Tifando per Emma Watson

2 Ottobre 2013 di Stefano Olivari

The Bling Ring è uno di quei film che sembrerebbero fatti apposta per generare un dibattito sugli agonizzanti settimanali che una volta si definivano ‘maschili’, come fu a suo tempo per mattonate come Proposta Indecente o Attrazione fatale, ma il cognome (anche Hollywood è in fondo un paesone) e la bravura (Somewhere su tutto) di Sofia Coppola gli hanno dato quella credibilità autoriale necessaria per partecipare a festival (è stato a Cannes, sia pure non in concorso) ed essere presi sul serio da critici che vorrebbero vedere Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio anche in Alien contro Predator. Saltiamo a piedi pari il dibattito, già ampiamente letto e riguardante una trama nota e tratta da episodi di cronaca reale: un gruppo di liceali-bene di Los Angeles, quattro ragazze e un ragazzo (gay, viene suggerito anche se non esplicitato) che depredano le case dei vip dello spettacolo, da Paris Hilton a Lindsay Lohan, eludendo con facilità una sorveglianza quasi inesistente e scegliendo per i colpi le serate in cui le star sono, secondo Google News, impegnate lontano da Los Angeles. Tutti, per tutto il film, a smanettare sul Blackberry (premio J&B per il product placement), a bere e a vantarsi di far parte di un mondo comunque più affascinante di quello dell’agricoltura o del giornalismo sportivo. Ma più del film, con moralina incorporata su presunti ‘valori’ di cui questa generazione mancherebbe, ci ha colpito il pubblico. Mai visti tanti quindicenni nello stesso cinema, nemmeno per pellicole dichiaratamente adolescenziali (e The Bling Ring non lo è, anzi, il punto di vista è quello adulto e un po’ ‘Signora mia, che tempi’). Alcuni, alcune, molto simili alle protagoniste, con una necessità compulsiva di comunicare la loro presenza al cinema attraverso WhatsApp, tutti (a origliare i commenti) colpiti soprattutto dalla scarpiera di Paris Hilton (davvero incredibile, la casa è proprio la sua) o dalle vetrate del soggiorno di Audrina (protagonista di The Hills, trashissima fiction da noi vista su Mtv, incentrata su ragazzi californiani che non fanno niente). Non per stupidità, ma perché in effetti la spettacolarizzazione di quello che rimane un crimine fa rimanere nella testa soprattutto lo spettacolo. Insomma, per il 90% dei giovani Vallanzasca è Kim Rossi Stuart, non uno che deve scontare (si fa per dire: qualche mese fa alle quattro di pomeriggio l’abbiamo visto con i nostri occhi in un negozio) quattro ergastoli e varie centinaia di anni di reclusione per omicidi e varie altre cose. E quindi? Anche noi, come quei quindicenni, abbiamo tifato perché le ragazze (soprattutto Emma Watson, la Nicki del film) non venissero arrestate.

Share this article