Tokyo 2020, sapessi com’è Stano

5 Agosto 2021 di Stefano Olivari

L’Italia una potenza dell’atletica, a sua insaputa. L’oro olimpico nella 20 chilometri di Massimo Stano era ancora meno prevedibile di quelli di Jacobs e e Tamberi, che comunque si presentavano almeno da outsider, mentre il marciatore pugliese non faceva niente di buono dal podio sfiorato agli Europei del 2018. Certo situazioni climatiche estreme come quelle di Sapporo favoriscono la pesca del jolly, ma questo non toglie che con l’impresa di Stano l’Italia dell’atletica sia arrivata a tre ori, come solo nelle edizioni dimezzate di Mosca 1980 e Los Angeles era accaduto, anche se di quelle sei vittorie forse solo quella di Andrei sarebbe da asteriscare. Dopo decenni a fare le pulci, anche giustamente, agli ori nel palo della cuccagna e nel tiro alla fune dicendo “Sì, ma nell’atletica…” ecco tre ori che non sono stati improvvisati ma in cui pochissimi credevano, forse soltanto i diretti interessati.

Anche la 4×100 azzurra ci ha entusiasmato e può davvero scrivere la storia, a 73 anni dal bronzo di Londra. Patta-Jacobs-Desalu-Tortu con 37″95 hanno stabilito un clamoroso record italiano (quello vecchio era il 38″11 dei Mondiali 2019, di Cattaneo-Jacobs-Manenti-Tortu) ma soprattutto guadagnato la qualificazione ad una finale fallita dai favoriti Stati Uniti, eliminati da tre cambi mediocri e da un’oscena ultima frazione, Francia, Brasile, Trinidad… Una Giamaica minore e la Gran Bretagna forse con qualcosina in più degli azzurri, Cina e Canada sullo stesso livello, Germania e Giappone poco dietro. Dalla medaglia d’oro al sesto posto vale tutto, per un quartetto che ha margini perché il cambio fra Jacobs e Desalu è stato un mezzo disastro. Non male Tortu, anche se rispetto allo scatenato De Grasse è sembrato fermo. Domani alle 15.50 non ci può essere niente di meglio da fare che guardarli.

Niente finale ma record italiano per il quartetto delle ragazze: Irene Siragusa, Gloria Hooper, Anna Bongiorni e Vittoria Fontana con 42″84 hanno battuto il 42″90 del Mondiali 2019: il sesto posto nella loro semifinale già non dava speranze, il nono tempo totale è quasi una beffa. Brave, mentre bravissimo è stato Zane Weir quinto nel peso stradominato da Ryan Crouser, che tranquillamente in un film potrebbe interpretare una ultras trumpiano (vale però per quasi ogni lanciatore), con il suo 23,30 a 7 centimetri dal suo fresco record mondiale, arrivando fino a 21,41. Weir bravissimo ma totalmente sudafricano come atleta, è giusto dirlo in mezzo a tanta retorica sui nuovi italiani: c’è chi è italiano e chi non lo è, bisogna giudicare la storia sportiva e non il passaporto del nonno. Che poi in Qatar, Bahrein e Turchia facciano porcate mille volte peggiori è un altro discorso: portare questi paesi ad esempio, nello sport e non soltanto, è da malati di mente. O, più spesso, dai sudditi prezzolati. Quanto al resto, i triplisti avevano già vinto partecipando alla finale mentre Trost e Vallortigara hanno mancato quella nell’alto. Super le semifinali dei 1500, nostra gara del cuore: le abbiamo viste due volte. Partita apertissima: Cheruiyot, Kipsang, Jacob Ingebritsen e tanto altro.

Quante partite abbiamo visto di Team USA che dorme nei primi due quarti per dilagare nel terzo? Non pensavamo che l’Australia, oltretutto senza Baynes, avesse qualche chance contro una squadra che ha l’oro già attaccato al collo e a cui basta girare due viti in difesa per poi cavalcare chi è più caldo fra Durant, Booker, Lillard, Middleton… L’idea di Popovich, costringere Mills ad incartarsi e a scaricare quasi sempre, era ovvia ma l’Australia finché ne ha avuto ha difeso bene. Ed in attacco nel suo momento migliore non ha avuto molto da Mills ed Ingles, agli USA è bastato rimanere attaccati ad un Durant motivatissimo su entrambi i lati del campo, oltre che uno dei pochi fenomeni NBA che per pulizia tecnica sia indiscutibile. Finché c’è stata una partita solito atteggiamento da piccoli fan degli arbitri, arrivati da interrompere un attacco australiano in superiorità numerica perché Booker aveva perso una scarpa a dieci metri dall’azione. Ma questi USA di piccola taglia sono in ogni caso ingiocabili, anche più di una squadra di all star con tutti i ruoli coperti in maniera istituzionale.

Dispiacere vero per come la Slovenia ha perso la semifinale con la Francia, con il pallone del sorpasso nel finale in mano a Luka Doncic, che invece di prendersi l’ultimo tiro come tutto l’universo aspettava ha servito Prepelic, che peraltro veniva da minuti eccezionali, con il fuoco dentro, la cui entrata è stata stoppata da uno dei tanti interventi decisivi di Batum, decisivo contro l’Italia e anche contro i campioni d’Europa. Che hanno avuto pochissimo da Zoran Dragic e moltissimo da Tobey, intelligente nello sfruttare gli assist di Doncic e monumentale nella lotta contro Gobert. La strategia di Collet su Doncic è stata soltanto quella di contenerlo, senza grandi adattamenti, alternando marcatori freschi (Batum il più fastidioso) e sfidandolo ad un tiro da fuori che oggi non c’era. Gradualmente Doncic si è levato dalla partita come finalizzatore, rinunciando nei minuti finali a tiri a cui non rinunciava nemmeno da quindicenne. Intelligenza? Paura? Stress? Se Prepelic avesse messo il 91-90 saremmo qui ancora una volta a parlare di straordinario uomo squadra, anche a rimbalzo e in tante situazioni sporche. Finale per il bronzo più amara che mai, ma esiste una finale per il bronzo non amara? A noi i saltelli di Italia ’90 a Bari fanno venire da piangere. La Francia è stata portata avanti da Fournier e dal miglior De Colo fin qui visto, con pieno merito ritroverà gli Stati Uniti in finale. Ma sarà un’altra storia rispetto alla partita d’esordio ed è prevedibile che la partita finisca già nel primo quarto.

Medaglie italiane di oggi. Oro di Massimo Stano (Fiamme Oro) nella 20 chilometri di marcia. Argento di Manfredi Rizza (Aeronautica) nella canoa, K1 200. Bronzo di Gregorio Paltrinieri (Fiamme Oro) nel nuoto, 10 km, Elia Viviani (Cofidis) nell’Omnium di ciclismo su pista e Viviana Bottaro (Fiamme Oro) nel kata.

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