Tokyo 2020, la giornata no di Djokovic

30 Luglio 2021 di Stefano Olivari

Le giornata più amara nella carriera di Novak Djokovic, anche oltre la finale del Roland Garros persa con Wawrinka che quel giorno era il dio del tennissi è materializzata oggi a Tokyo, prima crollando nel terzo set della semifinale del singolare contro uno Zverev per una volta senza braccino (avrà letto gli editoriali sullo stress degli atleti?) in una partita top e poi perdendo anche la semifinale del misto, in coppia con Nina Stojanovic, contro Karatsev e la Vesnina. Se il doppio Djokovic lo ha giocato sotto shock, nel singolare mai lo avevamo visto crollare da una situazione così favorevole: sopra di un set, 3-2 e servizio. E poi? Zverev, che già stava giocando bene (infatti quello dell’inizio era stato un ottimo Djokovic), ha iniziato a sbagliare davvero zero e soprattutto a rispondere sempre nei game di servizio del serbo. Che, bisogna ricordarlo anche se è un fenomeno e tranquillissimo numero uno del mondo oltre che magari realizzatore del Grande Slam 52 anni dopo Laver, ha 34 anni ed in situazioni estreme adesso può diventare una preda, almeno per quelli bravi. Comunque una mazzata tremenda per quanto ci tenesse, ben al di là del Golden Slam.

Per chiudere il discorso tennis: Mektic e Pavic hanno vinto l’oro nel doppio nella finale (questa non l’abbiamo vista, anche se stiamo dormendo 3 ore a notte andando a letto alle 23 come alle medie) tutta croata contro Cilic e Dodig. Sulla carta non una sorpresa, in fondo meno di un mese fa hanno vinto anche a Wimbledon. Però un rimpianto per l’Italia, perché l’improvvisata coppia composta da Musetti e Sonego, fra l’altro con nessuno dei due in grande vena, nei sedicesimi li aveva portati al super tie-break del terzo set. Fra la rinuncia di Sinner, che poi ha fatto male anche ad Atlanta, e quella più motivata di Berrettini, per non dire delle occasioni avute dalla Giorgi e da Fognini, i cinque tornei olimpici con avrebbero potuto darci tanto.

Bellissima la finale dei 10000, prima gara pesante dell’atletica, con Barega che ha corso come hanno sempre corso i grandi etiopi, cioè resistendo ad ogni cambio di ritmo ed impostando la volata lunga dopo avere cambiato passo agli 800: stavolta i giustiziati non sono stati i keniani, che peraltro i 10000 olimpici non li vincono dal 1968 (!), ma gli ugandesi: il primatista mondiale Cheptegei e il delfino Kiplimo. Poi Barega non è Yifter, Gebrselassie o Bekele, almeno per il momento. Fino a due giri dalla fine Crippa era nel gruppo, ma non è un titolo di merito perché l’andatura era da campionato italiano. Comunque secondo degli europei e questo non va dimenticato.

Alle 2.30 di notte è stato emozionante ascoltare Francesco Panetta, nostro idolo nell’età giusta (l’idolo deve poter essere in teoria un tuo fratello maggiore), commentare le batterie dei 3000 siepi dove gli azzurri hanno fatto molto bene, trovando la finale con il personale di Ala Zoghlami e la volatone di Ahmed Abdelwahed (che sono atleti italianissimi e di formazione italianissima, cosa che ad esempio non era l’inglese Fiona May e non è, diciamolo, nemmeno lo statunitense Nico Mannion, pur entrambi affezionati all’Italia) e mancandola di poco con Osama Zoghlami, gemello di Ala. Bravi Tamberi e la Bongiorni, che ha ben sfruttato la batteria modesta, ma l’impresa da pelle d’oca l’ha fatta Nadia Battocletti, che ha conquistato la finale dei 5000 con un grandissimo finale e stabilendo con 14’55”85 il suo personale: seconda italiana di tutti i tempi dietro a Roberta Brunet.

Da abbonati alle parole di Julio Velasco troviamo senza senso il suo attacco ad Elisa Di Francisca per avere criticato Cipressa e la Errigo. Non è ovviamente un discorso di merito, dei problemi della scherma italiana sappiamo zero noi così come Velasco, ma sui tempi. E quando mai sarebbero i tempi giusti? Fra una settimana, presi da Kessié e Barella, nessuno fra i grandi media nemmeno si ricorderà dell’esistenza della scherma.

L’Italia ha mai avuto staffette miste forti come Panziera-Castiglioni-Di Liddo-Pellegrini e Ceccon-Martinenghi-Burdisso-Miressi? Sarebbero due medaglie di pesantezza enorme, come quella della 4×100 stile libero. Per noi ingestibili questi giorni di incroci con l’atletica, roba da stare male.

Medaglia di oggi: il bronzo di Lucilla Boari (Fiamme Oro) nel tiro con l’arco. Poi il coming out ad uso dell’inviata donna o del tristissimo inviato uomo autonominatosi difensore delle donne: tutti convinti di vivere in un paese islamico, ma per fortuna non è così.

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