro, gettando brioche a chi non vede davvero monotonia nei vitalizi di una politica dove rubano a loro insaputa e mantengono in vita partiti che non esistono più. Non per niente siamo il paese che fa arrivare il pane, il pane cazzo, dalla Romania.
Oscar Eleni, 3 febbraio 2012



